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Europa a mano armata. Come far morire il sogno di Altiero Spinelli

Europa a mano armata. Come far morire il sogno di Altiero Spinelli

Tratto da: Adista Documenti n° 28 del 26/07/2025

DOC-3400. ROMA-ADISTA. Era il 1942 quando il padre dell’Europa Altiero Spinelli – alla cui eredità la premier Giorgia Meloni ha recentemente pensato bene di sferrare un clamoroso attacco – immaginava, nel suo saggio Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche, un’Unione Europea impegnata a promuovere, sulla base di valori universali, quella che definiva la pacificazione mondiale. 83 anni dopo, di quel sogno non resta più alcuna traccia, tra il continuo aumento delle spese militari, a discapito di welfare e ambiente, la corsa accelerata al riarmo e gli appelli alla reintroduzione della leva militare obbligatoria.

Ed è proprio il processo di militarizzazione in corso in Unione Europea al centro del volume Europa a mano armata, a cura di Futura D’Aprile, pubblicato da Sbilanciamoci!e dedicato sia all’analisi dei programmi di riarmo europei che alla presentazione delle alternative possibili, a partire dalle campagne già in corso, come Stop ReArm Europe e l’iniziativa italiana “Ferma il riarmo”, lanciata da Fondazione Perugia-Assisi per la Cultura della Pace, Greenpeace Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci! per mettere al centro del dibattito pubblico italiano le spropositate spese per strutture militari e armamenti nel nostro Paese.

«L’Unione Europea sta cambiando la propria natura, da un’unione di pace a un’unione militare», denunciano nel loro lungo saggio Futura D’Aprile, Martin Köhler, Paolo Maranzano, Mario Pianta e Francesco Strazzari: «È sempre più coinvolta nella guerra in Ucraina, sta preparando piani di riarmo senza precedenti – gli 800 miliardi di euro di ReArm Europe, poi diventato Readiness 2030 –, prevede aumenti di spesa finanziata con debito europeo, sviluppa programmi per la ricerca, produzione e acquisto di nuove armi». Con costi pesantissimi: «Le spese militari – scrivono – aumentano le emissioni di gas serra, sottraggono risorse economiche dall’azione per il clima, riducono i finanziamenti per gli investimenti sostenibili e alimentano corse agli armamenti che aumentano a loro volta l’instabilità politica, sociale e ambientale». Così, anziché raccogliere la sfida, assolutamente prioritaria, rappresentata dal cambiamento climatico, l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno scelto la strada dell’espansione delle spese militari e della produzione di armi – con un incremento in termini reali delle spese militari e di quelle specifiche per armamenti nei Paesi UE, dal 2014 al 2024, pari rispettivamente al 121% e al 325% –, abbandonando il processo di transizione ecologica codificata nel Green Deal e alimentando ulteriormente il clima di instabilità internazionale, in un contesto segnato tra l’altro, ricorda Sergio Bassoli, dai continui attacchi al sistema Onu e alla Corte Penale Internazionale come pure dal bullismo istituzionale di Donald Trump nei confronti del resto del mondo.

Una tendenza al riarmo il cui momento chiave si è verificato, secondo Gianni Alioti, a fine febbraio, «quando le crescenti tensioni geopolitiche e la pressione USA sugli alleati europei affinché rafforzassero autonomamente le proprie capacità nella Difesa ben oltre la soglia minima del 2% del PIL, hanno spinto la Commissione Europea e il Consiglio Europeo a portare l’asticella dei singoli Stati al 3 o 4% (fuori dai vincoli di bilancio) e di destinare 150 miliardi di euro del bilancio UE alle spese per armamenti».

Non fa eccezione neppure l’Italia, che, segnala Francesco Vignarca, «ha visto crescere nel 2024 la propria spesa militare dell’1,4%», per un «totale complessivo di 38 miliardi di dollari». Del resto, come evidenzia Giorgio Beretta, «entrato in carica il 22 ottobre del 2022, il governo di Giorgia Meloni ha subito assunto rilevanti decisioni in materia di esportazioni di materiali militari», eliminando le restrizioni sulle licenze di esportazione di alcune tipologie di materiali d’armamento a Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita e incrementando addirittura del 76,8% le autorizzazioni per esportazioni di sistemi militari, senza peraltro interrompere neppure le forniture di armi e di sistemi militari alle forze armate israeliane.

Di seguito gli articoli del volume scritti da Giulio Marcon (qui) e da Farah Al Hattab (qui) e il manifesto degli Scienziati contro il riarmo firmato da Carlo Rovelli, Flavio Del Santo e Francesca Vidotto

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