
Etiopia: il conflitto, la crisi umanitaria e il ruolo delle religioni
Dal 30 dicembre al primo gennaio una delegazione della Conferenza Interreligiosa dell'Etiopia (Irce) ha visitato i territori martoriati dal conflitto, nelle Regioni di Amhara e Afar, per portare solidarietà alle vittime dalla guerra. Tra i leader religiosi, racconta l’agenzia Cisa il 18 gennaio, erano presenti anche il card. Souraphiel Berhaneyesus (arcivescovo metropolita di Addis Abeba e presidente della Conferenza episcopale cattolica etiope-Cbec) e il rev Abba Daniel Hasso in rappresentanza della comunità cattolica d’Etiopia.
Della visita ad Amhara e ad Afar dà notizia un rapporto del Segretariato Cattolico Etiope il 13 gennaio, nel quale si specifica che «Oltre a visitare le aree colpite dalla guerra e fornire generi alimentari, i leader hanno anche tenuto incontri con ordinari della Chiesa locale e capi di zona Uffici per la prevenzione delle emergenze e dei disastri». Nel rapporto si parla di ospedali, università e istituti religiosi «saccheggiati e distrutti».
In molte zone colpite dal conflitto cristiani e musulmani hanno collaborato fianco a fianco per il bene della popolazione, senza distinzione di appartenenza. La situazione è disperata, denuncia infine la Cisa e il braccio di ferro iniziato un anno fa tra le forze tigrine e il governo centrale si è allargato a macchia d’olio, coinvolgendo anche altri territori e gettando il Corno d’Africa nell’incertezza: «L'Onu stima che più di 7 milioni di persone abbiano bisogno di assistenza umanitaria, più di 5 milioni di persone abbiano bisogno di cibo e circa 400mila persone vivano in condizioni di carestia a causa dell'impossibilità di spostare denaro, carburante e rifornimenti nella regione di conseguenza di un blocco da parte del governo federale».
* Una vista di Addis Abeba. Foto di Sam Effron, tratta da Flickr, immagine originale e licenza
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