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Iraq, i cristiani e gli altri: la lotta per sopravvivere in un Paese nel caos

Iraq, i cristiani e gli altri: la lotta per sopravvivere in un Paese nel caos

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 30/09/2023

Sono molti gli interrogativi sollevati dalla visita in Italia, con partecipazione mercoledì 6 settembre all’udienza in piazza San Pietro, del deputato iracheno Rayan al-Kildani, sottoposto a sanzioni statunitensi per crimini di guerra e saccheggio di monasteri cristiani. La prima domanda dunque è come abbia fatto ad arrivare in Italia e poi in piazza San Pietro, brevemente ammesso con altri iracheni al baciamano conclusivo di Francesco. Domande senza risposta sin qui e che impongono di capire meglio chi costui sia.

Un rogo studiato ad arte

Rayan al Kildani emerge negli anni bui della lotta all’Isis, quando Qassem Soleimani, il comandante del battaglione al Quds dei pasdaran (cioè il reparto speciale dei pasdaran che operano all’estero per espandere con milizie collegate “l’esportazione della rivoluzione” iraniana, dovere prescritto dalla Costituzione), lo individua per dar vita a una brigata cristiana alleata dei pasdaran. Sono gli anni che precedono l’espatrio dell’altro leader del gruppo, emigrato in Svezia dove ha acquisito notorietà grazie ai famigerati roghi del Corano di cui si è reso ‘stranamente’ protagonista. Per un uomo che risponde al regime di Teheran potrebbe sembrare un’azione curiosa, ma in realtà è stata una trovata geniale: un modo per restituire ruolo nelle piazze irachene alle milizie alleate dell’Iran, segnate da un sempre più evidente calo di popolarità e ora all’improvviso, grazie ai fatti svedesi, protagoniste di assalti ad ambasciate come ai tempi di Qassem Soleimani (ucciso nel 2020 dagli americani a Baghdad). È evidente; un miliziano addestrato da Soleimani emigra e trova il modo, bruciando il Corano, di ridare fiato ai suoi vecchi amici in patria.

Assalti e crimini

Che quelli della Brigata Babilonia e i pasdaran fossero e siano amici è reso evidente per quel che Kildani dice ancora oggi di Soleimani e per la presenza, il 31 dicembre 2019, dello stesso al-Kildani all’assalto organizzato dai pasdaran dell’ambasciata statunitense in Iraq. Dunque ci sono dei fatti sin qui non discussi: le fotografie di al-Kildani in piazza durante l’assedio all’ambasciata americana e il filmato citato dagli americani quando hanno deciso di sottoporlo a sanzioni per crimini di guerra e che lo riprende mentre mozza un orecchio a un detenuto ammanettato.

La lotta all’Isis è stata ovviamente sostenuta da molti iracheni, molti dei quali però si sono poi trovati vittime di comportamenti vessatori, o di taglieggiamenti, da parte dei vincitori iracheni: non lo Stato e il suo esercito, ma le milizie costruite e federate dai pasdaran. Tra queste il battaglione di al-Kildani, presto diventato “Brigata Babilonia”, che ha acquisito notorietà saccheggiando in particolare il villaggio caldeo di Batnaya, come affermato ufficialmente dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti già nel 2019.

Sfollati e ministri

Tutto questo nel contesto iracheno può risultare “comprensibile”, se non fosse che al Kildani, nelle ultime elezioni, mentre la coalizione delle milizie filo iraniane perdeva clamorosamente la contesa elettorale, trionfava nella quota riservata ai caldei, perché il meccanismo elettorale consente a tutti gli abitanti, di tutte le appartenenze religiose (quindi anche agli sciiti), di votare, volendo, per la quota caldea. L’esito elettorale ha portato la Brigata Babilonia a emergere come vera forza politica caldea, tanto che ha nell’attuale governo il controllo del cruciale ministero per gli sfollati. Già in passato, chi si ricorda la guerra civile libanese lo sa, un miliziano falangista, il cristiano Obeika, autore materiale della strage di Sabra Chatila, fu designato dai viciniori, i siriani, quale titolare del dicastero per gli sfollati. Il paragone, in termini di chi ha scelto chi, ci sta, perché per quanto sconfitte nelle urne, le milizie filo iraniane, grazie alla curiosa decisione del loro sfidante sciita di far dimettere il 50% dei deputati, cioè tutti quelli che aveva eletto, si sono trovate con l’ingresso dei primi dei non eletti a poter formare un loro governo. E a eleggere un loro esponente alla Presidenza della Repubblica, l’attuale presidente Rashid.

