Nessun articolo nel carrello

LA PAROLA DI DIO NON È UNA DOTTRINA, MA LA VITA DI GESÙ

Tratto da: Adista Documenti n° 80 del 11/11/2006

Il testo inviato dal Celam in preparazione della V Conferenza che si realizzerà nel 2007 ad Aparecida pre-senta, come tema principale dell'Assemblea, quello del discepolato e dei discepoli. Il testo contiene un capitolo che vuole dare un'esposizione teologica del tema del discepolo. Questo tema è molto importante e apre molte porte. Tuttavia, la teologia del capitolo avrebbe bisogno di alcune aggiunte, perché è piuttosto insufficiente.

I teologi che hanno preparato questo testo sono riusciti a scrivere un intero capitolo sul discepolato senza menzio-nare mai l'attività di Gesù. Bene, essere discepolo significa apprendere da un'altra persona. Eppure, nel testo non si rileva assolutamente cosa i discepoli apprendano da Gesù. Non si vede il messaggio del maestro, né la sua pedagogia, né il riferimento alla cultura del tempo.

Il Vangelo di Giovanni dice che la Parola si è fatta carne. Vuol dire che la Parola di Dio non è una dottrina, non è un discorso, non è un'esposizione di verità teoriche, non è una teologia. La Parola di Dio è la vita di Gesù, tutto quello che ha fatto su questa terra nella debolezza della carne, del corpo e dell'essere umano in generale. Gesù ha saputo usare il corpo umano, il tempo umano, la situazione umana in questa terra per esprimere la Parola di Dio. Perciò il disce-polo è chiamato ad osservare, guardare, capire ed accompa-gnare Gesù, a scoprire il suo modo di agire, quello che cerca, il modo di esprimersi, i gesti che fa, le parole che pronuncia in determinate circostanze. Gli stessi Vangeli mostrano che i discepoli hanno avuto grandi difficoltà ad accettare il modo di vivere di Gesù. La cosa più difficile era intendere il cammino del non-potere, della povertà. È la difficoltà che i discepoli di tutti i tempi incontrano, perché troppe volte sono affascinati dal potere, dalla ricchezza, dal prestigio, dallo status sociale.

I discepoli di Gesù non sono come gli studenti dei dot-tori in legge. Non studiano una legge. Non sono come gli alunni dei filosofi, perché i discepoli di Gesù imparano l'operato di Gesù e non idee, dottrine, giochi intellettuali. I discepoli non sono come quelli che studiano le scienze moderne, perché nelle scienze moderne non è il modo di vivere del professore che ha importanza, ma l'oggettività dell'osservazione e della sperimentazione, come il rigore matematico per definire le relazioni. I discepoli apprendono un modo di vivere, un orientamento per tutta la vita. Essere discepolo non vuol dire studiare teologia, e la stessa teologia può essere molto pericolosa: la teologia può generare po-tere, capacità di imporsi sugli altri, sentimento di supe-riorità, qualifiche per una promozione sociale. La teologia è uno dei principali fattori a sostegno del dominio clericale, del dominio paternalista, un dominio che tutti i laici percepiscono sebbene i sacerdoti lo neghino. Essere disce-polo è cambiare vita, ricevere un'illuminazione che induce ad abbandonare tutto quello che si era per dedicarsi al re-gno di Dio. Come Pietro e Andrea e Giovanni e Giacomo, che lasciano le reti, lasciano la famiglia, lasciano la casa per seguire il maestro.

Per apprendere come essere discepoli dobbiamo ricor-dare, fare memoria di quello che Gesù ha fatto. Dunque, in forma molto breve possiamo condensare in pochi punti, i più importanti, l'azione di Gesù, il messaggio della sua vita, che è nella scelta del suo modo di vivere: che ha fatto Gesù per essere maestro? Cosa ha insegnato?

1. Innanzitutto, Gesù è vissuto in Galilea, la regione po-vera, disprezzata, oppressa del popolo di Israele. Si è messo a vivere e a realizzare la sua missione fra i più poveri del suo popolo. Ha vissuto poveramente, come loro. Ha visitato i villaggi poveri della Galilea, e non è mai stato nelle città di civiltà greca, nemmeno le più vicine: ce n'era una a sei chilometri da Nazareth. Tutta la sua vita è stata dedicata ai poveri, perché per lui era in mezzo ai poveri il vero Israele, il vero popolo di Dio. Una grande lezione per tutti quelli che vogliono essere discepoli.

