Le testimonianze raccolte
Tratto da: Adista Documenti n° 19 del 25/05/2024
Qui l'introduzione a questo testo.
Tra le diverse testimonianze analizzate nell’ambito delle ricerche e degli studi condotti dall’Osservatorio interreligioso sulla violenza contro le donne e il Laboratorio Re-insurrezione1, abbiamo avuto modo di leggere e di ascoltare racconti di persone fuoriuscite dal Cammino Neocatecumenale2, riscontrando similitudini con la maggior parte dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, in cui emergono derive settarie e stili di vita poco funzionali al benessere degli aderenti e contrari al messaggio evangelico.
Il Cammino Neocatecumenale (CN o CNC) nasce nel 1964 dal pittore e artista Francisco José Gómez Argüello Wirtz (Kiko Argüello) e Carmen Hernández (missionaria e catechista), a Palomeras Altas, uno dei sobborghi più poveri di Madrid, in Spagna. Attraverso il servizio agli ultimi e agli emarginati Kiko Argüello si sente chiamato a diffondere il messaggio di Cristo attraverso un cammino di iniziazione cristiana sul modello di catecumenato delle prime comunità dei discepoli di Gesù. Sulla spinta di questa chiamata, Kiko abbandona tutto e si dedica ai poveri, seguendo un’ispirazione evangelica che affascina da subito molte altre persone fino a costruire varie comunità a immagine della Sacra Famiglia di Nazareth, che vivono in umiltà, semplicità e lode, con l’obiettivo di diffondere l’annuncio di Cristo morto e risorto.
Anche Carmen Hernández, laureata in chimica e poi in teologia, ha una vocazione missionaria e nell’incontro con Kiko nelle baracche di Palomeras si sente chiamata a collaborare a questo progetto. È un nuovo carisma nella Chiesa cattolica che si diffonde soprattutto negli anni ‘70 e ‘80 in un movimento che oggi, secondo i dati del sito ufficiale del Cammino, è diffuso in 135 nazioni con 21.066 comunità, 121 seminari Redemptoris Mater frequentati da 1.900 seminaristi, 1.000 famiglie in missione in 212 Missiones ad gentes presenti in 62 nazioni.
La Chiesa, da Paolo VI a Papa Francesco, ha riconosciuto il Cammino come carisma frutto del Concilio Vaticano II; ma è soprattutto sotto il pontificato di Giovanni Paolo II che questa modalità di iniziazione cristiana e di missione viene riconosciuta nei suoi «copiosi frutti di conversione personale e fecondo impulso missionario»3. Egli ne promuove gli statuti che nel 2002 vengono approvati ad experimentum per cinque anni. L’approvazione definitiva avviene nel 2008 sotto il pontificato di Benedetto XVI. Anche l’attuale papa sostiene e incoraggia il cammino riconoscendone il carisma di missio ad gentes.
Eppure, nonostante la sua diffusione e l’adesione numericamente consistente dei fedeli, il carisma presenta aspetti di criticità, segnalati anche in molte pubblicazioni e articoli4, dal punto di vista sia teologico-spirituale sia relazionale all’interno delle comunità, in cui si verificano vessazioni e umiliazioni in nome di Dio. Molti punti della spiritualità di Kiko sembrerebbero addirittura in contrasto col magistero della Chiesa.
Tra le critiche raccolte, quelle all’aspetto liturgico e dottrinale delle catechesi neocatecumenali, che in molti punti sembrano discostarsi dalla dottrina cristiana; l’autoreferenzialità del percorso spirituale, che connota il cammino come Chiesa parallela; la mancanza di formazione teologica dei catechisti, che diffondono solo i contenuti della spiritualità neocatecumenale; l’imposizione agli aderenti di abbracciare il carisma senza un percorso di libero discernimento; l’obbligo di versare denaro e beni alla comunità (la cosiddetta “decima”) e di confessare pubblicamente i peccati durante i passaggi da una tappa all’altra del cammino (i cosiddetti “scrutini”).
