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Lucille, dalla Ocean Viking:

Lucille, dalla Ocean Viking: "Non volevano solo intimidirci. Volevano fermarci"

Il 24 agosto, la nave Ocean Viking di SOS MEDITERRANEE ha subìto un attacco armato da parte della Guardia Costiera libica. Ci invia oggi la sua testimonianza, Lucille, che era a bordo. Racconta quei momenti, ma anche i successivi, con la quarantena cui sono stati costretti equipaggio e naufraghi soccorsi e il fermo. Riportiamo volentieri la sua “voce”, ricordando che il sito della ong  aggiorna costantemente il numero dei naufraghi. A oggi: 24.758 morti nel Mediterraneo centrale dal 2014; 653 morti nel 2025; 42.577 persone soccorse dal 2016 da SOS MEDITERRANEE.

«La scorsa settimana è stata la più dura della mia vita. Ho provato paura, rabbia e sollievo allo stesso tempo, e so che nessuno di noi potrà dimenticare quei momenti.

Il 24 agosto, dopo aver soccorso 87 persone in acque internazionali, una motovedetta della Guardia Costiera libica – un pattugliatore donato dall’Italia e finanziato dall’Europa – ci ha attaccati senza alcun preavviso. Per oltre venti minuti hanno sparato centinaia di colpi contro di noi, colpendo radar, vetri e scialuppe di salvataggio.

Quando sono arrivata sul ponte, ho visto la motovedetta avvicinarsi a tutta velocità. Sono uscita con il binocolo per osservarla meglio, ma il coordinatore dei soccorsi ci ha chiesto di rientrare. Lo sentivo parlare via radio con l’equipaggio, ordinando di mettere al riparo i sopravvissuti e restare all’interno. Nello stesso momento rispondeva agli uomini libici che urlavano “fuori, fuori, fuori”, spiegando che stavamo andando verso un’emergenza e che le autorità erano informate.

Mi sono avvicinata alla finestra e ho visto due uomini armati che ci puntavano contro. Non ero sicura, ho regolato il binocolo… ed è stato allora che un proiettile ha colpito la porta accanto a me. Ho sentito qualcuno gridare “stanno sparando”. Mi sono buttata a terra. Ero terrorizzata: ero proprio davanti alle finestre e pensavo che i colpi potessero attraversarle da un momento all’altro.

Quando si sono fermati per qualche istante, mi sono lanciata nel corridoio. Ho provato a nascondermi sotto un tavolo, ma non ci sono riuscita. Poi di nuovo gli spari, e di nuovo qualcuno che urlava “Sdraiati a terra!”. Mi sono stesa completamente sul pavimento, paralizzata dalla paura. Quei minuti non finivano mai.

Intorno a me i colleghi cercavano di proteggere i naufraghi sul ponte. Nessuno è rimasto ferito gravemente, ma la paura e lo shock resteranno con noi a lungo.

Sul ponte, accanto al nostro dipinto “You Are Safe”, è rimasto il segno di un proiettile. Un marchio che non dimenticherò mai: non volevano solo spaventarci, volevano fermarci e ridurci al silenzio.

Dopo lo sbarco ad Augusta, un’ulteriore prova: le autorità ci hanno imposto la quarantena per un caso di tubercolosi già gestito e isolato. Una misura sproporzionata che ci ha costretti a rimanere confinati a bordo, senza poter ricevere il supporto medico e psicologico di cui avevamo bisogno. È stato un peso enorme dopo l’attacco, ma l’equipaggio è rimasto unito, stringendosi l’uno all’altro.

Venerdì finalmente la notizia tanto attesa: dopo essere rimasti bloccati per giorni, ci è stato consentito di scendere a terra. Le autorità sanitarie hanno revocato l’isolamento che avevano imposto. È tempo per noi di riprenderci da un’esperienza così violenta, resa possibile dalla complicità europea.

La Ocean Viking è gravemente danneggiata e non sappiamo ancora quando potrà ripartire. Ma una cosa la so con certezza: se la nave resta ferma, nessuno salva. Nessuno testimonia.

Un sopravvissuto sudanese mi ha detto:

“Siete stati la luce nella nostra profonda oscurità, il nostro sole e la nostra luna costante".

Sono queste parole a darmi la forza di continuare. Ma so anche che quella luce sei tu: con la tua scelta di sostenerci regolarmente ci permetti di resistere, di riparare la nave e di tornare in mare.

Guarda il video dell'attacco! Con la speranza di tornare presto in mare».

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