2. In secondo luogo, Gesù annuncia la venuta immi-nente e la presenza attuale del regno di Dio che sarà il regno dei poveri. Il vero Israele sarà fra di loro, fatto da loro e per loro. Questo dice Gesù per inaugurare il suo ministero, nella dichiarazione nella sinagoga di Nazareth secondo Luca, sul monte delle Beatitudini secondo Matteo. Gesù viene per annunciare felicità, salvezza, libertà: il mondo apparterrà ai poveri. Sarà il grande cambiamento nella storia dell'umanità. Gesù non viene per imporre una legge dura come quella dei dottori di Israele, ma per annunciare la felicità. Felicità per la samaritana, la donna siro-fenicia, la donna adultera, i peccatori pubblici. Buona lezione per tutti quelli che impongono ai poveri una legge dura, implacabile, regole di diritto e di costume che umiliano i poveri invece di renderli felici. I discepoli di Gesù daranno sempre felicità.

3. Gesù mostra i segni del cambiamento e della felicità: cura gli infermi, caccia i demoni, dà da mangiare agli af-famati, restituisce la vita. Noi ci domandiamo se possiamo imitare Gesù in questo. Di certo non possiamo compiere i miracoli più spettacolari, sebbene nella storia siano stati attribuiti miracoli simili ai santi, siano essi ufficiali o no. Ma sicuramente possiamo fare molto per gli infermi che hanno bisogno di speranza, pazienza, affetto. Il messaggio di fe-licità migliora la salute. Demoni sono quelli che provocano tutti i mali: tristezza, paura, rancore, disperazione, egoismo, ecc. Possiamo cacciare questi demoni. È probabile che la tradizione popolare abbia ingigantito la spettacolarità dei miracoli di Gesù, una tendenza naturale di tutti quelli che si imbattono in personalità fuori del comune.

4. Gesù denuncia la falsa religione dei sacerdoti, dei dottori, dei farisei, cioè di tutte le autorità religiose che hanno la pretesa di essere rappresentanti di Dio e si consi-derano maestri, sebbene siano solo falsi maestri che inse-gnano l'errore. Per questo Gesù, fin dall'inizio della sua missione, è entrato in conflitto con tutte queste autorità. Non se n'è stato zitto. È venuto a salvare il suo popolo dal-la falsa religione che volevano imporgli. Perché i vertici religiosi di Israele erano impositivi e trasmettevano paura e tristezza invece di felicità.

5. Gesù insegna che Dio non vuole sacrifici, come non vuole templi né sacerdoti. Vuole giustizia e misericordia, cioè amore mutuo, fraternità tra tutti. È un laico e vuole che il suo popolo torni ad essere un popolo di laici senza una classe superiore. Quelli che comandano dovranno com-portarsi come servitori, come inferiori, e non come "auto-rità".

6. Gesù viene condannato perché è rivoluzionario, perché vuole distruggere il regno di Roma. Sebbene i Vangeli non riportino atti propriamente politici nella missione di Gesù, è chiaro che l'ideale di Gesù non era compatibile con l'impero romano e con l'autorità romana, che non poteva non vedere in lui un pericolo. Non fa atti politici, Gesù, ma lancia al mondo un messaggio che mette in questione e condanna tutto il sistema sociale romano. Egli lo sa bene, e sa che il potere di Roma scomparirà quan-do Dio lo vorrà.

7. Gesù non fugge quando scopre che lo ammaz-zeranno. Continua a parlare e ad agire e accetta il martirio per non tradire il suo messaggio. Muore per fedeltà alla missione ricevuta. Fuggire significherebbe sottrarre ogni credibilità al suo messaggio. Così fanno molte autorità umane al momento del pericolo. In questo modo dimo-strano che il loro discorso era falso e menzognero.

