
Cuba: già in libertà vigilata un terzo dei 553 prigionieri
L’Osservatorio Cubano dei Diritti Umani (OCDH) ha riferito domenica scorsa che il governo cubano ha già messo in libertà almeno 114 prigionieri dei 553 di cui aveva annunciato la liberazione il 14 gennaio, quasi in contemporanea con la decisione di Joe Biden, presidente USA ancora per poche ore, di rimuovere Cuba dalla lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo .
Secondo l’Osservatorio, almeno 549 dei 553 in elenco per la scarcerazione hanno partecipato alle proteste dell’11 luglio 2021, quando migliaia di cubani hanno manifestato in diverse città del Paese chiedendo riforme politiche e migliori condizioni di vita. Dato non si sa quanto realistico, visto che il governo di Díaz Canel non ha reso pubblica la lista ufficiale dei 553, subendo critiche per la mancanza di trasparenza del processo.
Tra i rilasciati figurano personalità di spicco dell'opposizione, come Tania Echevarría Menéndez, membro del collettivo Damas de Blanco, che stava scontando una pena detentiva di sei anni per la sua partecipazione alle manifestazioni dell'11J; o come José Daniel Ferrer, leader dell'Unione Patriottica di Cuba, Luis Robles, detto “il giovane del manifesto” nel quale chiedeva la fine della repressione e la liberazione dei prigionieri politici, e Brenda Díaz, una manifestante trans condannata a 14 anni e sette mesi per disordine pubblico, sabotaggio e oltraggio.
Il governo chiarisce che le persone non sono uscite dal carcere per un atto di indulto o amnistia, semplicemente stanno godendo di una liberazione anticipata secondo il sistema di giustizia previsto dalla Costituzione, una sorta di libertà vigilata. I liberati, ha spiegato la vicepresidente della Corte Suprema del Popolo (TSP), Maricela Sosa, devono soddisfare determinati requisiti di «buona condotta» fino alla scadenza della pena, altrimenti potrebbero tornare in prigione.
«Questa supposta libertà non è quella che realmente meritiamo», ha detto in proposito Luis Robles dopo essere uscito dal carcere (it.cibercuba.com, 20/1), «la notizia non mi ha emozionato come pensavo che mi avrebbe emozionato avere la libertà, perché penso che vivere così non è quello che una persona merita». «Qui pensare come si pensa è un reato. Dire ciò che si sente è anch'esso un reato. Non credo che un essere umano che vive in questo modo possa essere felice».
*Foto tratta da Pixabay
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