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Uganda-Tanzania: per il Movimento Laudato Si' il mondo non ha bisogno di un nuovo oleodotto

Uganda-Tanzania: per il Movimento Laudato Si' il mondo non ha bisogno di un nuovo oleodotto

Una imponente infrastruttura di 1.443 km (80% dei quali percorsi in Tanzania) trasporterà il petrolio estratto dai giacimenti lungo il Lago Alberto in Uganda fino al porto di Tanga in Tanzania, da dove partira, stoccato in autocisterne, a seconda delle richieste da parte degli acquirenti esteri. L’oleodotto, si legge sul rassicurante sito ufficiale dell’EACOP (East African Crude Oil Pipeline Project), sarà totalmente «interrato e, una volta ripristinato il terreno con la sua vegetazione, persone e animali potranno attraversarlo liberamente ovunque, lungo tutto il suo percorso». La presentazione online elogia anche i grandi benefici, economici e sociali si dice, che i Paesi coinvolti otterranno grazie all’infrastruttura. «Benefici tra cui lo sviluppo di nuove infrastrutture, la logistica, il trasferimento di tecnologia e il miglioramento dei mezzi di sussistenza delle comunità lungo il percorso», che conta circa 400 villaggi. Sempre più rassicurante, EACOP informa il lettore che intende assumersi pienamente la responsabilità della tutela ambientale e della salvaguardia delle comunità locali investite dall’operazione.

E allora, qual’è il problema?

Il progetto rappresenta una minaccia per l’ambiente, accusa la sezione africana del Movimento Laudato Si’, e secondo Prince Papa (responsabile dei programmi per l'Africa del Movimento), «Conferenze episcopali di Uganda e Tanzania, sacerdoti e religiosi, laici e comunità colpite dovrebbero prendere posizione contro il progetto», sostenendo la mobilitazione contro l’EACOP, anche a rischio di scontrarsi con la violenta repressione del dissenso già messa in campo in dal regime ugandese contro studenti e organizzazioni della società civile.

Il Movimento condivide la preoccupazione di 350.org, organizzazione internazionale per lo stop ai combustibili fossili che ha lanciato la campagna #StopEACOP: «Se andrà in porto, sarà l'oleodotto per il petrolio greggio riscaldato più lungo del mondo e causerà lo spostamento su larga scala delle comunità locali» – già mille famiglie sono attualmente sfollate secondo 350.org e, qualora l’opera dovesse concludersi, si prevede una quota di 100mila famiglie allontanate– «sottoponendo peraltro a gravi rischi i territori coinvolti, le fonti idriche e le zone umide sia in Uganda che in Tanzania» (CISA, 2/6). Si stima inoltre che l’EACOP produrrà emissioni per 34 milioni di tonnellate di CO2 (circa 7 volte le emissioni annuali dell’Uganda) e rilancerà le attività estrattive anche dei Paesi vicini, in un momento storico drammatico a livello climatico, in cui la comunità scientifica internazionale invita a ridurre le emissioni climalteranti, lasciare i combustibili fossili sotto terra e avviare una rapida transizione energetica.

Il Movimento Laudato Si’-Africa è impegnato nel contrasto al progetto, sensibilizzando laici, religiosi e comunità locali sui danni che potrebbero derivare dalla realizzazione della pipeline. Una mobilitazione di base che, al momento, non sembra raccogliere il sostegno dei vescovi locali, afferma ancora Prince Papa: «Stiamo lavorando per sostenere ciò che la Chiesa sta facendo e ciò che l’enciclica Laudato si’ chiede. Ci auguriamo che le Conferenze episcopali si prendano tempo per discernere e speriamo che seguano quanto dice la Laudato si’».

Dalla SACE una decisione saggia

Intanto, il 26 maggio scorso il Movimento Laudato Si’ ha salutato con favore la decisione della SACE (società assicurativo finanziata controllata dal MEF e specializzata nel credito all’esportazione) «di unirsi al crescente numero di istituzioni finanziarie che rifiutano di investire nell’East Africa Crude Oil Pipeline (EACOP)».

Secondo Prince Papa la «SACE ha riconosciuto ciò che tante altre istituzioni e organizzazioni finanziarie hanno realizzato: il mondo non ha bisogno di EACOP. EACOP trasporterebbe petrolio di cui il mondo non ha bisogno. EACOP sarebbe un altro progetto infrastrutturale di combustibili fossili che il mondo non può permettersi di costruire. E l’EACOP sarebbe un altro ostacolo agli sforzi del mondo per raggiungere gli audaci e necessari obiettivi dell’Accordo di Parigi».

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