
L'incidente. Lettera a quanti hanno eletto il loro domicilio all’ospedale Nasser di Khan Younis
Newsletter n. 29 da Prima Loro del 27 agosto
L'incidente
A Giampiero Vellar, Giovanni Zanivan, Luisa Anceschi, Alessandro Bertani, Anna Poli, Gerardo Strazzullo, Loredana Cannata, Maria Antonietta De Maria, Carlo Proietti, Nicola Tornese, Laura Mori, Nicola Dalla Libera, Roberta Vannini e a tutti gli altri (sono centinaia) che hanno eletto il loro domicilio all’ospedale Nasser di Khan Younis.
Agli altri domiciliati a Gaza e a quanti invocano giustizia e pace.
Cari Amici,
siamo con voi nel dolore per il bombardamento dell’ospedale Nasser di Khan Younis presso il quale avete eletto il vostro domicilio a Gaza, insieme con tutti gli altri solidali con questa scelta.
L’attacco a Khan Younis è stato particolarmente feroce, perché l’ospedale è stato colpito due volte, la seconda volta per uccidere quanti erano accorsi per soccorrere le vittime della prima, e perché sono stati uccisi cinque giornalisti palestinesi, alcuni dei quali lavoravano per la stampa internazionale: un delitto ripetitivo perché pochi giorni fa sei giornalisti di Al Jazeera erano stati deliberatamente uccisi tutti insieme nella loro tenda perché non raccontassero la verità.
Alla strage si è aggiunto l’insulto della dichiarazione di Netanyahu, secondo il quale si sarebbe trattato di un incidente. È la prima volta che il despota israeliano parla di incidente; dunque, dobbiamo cercare di capire in che senso per lui si tratta di un incidente. Non perché è stato attaccato un ospedale, perché ospedali, incubatrici, sale operatorie, ambulanze e medici sono stati finora colpiti senza che mai si parlasse di un incidente. Non perché sono stati uccisi dei giornalisti, perché già ne erano stati uccisi a Gaza 240 prima di loro. Non perché nell’attacco ci sono stati venti morti, perché di morti dall’inizio dell’offensiva ce ne sono stati 62.000, senza che venisse espresso alcun rammarico, mentre è in corso di esecuzione la condanna a morte per fame di una popolazione intera.
Allora in che senso si è trattato di un incidente? Si è trattato di un incidente per Netanyahu perché questa volta l’eccidio invece di cadere nell’indifferenza diffusa e di essere confortato dalla complicità di molti grandi Poteri, ha suscitato una esecrazione generale e perfino Trump se ne è detto scontento, mentre Spagna Francia Germania Svizzera in Europa e Santa Sede e molti altri nel mondo si sono detti indignati, “scioccati”, e “allibiti”. Questo sì, per Netanyahu, è “un incidente”, perché non ci era abituato; ma non lo è solo per lui, bensì per tutto lo Stato di Israele che, essendo nella sua pretesa attuale invincibilità una costruzione artificiale che si regge su una elezione e una fraterna solidarietà del mondo intero, se viene a perderle si gioca se stesso.
Con la sua determinazione al male Netanyahu è diventato in effetti alternativo al popolo ebraico, infrange tutte le Scritture, nelle quali non compare un ebreo crudele come lui, e getta in “un buco nero”, come dice Paolo Mieli, lo Stato di cui è Primo ministro.
La conseguenza è che egli sta costruendo proprio il contrario di ciò che vorrebbe e per cui sta combattendo, fino agli estremi del genocidio. Con i suoi due Dioscuri, Smotrich e Ben Gvir, sta infatti creando le condizioni per una mutazione genetica dello Stato di Israele. Con la costruzione di 3.400 unità abitative del progetto East 1 che separeranno Gerusalemme dal resto della Cisgiordania occupata, con lo sradicamento degli ulivi e la costruzione di strade separate e muri, i governanti di Israele stanno infatti rendendo ormai anche fisicamente impossibile la soluzione dei due Stati in Palestina. Dunque dovrà restare uno Stato solo, ma una pulizia etnica che riesca ad azzerarvi la presenza di milioni di palestinesi non è possibile, perciò, per una singolare eterogenesi dei fini, non potrà che esserci uno Stato binazionale, di Ebrei e Palestinesi. Ma poiché, come dimostra il Sudafrica, uno Stato multietnico in cui una etnia goda di diritti esclusivi e soffochi e opprima l’altra non è indefinitamente possibile, né può continuare, senza una generale omertà violenta, l’attuale stato illegittimo di occupazione militare dei territori palestinesi, è inevitabile che lo Stato di Israele diventi lo Stato dei due popoli con eguali diritti. Ciò dovrebbe avvenire attraverso un lungo e difficile processo di riconciliazione che peraltro in alcuni settori della società israeliana e palestinese è già iniziato. Questa vera soluzione della “questione palestinese” avrebbe il consenso di tutta la diaspora ebraica anche perché in tal modo essa potrà uscire dall’incubo di un nuovo e ancora più diffuso antisemitismo, e godrebbe dell’appoggio e della simpatia dell’intera comunità internazionale.
Nel sito pubblichiamo una nota dei due Patriarchi cristiani sulla scelta di non lasciare Gaza, una lettera affranta di una suora della comunità di Giuseppe Dossetti in Giordania, e un racconto di come i palestinesi in Israele siano divisi in quattro categorie con quattro carte d’identità con diversi diritti e che viaggio debba fare una palestinese per andare da Ramallah ad Amman.
Con i più cordiali saluti,
da “Prima Loro”
*Foto ritaglliata di autore ignoto tratta da Commons Wikimedia, immagine origianle e licenza
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