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Giubileo Lgbtq+. La convivialità delle differenze

Giubileo Lgbtq+. La convivialità delle differenze

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 20/09/2025

Sono appena rientrato a Milano dopo i due giorni molto intensi che ho vissuto in occasione del pellegrinaggio giubilare organizzato dalla Tenda di Gionata.

In realtà, posso dirlo perché ho partecipato in prima persona al gruppo che ha aiutato questo pellegrinaggio a muovere i primi passi, quando abbiamo mandato la richiesta alla segreteria del Giubileo non eravamo affatto certi di ricevere una risposta positiva tant’è vero che quando la risposta è arrivata non ci siamo preoccupati di completare la domanda con alcune informazioni relative alla logistica dell’evento (anche perché non avevamo nessuna idea del numero di persone che sarebbero venute a Roma per il nostro pellegrinaggio).

In ogni caso, quando ci hanno chiesto di fornire queste informazioni per inserire in maniera definitiva il pellegrinaggio della Tenda di Gionata nel calendario degli eventi minori del giubileo, abbiamo detto che l’iniziativa avrebbe coinvolto più o meno cinquecento persone.

La prima sorpresa è arrivata quando, seguendo le istruzioni della segreteria del giubileo, abbiamo chiesto alle persone di iscriversi fornendoci anche alcune informazioni che permettessero di organizzare un’eventuale assistenza sanitaria specifica: subito i numeri sono saliti e già a giugno avevamo più di mille iscritti.

Ormai non avevo più un ruolo diretto nell’organizzazione del pellegrinaggio, ma ricordo di aver scritto nella chat in cui ci si confrontava che, se potevamo anche pensare di poter coinvolgere più di mille persone nel passaggio della porta santa, era davvero un azzardo pensare di riempire la chiesa del Gesù per la veglia che si voleva organizzare la sera prima e per la messa che era stata programmata il mattino del giorno 6. Ma, come ormai mi capita spesso, sono stato smentito dai fatti e, alla fine, quando alle cinque del pomeriggio di venerdì, sono entrato nella chiesa dove i Gesuiti avevano accettato, con grande senso di accoglienza, di ospitare le nostre iniziative, ho capito che saremmo stati in tanti, perché quattro ore prima dell’appuntamento che era stato programmato, molti banchi erano occupati e molte persone si erano sedute tranquillamente per pregare.

Naturalmente c’erano anche persone che non avevano niente a che fare con il nostro pellegrinaggio: verso le sei, per esempio, sono entrate in chiesa una trentina di suore agostiniane che si sono fermate a pregare per una buona mezz’ora e che poi sono andate via. Ma la maggior parte delle persone restava lì, impassibile, ad aspettare che arrivasse sera e, mentre le guardavo, ho pensato alle tantissime persone LGBT+ che, nel corso degli anni, sono rimaste nella Chiesa, impassibili, in attesa di un gesto di inclusione e di un gesto di accoglienza.

E a queste persone ho pensato la sera, quando, con la chiesa del Gesù ormai piena, è iniziata una veglia che permetteva di toccare con mano la profonda natura ecclesiale del momento che iniziavamo a vivere.

Molte delle persone che partecipavano alla veglia indossavano la maglietta che la Tenda di Gionata aveva distribuiti fin dal settembre del 2020, quando alcuni di noi avevano partecipato a un’udienza generale di papa Francesco: un cuore arcobaleno e la scritta: «Chi ha paura non è perfetto nell’amore», tratta dalla prima lettera di Giovanni. Erano però ben visibili anche tante altre magliette: ad esempio quelle color petrolio dei membri di Dignity, la più antica associazione LGBT+ cattolica statunitense, fondata da padre John McNeill, il gesuita di cui, tre giorni prima cadeva il centenario della nascita

. Mi hanno però colpito molto le magliette di altri pellegrini: una faceva riferimento a un pellegrinaggio del 2015 a Medjugorie, un’altra alla Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona, un’altra ancora diceva che chi la indossava era stato a Lourdes nel 2022. Nel vederle mi è venuta in mente una frase che avevo letto durante un Pride: «Arrendetevi! Siamo dappertutto». Non so se nella Chiesa siamo dappertutto, di certo posso dire che forse, siamo stati dappertutto, solo che, quando eravamo presenti alle tante iniziative che la Chiesa proponeva ai fedeli, lo eravamo in maniera nascosta, timorosi di uscire allo scoperto e di dire che eravamo omosessuali.