La contesa sui beni dei cristiani

Un bel giorno, dopo aver ricevuto a palazzo proprio l’onorevole al-Kildani, il presidente Rashid ha sorpreso il mondo annunciando che il patriarca caldeo, cardinale Sako, poteva restare tale, ma senza quel riconoscimento statale che lo fa anche tutore dei beni ecclesiastici caldei. La ridda di voci contro il cardinale Sako, il decreto, le minacce di tutti i tipi, tutto questo lo ha costretto all’esilio, che quel giorno stesso ha dovuto accettare, riparando nell’autonomo Kurdistan iracheno. Perché? Perché secondo molti il disegno delle milizie filo irachene sarebbe di sottrarre i beni ecclesiastici al patriarcato e affidarlo alla brigata Babilonia. Un patrimonio dal valore di miliardi di dollari. Ma non è solo il problema del valore da doversi considerare, c’è anche la destinazione del bene. Chi vuole un mutamento demografico del nord dell’Iraq potrebbe puntare a inserire popolazioni affamate e per questo fedeli alle milizie in quelle residenze spesso vuote da tempo. Si consideri inoltre che il nord dell’Iraq è diventato strategico anche militarmente per l’Iran, ai ferri corti con la sua minoranza curda. AlKildani inoltre per molti sarebbe dietro le false documentazioni che consentono proprio in questi giorni la cessione di beni di caldei all’estero.

Cristiani estinti in Iraq?

Tutto questo i patriarchi cristiani della regione lo sanno bene e sanno che qualcosa di molto simile sta accadendo anche in Siria. Anche per questo Francesco aveva negato udienza ad alKildani solo nella primavera scorsa, mentre proprio al ministero per gli sfollati si è recato durante la sua recente visita in Iraq il patriarca della Chiesa siro cattolica, con molti fedeli in Iraq, Ignatius Youssef III Younan, che durante questo suo viaggio a Baghdad non ha mai fatto riferimento al fatto che per la prima volta dai tempi delle invasioni dei mongoli a Baghdad non era presente nella sua sede il patriarca caldeo, ovvero il card. Sako.

Tutto questo è rilevante per il futuro di Siria e Iraq, che non si può più escludere sia un futuro che non preveda più la presenza dei cristiani. Ma se gli attacchi terroristici sono stati sempre denunciati dai patriarchi, questa non improvvisa minaccia alle proprietà cristiane, che se cadessero nelle mani delle milizie potrebbero davvero estinguere le speranze di un futuro diverso, come dimostra proprio l’incredibile destino sin qui toccato al patriarca Sako, è stata capita nella solidarietà espressa al patriarca Sako dal patriarca latino di Gerusa-lemme, il prossimo cardinale Pierluigi Pizzaballa. Anche chi in Europa ha sempre dimostrato attenzione alla persecuzione dei cristiani, in questa circostanza è rimasto in buona parte silente. E questo rende più importanti le domande da cui siamo partiti: come ha fatto a venire in Italia e a entrare in Piazza San Pietro l’onorevole Rayan al-Kildani? Lui, come se non bastasse, ha diffuso un filmato nel quale finge di essere entrato in Vaticano. Un falso ma ben costruito, che forse non casualmente è stato seguito di lì a breve da un’udienza accordata, questa sì per davvero, da Francesco al nunzio in Iraq.

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