In questi ultimi anni i fuoriusciti si sono organizzati in gruppi di denuncia5, con lo scopo di raccontare la loro esperienza di sofferenza all’interno del percorso spirituale intrapreso.
Nella nostra ricerca abbiamo raccolto statuti e scritti inediti di Kiko Argüello che denotano un’impostazione rigida e settaria nella conduzione delle comunità, che colonizzano intere parrocchie, senza lasciare spazio ad altre esperienze significative di condivisione e comunione fraterna.
Se all’esterno l’esperienza neocatecumenale appare evangelica e gioiosa, all’interno, nelle relazioni tra i catechisti e i catecumeni, si attuano pratiche manipolatorie e vessatorie per indurre gli aderenti a vivere in totale obbedienza alle indicazioni rigorose impartite durante le catechesi e gli scrutini. Questo porta a manifestazioni di forte disagio e di crisi psicologiche significative che inducono anche, in molti casi, a problemi di salute compromessa.
I fuoriusciti denunciano che vi sia un “vangelo secondo Kiko” per mettere in evidenza l’interpretazione personalista del messaggio evangelico. La messa domenicale viene celebrata come “messa privata” della comunità neocatecumenale con pratiche liturgiche che allontanano dalla comunione con la Chiesa. La sollecitazione a donare denaro avviene a tutti i livelli di adesione attraverso la pratica della “decima” dopo la prima tappa del cammino, con cui i soldi vengono raccolti in un sacco nero come simbolo di “spazzatura” o “sterco di satana”, anche se poi, paradossalmente, vengono utilizzati per le strutture e le attività del cammino, che possiede un ingente patrimonio utilizzato per la missione, ma gestito in modo autoreferenziale dai vertici.
In occasione del secondo scrutinio i catecumeni vengono invitati a spogliarsi di tutti i loro beni, azzerando il loro conto corrente e consegnando da quel momento la decima parte del loro stipendio mensile, pena l’impossibilità di procedere nel cammino di catecumenato. Per le famiglie numerose questo impegno si dimostra particolarmente gravoso, perché impedisce di poter provvedere adeguatamente al bisogno dei figli. Per partecipare alle convivenze e alle riunioni, inoltre, è necessario pagare qualcuno che accudisca i figli, perché non è previsto nessun servizio di assistenza all’infanzia durante gli incontri. Le spese quindi richieste sarebbero particolarmente ingenti, ma non evitabili, per il senso di colpa indotto nel non aver fatto la volontà di Dio.
Abbiamo raccolto una testimonianza che dichiara di aver assistito da parte dei catechisti alla circonvenzione di una persona anziana per obbligarla a un lascito testamentario in favore del Cammino. All’interno delle comunità sono presenti avvocati, notai o professionisti vari che permettono il raggiungimento degli scopi spirituali, anche se in molti casi con modalità discutibili.
L’adesione avviene, come per tutte le realtà settarie, attraverso il love bombing. «Eravamo presi dalla grandezza… dalla capacità dei catechisti, cantori e responsabili che ti facevano sentire importante – racconta A. – con dipinti di Kiko, canti e addobbi floreali». Tuttavia, una volta intrapreso il cammino, ci si accorge che le modalità di catechesi producono una sorta di lavaggio del cervello, giocando sul senso di colpa e sul condizionamento religioso. Gli affetti fuori dalla comunità sono considerati negativi, le contrapposizioni non sono ammesse, si è obbligati ad aderire senza discutere ai principi fondanti del carisma. Molte persone aderiscono per fragilità personali con il desiderio di risolvere i loro problemi grazie all’intervento di Dio nella loro vita.