E questa della visibilità credo che sia la vera grande novità del pellegrinaggio organizzato dalla Tenda di Gionata: persone che non hanno paura di dire di essere LGBT+. persone che, come i loro genitori e i loro amici, non hanno paura di dire che si sentono solidali con le persone LGBT+. operatori pastorali che finalmente non hanno paura di dire che si impegnano, all’interno della Chiesa, per aiutare le persone LGBT+ a conservare la fede e a non perdere la speranza.

Parlando dei genitori e degli operatori pastorali non posso non ricordare che proprio il 6 settembre di dieci anni fa, in una casa di ritiri vicino a Pavia, si incontravano per la prima volta alcuni rappresentanti dei gruppi di omosessuali credenti e alcuni genitori cattolici di persone LGBT+ insieme ad alcuni operatori pastorali. Eravamo una ventina di persone che erano state invitate con grande insistenza da Maurizio Mistrali, un medico di Parma che si era speso con passione affinché questo incontro si realizzasse. Da quel momento è iniziata quella collaborazione da cui, qualche anno dopo sarebbe nata la Tenda di Gionata nel cui direttivo, non a caso, sono presenti tre persone LGBT+, tre genitori di persone LGBT+ e una religiosa che si occupa di pastorale con le persone LGBT+.

Non faccio la cronaca dei momenti di preghiera che ci sono stati nella chiesa del Gesù: la copertura mediatica è stata talmente ricca che di sicuro chi mi legge sa cosa è successo durante quei momenti.

Mi limito a ricordare un momento particolarmente emozionante che ci è stato regalato dal monsignor Francesco Savino, il vicepresidente della CEI che ha presieduto la messa di sabato mattina. Quando, dopo aver ricordato che: «Il Giubileo nella tradizione ebraica era l’anno della restituzione delle terre a coloro a cui erano state sottratte, della remissione dei debiti e della liberazione degli schiavi e dei prigionieri, il tempo in cui liberare gli oppressi e restituire la dignità a coloro a cui era stata negata» ha affermato con forza che: «È l’ora di restituire dignità a tutti, soprattutto a chi è stata negata». In quel momento è partito un applauso spontaneo che non finiva più. Le mille persone presenti alla celebrazione eucaristica si sono alzate in piedi e in quell’applauso hanno dato voce ai tanti episodi (poi ricordati dallo stesso monsignor Savino) in cui hanno visto la dignità delle persone LGBT+ calpestata dai pregiudizi e dalle paure. Per concludere debbo dedicare due parole al pellegrinaggio vero e proprio, quello che, nel pomeriggio del 6 settembre, ha condotto mille e cinquecento persone radunate dalla Tenda di Gionata attraverso la Porta Santa di San Pietro.

Nel vivere questo momento mi sono reso conto come la nostra presenza non era altro che una delle tante presenze all’interno di una Chiesa dove ci dovrebbe essere posto per tutti e per tutte e, quindi dove finalmente c’era posto anche per noi persone LGBT+. La confusione che si viene a creare con tutti questi pellegrinaggi che si incrociavano ha fatto sì che una parte di noi si sia ritrovata staccata dalla testa del pellegrinaggio (quella guidata dalla croce che viene consegnata a tutti i gruppi di pellegrini) e si sia ritrovata, con le sue magliette arcobaleno, schiacciato fra un gruppo carismatico e un gruppo di pellegrini dell’Azione Cattolica che probabilmente erano arrivati a Roma per la canonizzazione di Piergiorgio Frassati. Ci siamo guardati negli occhi. Ci siamo sorrisi e nessuno si è scandalizzato per le nostre magliette con il cuore arcobaleno e con la scritta: «Chi ha paura non è perfetto nell’amore!».

In quei sorrisi, in quegli sguardi ho pensato che, finalmente, si realizzavano le parole di Tonino Bello quando, parlando della Chiesa, aveva detto che: «È il luogo in cui si realizza la convivialità delle differenze».

Gianni Geraci è fondatore dell’Associazione Il Guado di Milano e socio de “La Tenda di Gionata”, è uno storico attivista cattolico dei diritti della comunità LGBT. Ha curato articoli e saggi su fede e omosessualità 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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