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La condanna sull'invio di Bombe a grappolo USA all'Ucraina. Ma l'Italia tace

La condanna sull'invio di Bombe a grappolo USA all'Ucraina. Ma l'Italia tace

L’Italia ha ratificato nel 2011 la Convenzione ONU per la Proibizione delle Munizioni a Grappolo, adottata il 30 maggio 2008 a Dublino ed entrata in vigore il 1º agosto 2010, alla quale aderiscono ad oggi 123 Stati (mancano all’appello Paesi produttori di questi sistemi d’arma, come Russia, Cina, Stati Uniti, Israele ecc.). Ciononostante, denuncia una nota odierna dell’IRIAD (Istituto di Ricerche Internazionali “Archivio Disarmo”), «il governo Meloni (a differenza di altri governi europei) non ha nulla da ridire sull’uso di queste armi in Ucraina».

Sembrava una questione, almeno parzialmente, chiusa e invece «le bombe a grappolo (cluster bombs) sono tornate prepotentemente sulla scena mediatica dopo la decisione degli Stati Uniti di fornirle all’Ucraina alcuni giorni prima del Summit NATO di Vilnius l’11 e 12 luglio». Nella nota l’IRIAD ricorda il motivo per il quale occorre restare in allarme di fronte all’uso di questi ordigni, che rilasciano nel territorio in cui vengono sganciati «decine di sub-munizioni» inesplose, con «gli stessi risultati delle mine antiuomo con la quasi certezza di continuare a mietere vittime anche dopo la cessazione delle ostilità». È ormai noto che la Russia di Putin ha già utilizzato cluster bombs nella guerra all’Ucraina. Ma ora, afferma il vicepresidente dell’IRIAD Maurizio Simoncelli, firmatario della nota, «con la decisione USA di fornire queste munizioni a Kiev, si rischia un’ulteriore escalation nella situazione tattica e un deterioramento ambientale dei territori ucraini infestati da cariche esplosive destinate a rimanere attive nel tempo».

I dati parlano chiaro: «Secondo gli studi più recenti, tra il 25% e il 40% delle sub-munizioni delle bombe a grappolo rimane inesploso, inquinando l’ambiente e ferendo anche i civili, stimati nell’ordine dell’80% delle vittime».

Oggi, la convenzione ONU «vieta l’utilizzo, la produzione e il trasferimento, oltreché lo stoccaggio sul proprio territorio, di questi ordigni. L’Italia è tra i 123 Stati che hanno firmato la Convenzione», ma «sfortunatamente non hanno aderito Stati Uniti, Russia, Cina, cioè i principali protagonisti della corsa agli armamenti». All’appello dei firmatari, prosegue Simoncelli, manca anche l'Ucraina. Simoncelli racconta che «il colonnello Oleksandr Bakulin, comandante della 57a brigata ucraina, ha dichiarato il 18 luglio alla BBC che le bombe a grappolo “non risolvono tutti i problemi” e che “se i russi non le avessero usate, forse la coscienza non ci avrebbe permesso di lanciarle”. Ma, visto che non appare possibile ottenere risultati rapidi nell'offensiva – ha sottolineato Bakulin – "più fanti [russi] muoiono qui, più parenti là in Russia chiederanno al loro governo: 'perchè?'”».

In merito alla fornitura USA di bombe a grappolo all’Ucraina, la condanna internazionale non si è fatta attendere. Si sono dissociati anche «storici alleati degli Stati Uniti», come Canada, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, e Paesi europei come la Spagna. «Nessuna reazione, invece, da parte del Governo italiano», ribadisce la nota IRIAD. «La presidente del Consiglio Meloni si è limitata a ricordare che l’Italia aderisce alla Convenzione sulle munizioni a grappolo e ad auspicare che tutti ne applichino i principi. Il ministro della Difesa Crosetto ha aggiunto che invece i russi le usano. Nulla viene detto circa la recente fornitura a Kiev di munizioni a grappolo e circa il loro uso, che per altro non sembra aver prodotto risultati decisivi, nella controffensiva ucraina».

L’IRIAD suggerisce la lettura del Focus di Serena Doro, Munizioni a grappolo. La situazione nel 2019, analisi disponibile gratuitamente sul sito dell’Istituto

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