«Le catechesi sono molto belle – ci spiega un ex aderente –, si sente che c’è qualcuno che ti ama, che la sofferenza ha un senso, ma è nel momento in cui si è innamorati di questa novità che avviene la manipolazione. Ci sono occasioni di convivenza in cui si forma la comunità; durante le celebrazioni liturgiche ognuno può far risuonare la parola nell’omelia; tuttavia, nel passaggio da una tappa all’altra (gli scrutini), si verifica una vera e propria violenza psicologica».
Gli scrutini sono momenti di confessione comunitaria che delineano il passaggio da una tappa all’altra del cammino, ma, a dispetto di quanto indicato all’art. 19 dello Statuto6, i catecumeni sono obbligati a confessare i loro peccati, anche più intimi, con minacce psicologiche. Attraverso l’accompagnamento spirituale i catechisti, che tuttavia non hanno una preparazione di carattere né teologico né psicologico, obbligano a far emergere situazioni intime in cui si verifica la commistione tra foro interno e foro esterno, invadendo la sfera della privacy, che dovrebbe essere invece tutelata anche a livello giuridico, proponendo soluzioni irragionevoli ai problemi personali o di coppia dei catecumeni. Le soluzioni proposte più frequenti sono la preghiera, l’offerta a Dio dei propri peccati e la richiesta pubblica di perdono, senza tener conto della sensibilità delle persone.
Le famiglie sono invitate a procreare, vietando l’uso di qualsiasi mezzo anticoncezionale, anche quando vi sono situazioni di salute fisica o rischi per le donne. I problemi economici per le famiglie numerose sono risolti dalla provvidenza di Dio.
Il rapporto di coppia viene concepito secondo una visione arcaica, in cui la moglie deve concedersi al marito senza condizioni, anche quando questo turba la sua situazione psicologica. Il cammino è connotato da una fortissima misoginia. In un discorso al Family Day nel 2015, Kiko Argüello sostenne che il femminicidio sarebbe stato colpa delle mogli che lasciano i mariti7.
I genitori educano i figli ai valori del carisma neocatecumenale8 con le stesse rigidità vissute nella comunità.
Abbiamo ascoltato testimonianze di figli di catechisti che mettono in luce situazioni di violenza psicologica: si induce nei bambini il senso di colpa per il fatto di distanziarsi dai valori del cristianesimo radicale, impedendo loro determinate frequentazioni amicali e imponendo condotte che portano a renderli disadattati rispetto al contesto sociale di riferimento. Queste pratiche educative generano quindi una crescita poco armoniosa con conseguenti sofferenze e squilibri psicologici. Tutto ciò che si allontana dai valori del carisma viene visto come peccato, frutto della voce del demonio, pertanto viene vissuto con estrema sofferenza da parte degli aderenti, soprattutto se sono minori.
I genitori sono molto severi nell’educazione dei figli, li obbligano a rispettare i valori del carisma con punizioni o violenza psicologica. Ai bambini viene inculcata l’idea che il mondo è cattivo e caratterizzato dalla presenza del demonio, pertanto non è possibile frequentare amici che non siano appartenenti alla comunità.
Anche i bambini vengono iniziati al cammino attraverso un progressivo indottrinamento. I didatti si occupano della catechesi dei figli dei catecumeni, ma senza aver svolto nessuna formazione di carattere dottrinale né pedagogico. Se i figli si allontano dal cammino spesso vengono rifiutati.
Poiché la famiglia è sacramento di Dio, i single non sono ben visti all’interno del cammino, pertanto i maschi vengono inviati ai seminari Redemptoris Mater, le femmine ai conventi di clausura o peggio vengono organizzati matrimoni combinati con enorme sofferenza, laddove non nasca spontaneamente una relazione amorosa.
I catechisti si pongono come figure di accompagnamento spirituale, ma non hanno nessuna preparazione specifica a questo ruolo: vengono scelti tra coloro che si distinguono per la devozione al carisma.
