
Verso le elezioni europee: uno studio sui sussidi UE dannosi per la natura e la biodiversità
Uno studio diffuso oggi da WWF, in vista delle prossime elezioni europee di giugno, rivela che «gli Stati membri destinano ogni anno tra i 34 e i 38 miliardi di euro di sussidi UE ad attività che danneggiano la biodiversità».
Si tratta di soldi che provengono dalle tasse dei cittadini europei, in una fase storica particolarmente difficile per via dei processi inflattivi e del cambiamento climatico, che vengono distribuiti, sotto forma di sussidi Ue, «verso attività che danneggiano la natura», che contribuiscono alla perdita di biodiversità, «rendendo l’Europa ancora più vulnerabile a siccità, inondazioni e ondate di calore, con un impatto negativo sulla nostra economia».
I sussidi Ue vengono erogati in tutti i settori dell’economia (dalla silvicoltura alla pesca, dai trasporti alle infrastrutture idriche, ecc.), ma la maggior parte di questi provengono dalla Politica Agricola Comune (PAC) e dall’uso che ne fanno gli Stati nella produzione agricola, voce di bilancio che assorbe un’enorme quantità di fondi Ue.
Questi flussi di capitale nocivo contrastano e spesso vanificano i già insufficienti sforzi degli investimenti fatti a tutela degli ecosistemi e della biodiversità. È dunque «importante mitigare anche gli effetti negativi dello sviluppo delle infrastrutture, dell’uso del territorio, del consumo di risorse, delle pratiche commerciali nei settori che dipendono dalle risorse naturali e di altre attività dannose».
Con lo sguardo puntato sulle elezioni di giugno, il WWF auspica che le nuove istituzioni europee possano invertire la rotta e «garantire che il denaro dei contribuenti venga speso per attività che favoriscono la natura e l’ambiente, anziché danneggiarli». Tra le cose, l’organizzazione ambientalista invoca «un quadro UE legalmente vincolante per garantire un’eliminazione tempestiva e socialmente equa dei sussidi UE e nazionali dannosi per la biodiversità». Chiede di spostare i sussidi dannosi verso «investimenti pubblici in soluzioni basate sulla natura che proteggono, ripristinano e gestiscono in modo sostenibile gli ecosistemi» e di «fornire un sostegno finanziario per garantire una giusta transizione degli agricoltori verso la sostenibilità».
Parte del dossier del WWF è dedicato al “Caso Italia” e ai sussidi destinati agli allevamenti intensivi. Dal 2023 al 2027, si legge, L’Unione «stanzierà 36,54 miliardi di euro per l’agricoltura italiana attraverso la Politica Agricola Comune (PAC). La maggior parte di questi fondi, purtroppo, aggraverà le disuguaglianze all’interno del settore» (l’80% dei fondi finirà nelle mani del 20% delle aziende, le più grandi) «e promuoverà pratiche dannose per l’ambiente e il clima, come ad esempio gli allevamenti intensivi».
Stando al report del WWF i fondi PAC in Italia favoriscono «la zootecnia intensiva, un settore notoriamente ad alto impatto ambientale e sociale». Secondo il WWF «la sfida dell’Italia con la PAC consiste nel superare la tendenza a sussidiare le grandi aziende, in particolare quelle destinate agli allevamenti intensivi. Questo approccio mette a rischio il percorso verso un’agricoltura sostenibile. È fondamentale che il Governo riorienti il denaro dei contribuenti, passando dal sostegno alle pratiche dannose ad un approccio più equo e incentrato sulla promozione di pratiche agricole sostenibili al fine di affrontare le sfide ambientali attuali e future».
Scarica e leggi lo studio del WWF
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