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Mario Riboldi, prete malato di “carovanite”. Il ricordo di

Mario Riboldi, prete malato di “carovanite”. Il ricordo di "Vita Pastorale"

30 anni vissuti in una piccola roulotte nel campo nomadi di Brugherio, alle porte di Milano. Così ha vissuto, in compagnia di alcune famiglie sinte tedesche e italiane, don Mario Riboldi, detto “Mario degli zingari”, il sacerdote scomparso il 9 giugno 2021 che alla pastorale con i rom e i sinti ha dedicato tutta la sua vita. Il giornalista Stefano Pasta di Vita Pastorale è tornato “sul campo” per raccogliere alcune testimonianze dirette di chi quel prete l’ha conosciuto da vicino. Accanto alla sua roulotte p. Riboldi aveva attrezzato un piccolo container a chiesetta, con un tabernacolo idealmente rappresentato da una tenda di stoffa a rappresentare la tradizione nomade.

Stimato e apprezzato da papa Montini, che nel 957 lo definiva «santo prete», don Mario ottenne nel 1969 l’autorizzazione a lasciare la parrocchia dal card. Colombo, primo prete a vivere il suo apostolato in condivisione totale con i suoi “zingari”. Scrive Pasta: don Riboldi «interpreta così una stagione della Chiesa postconciliare, per alcuni aspetti parallela a quella dei preti-operai: impara le loro usanze e lingue. Ha inventato canzoni religiose, ha tradotto i Salmi e il vangelo di Marco in cinque differenti lingue».

Così ricorda di lui don Marco Frediani, attuale incaricato della pastorale dei rom e sinti per la diocesi di Milano, per molti anni accanto a don Riboldi: «L’evangelizzazione vissuta incarnandosi all’interno della cultura, che ha necessitato anche di lunghi silenzi per imparare la lingua, facendosi piccolo e riconoscendo negli altri dei maestri». «Siamo lì per morire insieme con loro, anche se questo non dà gratificazioni».

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