Abusi nel Cammino Neocatecumenale
Anche il Cammino Neocatecumenale è stato travolto dallo scandalo degli abusi sessuali su minorenni9. Un catechista è finito a processo nel Tribunale di Roma per violenza sessuale su una giovane cresimanda, ospitata nella sua abitazione.
In una delle segnalazioni alla Chiesa da parte di un gruppo di neocatecumenali, inviata al card. Ruini, allora presidente della CEI10, si rilevano errori dottrinali già segnalati a vescovi e presbiteri ma, nonostante gli interventi del Vaticano volti a garantire maggiore rispetto dei fedeli nei cammini dei movimenti ecclesiali, la Chiesa sembra continuare ad approvare il nucleo fondamentale dell’impianto carismatico del Cammino, favorendo in questo modo la perpetrazione degli abusi in seno ad esso.
Come accade in altre congregazioni religiose o movimenti, alla morte del fondatore i seguaci si attivano per l’apertura delle cause di canonizzazione. È successo anche per Carmen Hernández, morta a Madrid nel 2016 all’età di 86 anni.
La causa di canonizzazione, presentata all’arcivescovo di Madrid, card. Carlos Osoro il 19 luglio 2021 da Kiko Argüello, p. Mario Pezzi, Ascensión Romero, Fondazioni Famiglia di Nazareth di Roma e Madrid, che vede come postulatore Carlos Metola, si è aperta il 4 dicembre 2022.
Le denunce pubbliche da parte dei fuoriusciti hanno l’obiettivo di documentare le esperienze di abuso vissute all’interno delle comunità, in modo che la Chiesa possa controllare e intervenire sulle situazioni che si pongono in contrasto con lo spirito evangelico, ma anche supportare chi si è allontanato con enorme sofferenza, disorientamento e soprattutto isolamento da parte degli amici della comunità.
Per una maggior tutela e rispetto dei valori cristiani è importante segnalare alla Chiesa (Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita) sia collettivamente che individualmente, attraverso una petizione diretta al Prefetto del Dicastero ai sensi del Canone 57 del Codice di Diritto Canonico.
Molte delle condotte individuate inoltre potrebbero integrare situazioni di reato o illecito civile; in questi casi è importante sapere che è possibile anche una tutela giurisdizionale, denunciando direttamente alla Procura della Repubblica. Abbiamo infatti riscontrato che, laddove sono avvenute denunce ufficiali, si è provveduto a garantire un maggior rispetto delle persone. Se il rispetto non avviene per spirito di carità, occorre sollecitarlo con le denunce, solo in questo modo infatti – ci pare – i vertici dei movimenti ecclesiali saranno portati a modificare l’impostazione delle loro pratiche di vita, per evitare che si diffonda un’immagine negativa della loro esperienza spirituale.
La storia di Giacomo
Accanto al grido delle persone abusate si pone, in un orribile ossimoro di dolore, il silenzio omertoso della Chiesa e dei fratelli di comunità di fronte alle segnalazioni di abusi fatte in Vaticano e nelle diocesi, come è avvenuto per Giacomo (nome di fantasia) che ci ha raccontato la sua esperienza.
Con la moglie e i sei figli ha vissuto il Cammino per ventisei anni; gli altri fratelli di comunità frequentavano la loro casa in una realtà di condivisione e comunione. «Un catecumeno della mia comunità – racconta Giacomo – che faceva catechesi al carcere, ha molestato due dei miei figli. Io non potevo immaginare, ma poi ho fatto mente locale su tanti fatti precedenti, di quando lui veniva a casa nostra». Un giorno la figlia, nel pianto, racconta a Giacomo le molestie sessuali subite da parte del loro fratello catecumeno.
«Frequentava casa nostra come fratello di comunità – continua Giacomo –, facevamo le lodi, si pranzava insieme, mentre io ero in cucina, lui andava a fumare nel salone alla finestra e poi prendeva in braccio i bambini sul divano». In quelle occasioni avvengono le molestie.
