
La guerra come abitudine
Mosaico dei giorni - 3 giugno 2022
Ci siamo arrivati. Ormai con la guerra ci conviviamo. Assuefatti inconsapevoli guardiamo le immagini del tiggì di turno e ascoltiamo di tattiche e di sfondamenti del nemico e di atti eroici di quelli della nostra parte. Le apparizioni di Zelensky-che-chiede-armi in ogni convention politica, sportiva o dello spettacolo è parte del rito. Insomma conviviamo con la guerra come col bollettino metereologico, tant'è che i giornalisti devono andare a pescare testimonianze e interviste sempre più impossibili, sempre più vicine al fronte di guerra, in un rifugio sempre più interrato del precedente. E non si parla di pace. Il dramma vero è questo. È riuscita l'operazione mediatica, politica, sociopsicologica e soprattutto commerciale, di far diventare la guerra più normale della pace. E se qualcuno stia realmente lavorando per mettere in piedi tavoli credibili di dialogo o cerca di far prevalere la diplomazia, non lo sappiamo e nemmeno lo chiediamo più. All'inizio, la guerra che torna ad affacciarsi in Europa era detto con scandalo, ora è ripetuto come una rassegnata litania cui si risponde automaticamente con la stessa espressione di prima ma senza capire veramente la portata della cosa. Le guerre lontane non sappiamo nemmeno che esistono. Per questo, ridare lo spazio alla pace oggi è diventata una sfida più difficile. L'altra parte, quella degli strateghi e delle armi, dell'informazione embedded e dei giochi di guerra, è molto più forte. Però non siede dalla parte giusta della storia.
*Foto tratta da pickpik.com, immagine originale e licenza
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