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Caso Zenti: il senso di Adista per la verità

Caso Zenti: il senso di Adista per la verità

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 16/07/2022

Della vicenda di Verona – rivelatrice di certe dinamiche autoritarie nella Chiesa istituzione – che ha visto su fronti contrapposti il vescovo uscente mons. Giuseppe Zenti e il prete e teologo Marco Campedelli, il primo con le sue indicazioni elettorali al clero diocesano, il secondo per la sua posizione critica rispetto all’atteggiamento di tutela del popolo cattolico che tale interferenza episcopale ha mostrato, Adista ha dato informazione puntuale. Ha pubblicato la lettera di Campedelli e poi annunciato il provvedimento preso contro di lui dal vescovo per punirlo, la decisione di non rinnovargli l’incarico di insegnante di religione. Notizia della quale era certa, ovviamente. In una ridda di dichiarazioni contraddittorie da parte della diocesi veronese, il direttore del Servizio diocesano per l’Irc di Verona, don Domenico Consolini, in un primo momento ha negato risolutamente che tale provvedimento esistesse, per poi darlo improvvisamente per ovvio e persino giustificato 24 ore dopo, quando cioè Zenti ha chiarito che la misura del “licenziamento” era stata presa eccome, dal momento che Campedelli «non era in comunione con il vescovo».

Tralasciamo in questa sede il merito della questione, ovvero la sovrapposizione e la confusione di piani diversi, per cui la lettera aperta di Campedelli – centrata su temi culturali e politici che sono battaglia di tutti, e ricca di domande impellenti per ogni cittadino cattolico che si interessi al bene comune e voglia una Chiesa evangelica, lontana dalle logiche di potere, aperta all’inclusione – è stata punita in nome dell’“obbedienza filiale” dovuta al vescovo dal prete diocesano.

Qui ci interessa sottolineare la sfrontatezza, ma soprattutto la cattiva fede con cui il suddetto don Consolini, nel primo comunicato ufficiale (1/7) che contestava l’informazione del mancato rinnovo dell’incarico a Campedelli data da Adista (della cui veridicità era invece ben consapevole!), arrivava a mettere in dubbio pubblicamente la nostra serietà professionale, la nostra deontologia, la nostra credibilità giornalistica. Recitava infatti il comunicato, intitolato enfaticamente “Non possiamo tacere” (citazione, si presume, degli Atti degli Apostoli che suona ancora più grottesca nel contesto: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato»): «Se l’autore dell’articolo in questione ha qualche documento che attesta tale licenziamento, a questo punto lo esibisca o altrimenti l’amore per la verità e l’onore della professione richiederebbero una sua ritrattazione». E ancora: «Risultano false le parole siluramento e licenziamento apparse nell’articolo di Adista.it».

A essersi dimostrate false, invece, sono proprio queste affermazioni: l’intervento del vescovo che confermava il licenziamento dimostrava senza bisogno di ulteriori prove che ciò che avevamo affermato rispondeva a verità.

Questo episodio è grave, perché quell’«amore per la verità» (richiesto a noi da una persona che in quel momento lo stava tradendo) e quell’«onore della professione» sono da sempre cifra della nostra rivista, che mai, nel suo passato, si è trovata a dover ritrattare alcunché: nei suoi 55 anni di attività, non ha mai pubblicato nulla di cui non avesse prove.

Don Consolini non ha corretto, non ha rettificato, non ha chiesto scusa. Non ha riconosciuto di non essere nelle condizioni di chiedere verità ad altri. Non ha dato le dimissioni, non ha in qualche modo cercato di tirarsi fuori da quella gigantesca “fake news” da lui stesso creata. Non ha ammesso alcuna responsabilità. Si presume che continuerà a dirigere il servizio diocesano per l’Irc, almeno per il momento.

Resta il fatto che l’ombra gettata in quell’articolo sullo standard professionale e la serietà di Adista, che va di pari passo con quella gettata sulla buona fede e l’onestà di Marco Campedelli, è ancora lì, espressa nero su bianco. E siccome alla verità dei fatti Adista tiene, chiediamo a don Consolini che ci chieda scusa – pubblicamente, è ovvio – per la sua ingiustificata e pesante illazione, ai limiti della diffamazione. Proprio per quell’“amore di verità” di cui lui stesso parla.

Ludovica Eugenio è responsabile a norma di legge delle pubblicazioni di Adista e presidente del Consiglio d’Amministrazione della Cooperativa Adista

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