Giacomo si rivolge prima al parroco, che sembra essere a conoscenza di altri abusi, e poi al vescovo, che tuttavia lo invita al perdono prospettando che Dio avrebbe fatto giustizia. Da quel momento la sua famiglia non può più frequentare la chiesa, viene impedito loro di partecipare alle attività della parrocchia per la paura dello scandalo. I figli hanno importanti ricadute psicologiche per il trauma, come anoressia e istinti suicidari. La bambina viene sentita da uno psicologo e visitata da un medico: entrambi riconoscono i segni degli abusi. Giacomo decide allora di presentare denuncia querela alla Procura della Repubblica, avendo saputo da altri fratelli che il catecumeno aveva abusato anche della figlia che aveva in affido.
Uno dei loro figli frequenta il seminario e sta coltivando la sua vocazione di diventare sacerdote. «Il vescovo ha detto a me e a mia moglie che, se non avessimo ritirato la denuncia, non avrebbe garantito l’ordinazione di mio figlio – continua Giacomo –, poi lo hanno cacciato, adducendo scuse come il fatto che era orgoglioso e non puliva la camera».
Dopo aver fatto la denuncia, Giacomo e la moglie vengono convocati dai catechisti itineranti, ovvero coloro che vengono mandati da Kiko Argüello in missione per diffondere la spiritualità del Cammino. Il sacerdote, puntandogli il dito contro, legge il passo del Vangelo «Chi è senza peccato scagli la prima pietra».
Giacomo trova due testimoni, che tuttavia, durante il procedimento, ritrattano, probabilmente per pressioni subite dai catechisti itineranti. Pertanto il catecumeno abusatore viene assolto perché il fatto non sussiste, mentre il PM aveva chiesto una pena di tre anni e otto mesi e 20mila euro per il risarcimento dei danni morali. I giudici non hanno creduto ai medici.
Per difendere la credibilità del Cammino, dopo la denuncia l’équipe dei catechisti itineranti dà appuntamento a Giacomo e alla moglie presso l’ufficio del parroco. Viene detto loro di non frequentare più la parrocchia e il Cammino, poiché il loro comportamento è considerato fuori dalla logica della Chiesa. Pensavano di ricevere aiuto dal loro pastore, invece vengono cacciati via e anziché vittime vengono considerati carnefici. Giacomo viene anche accusato di essere posseduto dal demonio, tanto da decidere di fargli incontrare un esorcista.
Da quando sono stati allontanati nessuno dei fratelli del Cammino si è più fatto sentire.
Giacomo denuncia al presidente della Cei e scrive due lettere a papa Benedetto XVI e due a papa Francesco, ma non riceve nessuna risposta. I figli hanno ricadute emotive fortissime dopo questa esperienza: una cade nel tunnel dell’anoressia e tenta il suicidio; il figlio ha una crisi, quando viene mandato via dal seminario, anche se non presenta problemi di rendimento e i suoi voti sono alti.
«Questo trauma resterà indelebile – conclude con sconforto Giacomo –, ho detto al vescovo che ci si deve attenere alle leggi; se non si mettono in pratica le leggi disposte per il popolo, si deve essere condannati. Se questo non avviene nella vita reale, pensate che Dio concederà il perdono?».
La storia di Isabella
Isabella vive in Australia, essendosi trasferita lì con il marito dopo il matrimonio. In parrocchia conosce una coppia inviata dall’Italia in missione per evangelizzare. In quella parrocchia nasce poi una comunità neocatecumenale.
«Abbiamo camminato in questa comunità per 28 anni – racconta Isabella – credendo che tutto il loro insegnamento provenisse dal magistero della Chiesa cattolica. Purtroppo, dopo molti anni, tra shock e incredulità, ci siamo ritrovati a dubitare di questo itinerario di fede, di questa iniziazione al cristianesimo, come viene definita negli statuti. Mi sentivo sempre più giudicata dai catechisti e sempre più infelice. Si sono create dinamiche familiari che mi hanno fatto dubitare della legittimità del Cammino e dei metodi dei catechisti, che fanno di tutto per denigrarti come essere umano e come cristiano».
