Ambasciatore USA: il ponte sullo Stretto non c'entra con la strategia di difesa della Nato
Che il ponte sullo Stretto di Messina possa essere considerato “strategico” per la difesa nazionale è concetto più volte ribadito dai ministri Matteo Salvini delle Infrastrutture e Antonio Tajani degli Esteri a partire da quanto è scritto nel disegno di legge di conversione del decreto che ha riattivato la Società Stretto di Messina Spa, del marzo 2023: il ponte rappresenta «un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi NATO nell’Italia meridionale».
Un’affermazione, questa, a doppia valenza, peraltro mai apertamente confessata: da una parte sostenere l’“inderogabile” necessità del ponte sullo Stretto e dall’altra far passare la spesa – 13,5 miliardi di euro – per il progetto-sogno di Salvini come contributo all’aumento al 5% degli armamenti come richiesto da Donald Trump ai Paesi della NATO.
La ventilata ipotesi non incontra il favore degli Stati Uniti che, scrive Bloomberg, citando un’intervista all’ambasciatore Usa alla Nato Matthew Whitaker realizzata il 2 settembre al Whitaker Bled Strategic Forum in Slovenia, mettono «in guardia l’Italia mentre il governo valuta se conteggiare il ponte sullo Stretto come spesa militare». L’obiettivo del 5% da impegnare nella NATO si riferisce specificamente alla difesa e alla spesa relativa alla difesa, tipo battaglioni, artiglieria e carri armati, e non a eventuali «ponti che non hanno alcun valore strategico militare».
Una risposta all'ambasciatore USA presso la NATO è giunta immediatamente con una nota del Ministero dei Trasporti: «Il Ponte sullo Stretto è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa. Al momento - si legge - l'eventuale utilizzo di risorse Nato non è all'ordine del giorno e, soprattutto, non è una necessità irrinunciabile. L'opera non è in discussione».
*Foto ritagliata di Gage Skidmore tratta da Flickr
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