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Il papa alla Fao: permettere la morte per fame di milioni di persone è un’aberrazione etica

Il papa alla Fao: permettere la morte per fame di milioni di persone è un’aberrazione etica

Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 25/10/2025

42401 ROMA-ADISTA. Leone XIV, il 16 ottobre, è andato alla Fao, l’agenzia dell’Onu incaricata di combattere la fame nel mondo con sede a Roma, e ha pronunciato un discorso nel quale ha denunciato lo scandalo della fame, delle sperequazioni sociali, della guerra e di un’economia capace di generare soprattutto povertà e ingiustizie. «Forse il dato più toccante – ha detto il pontefice nel suo intervento – è quello dei bambini che soffrono di malnutrizione, con le conseguenti malattie e il ritardo nello sviluppo motorio e cognitivo. Non è un caso, bensì il segno evidente di una insensibilità imperante, di un’economia senz’anima, di un modello di sviluppo discutibile e di un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile». «In un tempo in cui la scienza ha prolungato la speranza di vita – ha aggiunto – la tecnologia ha avvicinato continenti e la conoscenza ha aperto orizzonti un tempo inimmaginabili, permettere che milioni di esseri umani vivano – e muoiano – vittime della fame è un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica».

Importante anche il passaggio dedicato all’uso della fame come arma di guerra, in cui il riferimento a quanto è accaduto a Gaza è stato evidente. Gli attuali scenari di conflitto, ha detto infatti Prevost, «hanno portato alla rinascita dell'uso del cibo come arma di guerra», «assistiamo dolorosamente al continuo utilizzo di questa strategia crudele, che condanna uomini, donne e bambini alla fame, negando loro il diritto più elementare: il diritto alla vita». «Il consenso espresso dagli Stati – ha detto ancora il pontefice – che considera la fame deliberata un crimine di guerra, così come la negazione intenzionale dell'accesso al cibo a intere comunità o popolazioni, sembra sempre più lontano. Il diritto internazionale umanitario proibisce, senza eccezioni, di attaccare civili e oggetti essenziali per la sopravvivenza delle popolazioni». Quindi il Pontefice ha ricordato che, «alcuni anni fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato all'unanimità questa pratica, riconoscendo il legame tra conflitto armato e insicurezza alimentare e stigmatizzando l'uso della fame inflitta ai civili come metodo di guerra». «Questo sembra dimenticato», ha chiosato il pontefice.

Ottant'anni dopo l'istituzione della Fao, «la nostra coscienza – ha sottolineato il Papa nel suo discorso tenuto in spagnolo – deve ancora una volta interpellarci di fronte al dramma sempre attuale della fame e della malnutrizione. Porre fine a questi mali non è solo responsabilità di imprenditori, funzionari pubblici o politici. È un problema alla cui soluzione dobbiamo contribuire tutti: agenzie internazionali, governi, istituzioni pubbliche, Ong, enti accademici e società civile, senza dimenticare ogni individuo, che deve vedere nella sofferenza altrui qualcosa di proprio».

«Abbiamo urgente bisogno – ha proseguito il vescovo di Roma – di superare un paradigma politico così aspro, basato su una visione etica che prevalga sull'attuale pragmatismo che sostituisce le persone con il profitto. Non basta invocare la solidarietà: dobbiamo garantire la sicurezza alimentare, l'accesso alle risorse e uno sviluppo rurale sostenibile». Il papa ha quindi richiamato alla responsabilità la comunità internazionale: «Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli macabri come quelli che si stanno verificando in molte regioni della Terra. Bisogna porvi fine il prima possibile». «È giunto il momento, quindi – ha aggiunto – di chiederci con lucidità e coraggio: le generazioni future meritano un mondo incapace di sradicare definitivamente la fame e la povertà? È possibile che non si riesca a porre fine a tante azioni laceranti e arbitrarie che incidono negativamente sulla famiglia umana? I leader politici e sociali possono rimanere polarizzati, sprecando tempo e risorse in discussioni inutili e virulente, mentre coloro che dovrebbero servire continuano a essere dimenticati e strumentalizzati per interessi di parte? Non possiamo limitarci a proclamare valori. Dobbiamo incarnarli. Gli slogan non possono sollevarci dalla miseria».

*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

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