Le catechesi iniziali provengono dall'insegnamento di Kiko. In base agli statuti al centro di tutto l'itinerario neocatecumenale si pone la sintesi tra la predicazione kerigmatica, la tensione al cambiamento della vita morale e la liturgia. Nelle catechesi viene proposta una visione idilliaca di comunità e di gioia; viene raccontata la storia di Kiko Argüello, che, nella baraccopoli di Madrid, si converte dopo una visione della Beata Vergine Maria, che gli rivela di formare piccole comunità.
Tuttavia si sperimenta spesso solitudine, depressione, assenza di comunione. In molti casi si viene isolati, ignorati o, peggio, rifiutati dagli altri. «Spesso abbiamo avuto molti contrasti tra di noi, litigi, incomprensioni, gelosie – condivide Isabella; si mettono al centro solo il peccato, le imperfezioni e le debolezze delle persone». Tutti i discorsi tenuti dal catechista responsabile delle comunità vengono trasmessi da Kiko stesso e imparati a memoria dai catechisti, che poi li trasmettono a tutte le comunità del mondo. Solo il responsabile di ciascuna comunità ne riceve una copia, insieme ai catechisti eletti di quella comunità.
L'iniziazione al cristianesimo secondo Kiko è possibile solo all’interno del Cammino Neocatecumenale, che contiene tutto il necessario per la pratica della fede.
«Durante le convivenze mensili – continua Isabella – si condividevano le nostre vite in modo molto profondo e personale, anche in aspetti dettagliati e intimi del rapporto tra marito e moglie, al punto che poi si manifestavano paura, rabbia, depressione, ansia. Purtroppo poi i fratelli parlavano di quanto condiviso anche al di fuori della comunità. Così ho cominciato a sentirmi molto vulnerabile, anche perché esprimevano giudizi su di noi. Mi hanno detto che ero una moralista, una vittima insopportabile e che cercavo la giustizia perché ricevevo tante ingiustizie e soprusi. Ho condiviso tutto della mia vita e, quando non ho avuto più voglia di farlo, il catechista mi ha detto che il demonio del mutismo voleva che mi tenessi tutto dentro.
I catechisti pretendono di essere consultati come accompagnatori nel discernimento in qualsiasi occasione di stress, problemi o difficoltà. I catecumeni sono così resi dipendenti da loro al punto da idolatrarli come “inviati da Dio”. Non era permesso avere un'opinione propria o un dubbio riguardo al cammino, altrimenti si veniva ritenuti attaccati dal diavolo, ingannati o disobbedienti a Dio o ai catechisti. Ora che siamo usciti – conclude – abbiamo solo i nostri figli, i quali hanno abbandonato la fede cattolica per i traumi subiti nel CN. Inoltre avendo cresciuto otto figli solo nella vita della comunità e non avendo avuto modo di fare altre amicizie, ci siamo ritrovati senza amicizie e completamente soli. Stiamo lavorando sui rapporti con i figli, danneggiati dell'insegnamento del CN con la speranza che possano migliorare. Tutto il nostro tempo era dedicato alla comunità, anche al post cresima in parrocchia organizzato sempre dal CN con gli stessi catechisti sempre a capo di tutto. I catechisti ci hanno sempre ripetuto che fuori da esso c'era la dannazione e la perdita della fede».
