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Il papa e al-Tayyeb: storica apertura al dialogo con l’islam sciita

Il papa e al-Tayyeb: storica apertura al dialogo con l’islam sciita

Tratto da: Adista Notizie n° 40 del 26/11/2022

41287 ROMA-ADISTA. Per capire cosa è accaduto la prima cosa da fare è andare a vedere quel che non è successo: ovvero il viaggio di papa Francesco in Libano che non c’è stato. Annunciata, da Beirut, come certa per il luglio trascorso, quella visita è scomparsa dai programmi papali. È comparso invece il viaggio in Bahrein. Libano e Bahrein sono terre cosmopolite, di antico insediamento di gruppi diversi: certamente ebrei, cristiani e musulmani vi hanno avuto diffusa e antica presenza con chiese, sinagoghe e moschee. Ma il Libano negli ultimi anni ha cessato di essere un “messaggio” come diceva Giovanni Paolo II, e questo per consapevole scelta di molti, inclusa quella parte di comunità cristiana che ha rifiutato “il messaggio”, che non è la coesistenza religiosa ma il vivere insieme, da uguali. Con altri segmenti comunitari invece, anche parte dei cristiani libanesi ha scelto di calarsi nel conflitto mediorientale, con uno e contro l’altro. E il Libano è tornato all’età della pietra, nel disastro economico che sta riducendo il Paese a una povertà che solo la devastata Siria può equiparare. Lo testimoniano, fra l’altro, la scomparsa della valuta nazionale, ridotta a carta straccia e il ritorno del colera.

Il Bahrein centro del dialogo

Il messaggio dunque non poteva essere lanciato da Beirut sotto la presidenza dell’identitarista e filo iraniano presidente Aoun, ma dal Bahrein, l’altra antica terra di “cultura urbana”. Ma lì serviva un lasciapassare: il Bahrein oggi è un Paese dove non si muove foglia se non vuole Riad, l’Arabia Saudita. È il prodotto della guerra caldo-fredda mediorientale, dei blocchi. Il permesso con tutta evidenza non lo ha chiesto Francesco, lo ha chiesto l’imam della prestigiosa università islamica egiziana di al-Azhar e Presidente del Consiglio degli Anziani dell’islam, Ahmed al-Tayyeb; un tentativo a trazione sunnita di dare una rappresentanza non nazionale ma universale all’islam. Infatti, dell’organismo fa parte anche un dotto dello sciismo. Il nulla osta evidentemente c’è stato e questo è importante in sé, sebbene non comporti un’adesione, forse solo un non sabotaggio. Non sabotaggio di cosa?

Da sudditi a cittadini

L’anno di svolta nelle relazioni tra al-Azhar e Vaticano, che nel 2011 erano state interrotte, è il 2017, l’anno in cui al-Tayyeb annuncia il rifiuto della teologia della protezione islamica sulle minoranze religiose in favore della scelta della pari cittadinanza. Un annuncio che ha avuto luogo al Cairo, davanti a dignitari cristiani di tutta la regione e che è stato immediatamente seguito dalla visita fraterna di Francesco nell’aprile dello stesso anno. Il 2017 dunque, l’anno della svolta. Una svolta che al-Tayyeb ha completato pronunciando in quell’anno un discorso altrettanto famoso, quello in cui invocava la fine del conflitto comunitario tra sunniti e sciiti. È evidente che dove esistono entrambi gli appartenenti a queste due confessioni islamiche una sarà maggioranza e l’altra minoranza, comunque discriminata o perseguitata, ma mai parte di una piena cittadinanza.

Il pluralismo che unisce

Il grande 2017 di Ahmad Tayyeb e Francesco è proseguito con il loro epocale 2019, la firma del “Documento congiunto sulla Fratellanza umana” dove si riconosce il pluralismo nel disegno divino: «La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano». Se qui c’è l’abbandono di un millennio di teologia suprematista islamica, anche l’intransigentismo cattolico va ancora più in soffitta rispetto alla lettera dei documenti conciliari, cogliendone in pieno però il senso e lo spirito.

