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E il mondo guarda da un’altra parte. Riflessioni su un genocidio
Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 07/06/2025
DOC-3390. ROMA-ADISTA. In un’intervista concessa al Canale 14, una tra le più seguite reti televisive israeliane diventata l'organo di propaganda informale del governo Netanyahu, l’ex deputato Moshe Feiglin ha detto quanto segue: «Tutti i bambini, tutti i neonati a Gaza sono nemici. Il nemico non è Hamas… Dobbiamo conquistare Gaza e colonizzarla, e non lasciarvi un solo bambino. Non c’è altra vittoria».
Ha ragione Moni Ovadia (Comune-info, 6/5): «Siamo al punto che se il governo israeliano decidesse di internare i palestinesi in campi di concentramento, potrebbe farlo nell’inerzia dei governi degli altri Paesi, dopodiché potrebbe farne ciò che vuole, come del resto sta già facendo. Alla fine di tutto questo, perché prima o poi una fine arriva sempre, ci interrogheremo su come sia potuto accadere e se si sarebbe potuto fare qualcosa per fermare questo orrore. Naturalmente si sarebbe potuto fare qualcosa, ma non si è fatto». Proprio come al tempo della Shoah.
Ci sono voluti due anni e mezzo di massacri per indurre alcuni Paesi europei a muovere le prime proteste contro Israele, minacciando sanzioni ed esclusione da competizioni sportive e culturali. Mentre sono solo 22 (ma presto potrebbe aggiungersi la Francia) i Paesi europei, tra cui 13 dell’Unione, ad aver riconosciuto la Palestina. Tra questi Paesi non c’è l’Italia, il cui governo, ancora saldo nel suo sostegno a Netanyahu, si è espresso contro la revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele secondo gli standard europei in tema di diritti umani.
Intanto, a 77 anni dalla Nakba, le ultime notizie che arrivano da Israele sembrano confermare proprio l’intenzione del governo Netanyahu di occupare la Striscia di Gaza e di spostare con la forza la popolazione palestinese: un piano di annessione che rappresenta il culmine del genocidio, come spiegano e denunciano gli interventi che abbiamo deciso di raccogliere in questo numero. Quelli di Al Mezan Center for Human Rights, un'organizzazione non governativa con sede nel campo profughi di Jabalia, nella Striscia di Gaza (www.assopacepalestina.org, 9/5); di Meron Rapoport, editorialista di +972 Magazine, organo di informazione indipendente israelo-palestinese, e direttore di Local Call, un sito di notizie in lingua ebraica che difende la democrazia, la pace e la resistenza all’occupazione (Ihu Unisinos, 7/4); dello storico israeliano Ilan Pappé, docente dell’Università di Exeter, nel Regno Unito (SinPermiso, 14/5); di Sergio Bassoli, responsabile per le politiche con le Americhe nell'Area Internazionale della Cgil ed esponente della Rete della Pace (sbilanciamoci.info e il manifesto, 4/5); di Alessandra Mecozzi, attivista nel campo del femminismo e dei diritti umani impegnata nel Coordinamento Europeo per la Palestina (ECCP) e nella Casa delle Donne di Roma (Comune-info, 18/5); di Ivone Gebara, religiosa della Congregazione delle Sorelle di Nostra Signora, filosofa e teologa (Ihu Unisinos, 20/5).
Qui l'intervento di Al Mezan Center for Human Rights.
Qui l'intervento di Meron Rapoport.
Qui l'intervento di Ilan Pappé.
Qui quello di Sergio Bassoli.
Qui il testo di Alessandra Mecozzi.
Qui l'intervento di Ivone Gebara.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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