La storia di Francesca
Racconta Francesca (nome di fantasia): «Ho conosciuto il movimento neocatecumenale attraverso una compagna di classe che conosceva il mio percorso familiare fatto di violenze da parte di mio padre, anche sessuali, sui figli e su mia madre. Ero una adolescente ferita e l’annuncio del CN mi colpì: era il 1982. Nel movimento c’erano persone di ogni età, quasi tutte sofferenti. Le catechesi sono molto rincuoranti; la manipolazione avviene nel momento in cui ti sei innamorata e quando passi nella comunità a un altro livello. Ci si trova due volte alla settimana, si legge la Parola, nelle case e il sabato c’è la celebrazione in parrocchia preparata da un gruppo: la consegna del kerigma, la luce, tutto bello. Poi dopo circa tre anni, compreso lo stile del Cammino, ecco che arriva il secondo passaggio. Ormai sei dentro e qui inizia la violenza psicologica, patrimoniale e fisica. Una volta la settimana nella sala della parrocchia ci sono gli “scrutini”, necessari per accedere alla parte finale del secondo passaggio. Al centro della sala c’è il presbitero, i catechisti, una croce e tutti sono seduti in cerchio. La persona da scrutinare viene sorteggiata e messa a sedere a sinistra della croce, davanti agli scrutinanti, come in tribunale. Poi viene fatto promettere di dire la verità tenendo la croce con la mano. Io non avevo mai confidato gli abusi subiti da mio papà e sono stata costretta a parlarne, perché dovevo mostrare quale era la mia croce. Una esperienza devastante. Non ero mai andata neppure da uno psicologo. Se non dici quale è la tua croce, non puoi andare avanti nel cammino. Dura ogni volta due ore a persona. Poi hanno fatto alzare mio marito che era al corrente degli abusi da me subiti e gli hanno chiesto come mi comportavo dal punto di vista sessuale. Mio marito rivela che ci sono problemi e che abbiamo rapporti per lui non soddisfacenti. Presbiteri e catechisti mi ingiungono di perdonare mio padre per avere giudicato il suo peccato al posto di Dio e di chiedere perdono a mio marito per non concedermi: devo alzarmi di notte e pregare, andare in ginocchio davanti a mio padre a chiedere perdono. Mi ingiungono di digiunare. Poi inizia il giudizio dei fratelli che dicono la loro e sostengono mio marito. Ti senti peccatrice e in colpa e chi è con te non ti aiuta, ma ti condanna. Al ritorno volevo suicidarmi, aspettavo la mia quarta figlia.
Ero obbligata ad andare nelle case a evangelizzare (reditio symboli) dicendo una frase fatta apposta per me del tipo: “Io sono stata violentata da mio papà, ma Dio mi ama”.
C’era pure la creditio symboli in cui alla messa, dopo l’omelia del sacerdote, si viene costretti a raccontare la propria esperienza.
Come si vede il cammino è impregnato di misoginia: gli uomini vengono rinforzati, le donne sono vittime: viene proibita la contraccezione, anche con metodi naturali (bisogna essere aperti alla vita). Le donne giovani non ancora sposate vengono invitate a farlo o avviate alla clausura, per non cadere nel peccato. Molti matrimoni sono combinati e fonte di grande dolore: viene raccomandato di non sposare chi è fuori dal Cammino Neocatecumenale. Nel matrimonio le donne non possono rifiutare il rapporto sessuale con il marito e assentarsi senza il marito per più di 15 giorni proprio per garantire le prestazioni sessuali. C’è una enorme ingerenza in quella che è la gestione della vita matrimoniale. Nel movimento le donne sono concepite al servizio dell’uomo: sono invitate a non lavorare per meglio accudire la famiglia o a licenziarsi se già lavorano e la gestione del denaro è demandata all’uomo: durante gli scrutini una delle domande che viene fatta agli uomini è se le mogli sono brave donne di casa (“È la donna responsabile della felicità dell’uomo”).
Con una gravidanza sono stata 22 settimane in coma e la comunità ha preso possesso della casa al mio posto, estromettendo i familiari dalla gestione. Con la quarta gravidanza nessun ginecologo voleva seguirmi, ma nel movimento mi spronavano a proseguire perché “Dio ti sostiene” e mi hanno mandata da un ginecologo del Cammino.