Quello che succede è che la cristologia che si sviluppa dopo il Concilio di Calcedonia si interessa solo all'unione delle due nature in Gesù Cristo. Le interessa solo quello che Gesù è. Dice che Gesù fu Dio e uomo, e spiega questa affermazione parlando di due nature: la divina e l'umana. Queste due nature non sono paragonabili. La natura divina non ha storia ed è totalmente semplice. Ma nella natura umana non esiste un momento in cui essa sia uguale a se stessa. L'essere umano non esiste un momento fuori del tempo e dello spazio. L'essere umano è una storia, una successione di atti organizzati in virtù di un progetto di vita. La cristologia tradizionale si è limitata a commentare quello che Gesù è secondo il Concilio di Calcedonia e non si è interessata a quello che ha fatto come essere umano, a come è stata la sua umanità. Ha preso l'umanità di Gesù come qualcosa di astratto, non storico. Interessava solamente che fosse un essere umano. Ossia che avesse la natura umana. Il problema è: come essere discepoli di una pura natura umana, di un'umanità astratta uguale per tutti? Di conseguenza, nella teologia ufficiale non c'è stata riflessione sul contenuto della vita di Gesù a partire dai vangeli.

Il capitolo del documento di preparazione ad Aparecida non contiene nessun orientamento per la vita umana concreta. Rimane nella linea della teologia scolastica tradi-zionale, senza incorporare tutto quello che si è studiato e scritto negli ultimi 50 anni. Per questo il capitolo sul discepolato non contiene alcun orientamento per la vita in questo mondo. Offre solamente orientamenti religiosi, come se essere discepoli fosse compiere atti religiosi. La vita del discepolo cessa di essere una vita umana laicale, vissuta in questo mondo, per diventare una vita fuori dal mondo, una vita fatta di atti religiosi, senza storia, senza progetto, senza lotta, senza sfide, senza nemici, senza ostacoli. Si torna al modo del famoso libro "Imitazione di Cristo" di Thomas Kempis, nel quale si parla di tutto tranne che dell'imitazione di Cristo.

Non si fa alcun riferimento alla vita reale di Cristo. C'è interesse solo per le sue virtù considerate in forma astratta, fuori dal loro contesto storico, come se le virtù potessero agire da sole, per aria, fuori dalla storia umana. In realtà non esiste la prudenza in sé, né la fortezza in sé, né alcuna altra virtù in sé, non applicate in circostanze ben determinate. Senza riferimento a situazioni concrete, queste virtù non dicono nulla e non fanno nulla, sono entità ideali che non esistono che nel pensiero, e per questo non producono niente.

La teologia scolastica ha eliminato la storia dalla visione del cristianesimo. Ha fatto del cristianesimo una dottrina, un equivalente della filosofia, che segue le stesse norme di comprensione. Per i filosofi greci la storia non è oggetto di scienza. La storia non ha significato, non ha senso, è una successione arbitraria di fatti senza connessione. Anche nella scolastica il cristianesimo è presentato come una dottrina universale valida per tutti in tutti i tempi, uguale per tutti. È uno schema di vita uguale per tutti, salvo che non tutti riescono ad applicarlo nella stessa percentuale. In questo schema scolastico tutte le generazioni sono uguali, tutte hanno gli stessi problemi e tutte hanno di fronte un programma di vita fatto di atti religiosi uguali per tutti i popoli in tutti i tempi.

Tuttavia, quello che la Bibbia ci insegna è una storia: la storia della lotta tra la vita e la morte, tra le forze di vita e le forze di morte in questo mondo, nell'umanità. La salvezza cristiana non è una questione individuale, ma la trasfor-mazione dell'umanità intera. È tutta l'umanità che è sotto-messa alle forze di morte e tutta l'umanità che è chiamata a far vincere la vita. Gesù è venuto a mostrare il cammino dell'umanità. L'umanità non è fatta da una collezione di essere umani tutti uguali e con la stessa missione. Ogni persona umana è inserita in una storia globale nella quale occupa un posto unico, o che le conferisce una vocazione unica: cercare, in questa situazione unica, quello che Gesù farebbe. Le forze di vita e di morte cambiano, perché l'umanità cambia: le sfide cambiano. Per questo ogni generazione ha un compito nuovo, specifico, unico ed ogni individuo occupa un posto nella sua generazione. I poveri stanno costruendo una storia e portano avanti il modello di Gesù. Non possono ripetere letteralmente quel che Gesù ha fatto, perché il mondo cambia. Non siamo più nella Galilea di quel tempo e l'impero romano è stato rimpiazzato da un altro impero differente. Tutti dobbiamo cercare l'equiva-lente della vita di Gesù, ognuno nella propria ed unica situazione. Occorre attualizzare il contenuto della vita di Gesù per essere veramente discepoli.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.