Basta scomuniche nell’islam

Ora lo spirito, o per meglio dire il metodo conciliare, arriva a Manama, capitale del Bahrein, in senso politico e non culturale una succursale di Riad. È qui, nel territorio arabo e quindi sunnita sempre più arroccato davanti all’espansionismo teocratico iraniano e quindi sciita che, davanti a Francesco, al-Tayyeb ha lanciato il suo appello a uscire dall’epoca delle scomuniche, delle persecuzioni, i tempi in cui la fede è una fedele e succube ancella della politica e delle sue guerre spacciate per confessionali. Il fatto che lo abbia pronunciato accanto a Francesco, anche se riferendosi agli islam in conflitto, ha un rilievo enorme non solo per il peso che ha il lavare i panni sporchi in pubblico, ma anche per la dimostrazione di scelta irreversibile in favore della coesistenza umana con l’altro, il senso profondo del dialogo inteso come una ricerca non per convincere l’altro ma per crescere insieme. Ha affermato infatti al-Tayyeb durante il suo discorso al Forum delle religioni per la pace : «Elogio il titolo di questo importante forum di dialogo tra Oriente e Occidente e il suo significato per la coesistenza umana. Tuttavia, riconosco le difficili condizioni in cui versa il nostro mondo moderno e le minacce all'esistenza umana e alla stabilità delle nazioni. A causa del mio riconoscimento e apprezzamento, come essere umano, per la gravità di queste crisi complesse, chiedo innanzitutto agli studiosi e ai pensatori religiosi di impegnarsi maggiormente nell'educazione dei giovani su questi fatti indiscutibili di comunanza religiosa».

La diversità che arricchisce

«Dovrebbero essere adattati – ha proseguito il rettore Al Azhar – nei moderni programmi accademici per insegnare e convincere i giovani che, agli occhi della filosofia religiosa, c'è spazio nella vita per coloro che hanno fedi, razze, colori e lingue diverse, e che la diversità culturale arricchisce la civiltà e stabilisce la pace che manca. Invito inoltre i miei fratelli, gli studiosi musulmani di tutto il mondo, di ogni dottrina, setta e scuola di pensiero, a tenere un dialogo islamico, un dialogo sull'unità, la coesione e il ravvicinamento, un dialogo per la fraternità islamica, privo di divisioni, discordie e, soprattutto, di lotte settarie. Occorre concentrarsi sui punti in comune e sui punti di incontro, con una comprensione delle differenze». «Scacciamo insieme ogni discorso di odio, provocazione e scomunica – ha detto ancora al-Tayyeb – e mettiamo da parte il conflitto antico e moderno in tutte le sue forme e con tutte le sue propaggini negative. Rivolgo, con cuore amorevole per tutti, questo speciale appello ai nostri fratelli musulmani sciiti. Ribadisco che gli alti studiosi di al Azhar e del Consiglio musulmano degli anziani e io siamo pronti a ospitare un incontro simile con cuore aperto e mani tese, in modo da poterci sedere insieme in un'unica tavola rotonda per mettere da parte le nostre differenze e rafforzare la nostra unità islamica su posizioni notoriamente pragmatiche e al servizio degli obiettivi dell'Islam e della sua legge, che vieta ai musulmani di cedere agli appelli alla divisione e alla frammentazione». «Dobbiamo guardarci – ha affermato il rettore di Al Azhar – dal cadere nella trappola di compromettere la stabilità delle patrie e di sfruttare la religione per alimentare il fuoco dei sentimenti nazionalistici e ideologici. […]. In questa importante occasione per ospitare il dialogo tra Oriente e Occidente per il bene della convivenza umana, mi associo a tutti coloro che cercano la pace e il bene. Chiedo anche la fine della guerra russo-ucraina, per risparmiare le vite degli innocenti che non sono coinvolti in questa violenta tragedia. Chiedo di issare la bandiera della pace, non della vittoria, e di sedersi al tavolo del dialogo e del negoziato. […]».

Metodo conciliare

Che nel suo discorso Francesco abbia da parte sua citato espressamente il capostipite dello sciismo, l’imam Ali, come portatore di una visione di fratellanza umana, dimostra la stretta relazione con le intenzioni di al-Tayyeb. Ovviamente, almeno a parole, da Teheran è giunto qualche applauso, tanto timido quanto formale. Dopo secoli lontani ma veri di discriminazioni degli sciiti nell’islam ottomano, le parole di al-Tayyeb non potevano essere lasciate cadere sotto totale silenzio. Condividerle è altra cosa, come da parte delle autorità arabo-sunnite. Ma si comincia a vedere una luce assai più importante: la separazione tra politica e fede, tra potere temporale e spirituale negli islam. È questa la svolta che senza Francesco, esportatore del metodo conciliare, è difficile illudersi che ci sarebbe stata ugualmente. Senza disgelo tra Oriente e Occidente, anche l’auspicio di disgelo nell’Oriente sarebbe rimasto un desiderio inesprimibile.

È stato Francesco a dire, giorni prima del viaggio in Bahrein, che attuare il Concilio Vaticano II richiederà un secolo. Dove appena adesso arriva è altrettanto vero. La svolta non è per domani, ma se Francesco dice che l’importante è avviare processi questa è la migliore riprova di quanto abbia ragione. Solo il tempo però potrà dimostrarlo.

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