Continuamente mi veniva chiesto se avevo chiesto perdono e mio marito doveva controllarmi: questo ha cominciato a limitare la mia presenza perché non riuscivo più a obbedire. Sono stata convocata e ho sopportato di tutto: visite in casa a qualsiasi ora, all’improvviso. Ho subito anche l’isolamento, un isolamento giudicante che mi impediva di parlare con quelli che erano stati amici e amiche dentro il movimento e ora erano contro di me. Sono uscita e mi sono separata da mio marito, quasi contemporaneamente.
Mio marito è rimasto protetto dalla comunità nella sua integrità morale. Dopo la separazione, durante l’adozione della mia ultima figlia, in tribunale la Comunità ha testimoniato contro di me: mio marito ha sottratto i miei diari e li ha consegnati alla comunità che li ha estrapolati dal contesto e fatti leggere ai giudici. Mi si sono rivolte contro anche le colleghe di lavoro neocatecumenali: per due anni non sono riuscita ad uscire di casa. Sono stata aiutata da un centro antiviolenza e l’elaborazione della mia storia mi ha resa una persona migliore».
Note
1. Il Laboratorio Re-insurrezione comprende donne e uomini appartenenti ad associazioni (Donne per la Chiesa, Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne) che da anni si espongono per rendere riconoscibili, visibili e non più occultate le dottrine, le pratiche e le condotte misogine che governano la Chiesa cattolica; la rete comprende inoltre alcune persone che fanno parte di aggregazioni che raggruppano chi è stato manipolato e abusato in congregazioni o in contesti ecclesiali, collabora in autonomia con il Coordinamento #Italychurchtoo.
2. https://neocatechumenaleiter.org/it/
3. Giovanni Paolo II, Lettera di Giovanni Paolo II, «Ogni qualvolta», al venerato fratello monsignor Paul Josef Cordes, incaricato «ad personam» per l'apostolato delle comunità neocatecumenali, vice presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, in Vatinan.va, dal Vaticano, 30 agosto 1990, XII.
4. E. Marighetto, I segreti del cammino neocatecumenale, Edizioni Segno, Tavagnacco (UD), 2001. Don E. Zoffoli, Eresie del Cammino Neocatecumenale, Edizioni Segno, Tavagnacco (UD), 1992. Neocatecumenali sul viale del tramonto, Edizioni Segno, Tavagnacco (UD), 1992. Ariel S. Levi di Gualdo, La setta neocatecumenale: l’eresia si fece Kiko e venne ad abitare in mezzo a noi, Edizioni L'Isola di Patmos, 2019. Lino Lista, Il fango e il segreto, gnosi del peccato e nuova estetica del Cammino neocatecumenale, Edizioni Segno, Tavagnacco (UD), 2015. Gino Conti, Un segreto svelato, Ed. Segno, Tavagnacco (UD), 1997.
5. http://www.internetica.it/neocatecumenali/index.html; https://neocatecumenali.blogspot.com/
6. Art. 19 Statuti CN - Gli scrutini, ispirati all’itinerario catecumenale dell’OICA, aiutano i neocatecumeni nel loro cammino di conversione, nel rispetto della coscienza e del foro interno, secondo la normativa canonica.
7. Davide Falcioni, “Family-day, Kiko Argüello: ‘Femminicidio, colpa delle mogli che lasciano i mariti’”, in Fanpage, 23/6/2015.
8. Kiko Argüello, “Intervento sulla trasmissione della fede ai figli”, in https://www.scrutatio.it/archivio/articolo/camminoneocatecumenale/2115/Il-Cammino-Neocatecumenale-KikoArguello-trasmissione-della-fede-ai-figli.
9. Alessio Campana, “Ha abusato di un’allieva minorenne”: catechista a processo. La moglie lo difende in aula: “Ha avuto una debolezza”, in La Repubblica, 10 gennaio 2024.
10. http://www.internetica.it/neocatecumenali/testimonianze.html
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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