Nessun articolo nel carrello

JON SOBRINO: PURCHÉ NON MANCHI LO SPIRITO

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 03/03/2007

D: Come parlare di speranza guardando il mondo dalle baraccopoli di Nairobi?

R: Che il male esista in questo mondo è assolutamente evidente e non serve a molto dire che se si insiste su tale realtà la gente si scoraggia. Io credo che la verità non scoraggi mai. E credo che il bene non sia stato soffocato, come indicano cose che invano potremmo cercare nei libri di Karl Marx, di Karl Rahner o di Jon Sobrino. Pensiamo a mons. Munzihirwa, al suo lavoro con i rifugiati a Bukavu. Munzihirwa non si limitava ad assisterli, voleva difenderli: dall'impero, dall'Occidente, dagli Stati Uniti. E scrisse una lettera aperta all'ambasciatore statunitense su tutto quello che stava accadendo nei campi di rifugiati. Io ho saputo di lui nel piccolissimo Salvador - che già allora, nel 1996, era scomparso, non esisteva più nell'interesse del mondo - e quel vescovo mi ha ricordato molto mons. Romero. Me ne sono rallegrato, e non perché questo vescovo ricordi qualcosa di buono del Salvador, ma perché il Vangelo di Gesù, di cui nel Salvador Romero è stato il simbolo, ha prodotto gli stessi frutti in altri luoghi. E poi questo vescovo è stato ucciso in maniera simile a Romero. Non a caso, mi hanno detto che in certi luoghi Munzihirwa viene chiamato il Romero d'Africa. È il bene che si espande: questa è una buona globalizzazione.

Nel 2005, nelle celebrazioni del 25.mo anniversario del martirio di Romero, ho avuto il compito di organizzare un Congresso di teologia. Invitai Gutiérrez, Comblin e tanti altri. Ma volli una cosa in particolare: che venisse qualcuno dall'Africa. E l'Africa è entrata nel Salvador attraverso il carmelitano congolese Jean Floribert, il cui viaggio dal Congo è stato un'odissea. In quell'occasione Floribert disse: questo viaggio in El Salvador nell'anniversario di Romero ha trasformato la mia vita. E questo per dire che il bene è presente e dà la forza per andare avanti. E questa forza ha radici che vengono dall'alto e dal basso.

D: È per questo che, come hai affermato nel tuo intervento, "il potere da solo non salverà il mondo"?

R: Sì, ne sono convinto, perché il potere, come lo conosciamo noi, presenta una dinamica storica legata all'oppressione. Non tutti i poteri opprimono, è chiaro. Ma, ad esempio, per quanto si possa essere bravi religiosi, se si diventa superiori, per il solo fatto di essere "sopra", di esercitare un potere, bisogna fare molta attenzione a evitare certe insidie. Non parliamo poi di quando il potere si cerca, di quando si vuole il potere per i propri interessi, indipendentemente da quanto possa succedere ad altri.

D: Non è necessaria, allora, una nuova riflessione sul potere? Perché, per cambiare il mondo, il potere, inteso come servizio, sembra indispensabile…

R: Bisogna dare il potere ai poveri, è vero. Ma l'esperienza accumulata dall'umanità ci parla dell'arroganza del potere, del suo carattere oppressore. Io vorrei che i poveri avessero molto potere, ma che non cadessero nelle tentazioni del potere. Ed è difficile non farlo. Vi sono momenti nella storia - e credo che ne stiamo vivendo uno - in cui si fa più urgente la questione del potere ai poveri. Ma per quanto importante sia tale questione, non credo che sia l'unica parola da dire su Dio e sui poveri.

D: Non è, tuttavia, una parola di cui la Tdl si è forse un po' troppo dimenticata? Che ne è di questa parola più politica?

R: Discorsi sulla politica ve ne sono d'avanzo nel mondo. Se si accende la televisione, i discorsi che si sentono sono politici, non religiosi.

D: Ma quello che manca è la parola dei teologi sulla politica, una riflessione dalla prospettiva della fede sulle alternative al capitalismo, sull'ecologia…

R: Gutiérrez, parlo di lui perché è il più noto, ha 78 anni, non vivrà eternamente. Juan Luis Segundo è morto. Ellacuría è stato ucciso. Non è detto che la Teologia della Liberazione duri dei secoli. Del resto, ciò su cui si basa la nostra identità come teologi della liberazione è l'interrogarci sul Theos. Se la dimensione politica è assente è un male, ma se non ci facciamo più domande sul Theos allora non facciamo più teologia: facciamo sociologia della liberazione, architettura della liberazione, ingegneria della liberazione. Un cosa buonissima, ma che non è teologia. Il Primo Mondo si aspetta che tutti i suoi desideri diventino realtà. Molti vorrebbero che la Tdl andasse avanti come piace loro. Ma per i poveri non è così, per i poveri si tratta di vivere e di lottare anche se non c'è pensiero politico nella Tdl. L'America Latina è molto povera: sono poche le persone che hanno il privilegio o il lusso di pensare, di fare dottorati. In Europa si fa Teologia del Diritto. Chi è il soggetto del diritto? Io direi la vittima. Eppure, con tutta la sua intelligenza, l'Europa non mi pare che lo capisca. Parlano dell'uguaglianza nello Stato di diritto. Ma non conosco illusione più grande di questa. C'è una grande ambiguità nell'analisi teorica dei diritti umani, Ellacuría già la smascherò. È possibile usare la questione dei diritti umani in modo tale che, per difendere i diritti individuali, vengono ignorati i diritti dei poveri? Non vi scoraggiate, dunque, se non produciamo più teologia politica, se una volta l'abbiamo fatto e ora non lo facciamo più. Le cose non vanno come uno vorrebbe. Che ha lasciato Romero? Non ci ha lasciato ricette, ci ha lasciato la forza di andare avanti.

D: Cosa deve fare un teologo per essere onesto nei confronti della realtà, per usare una tua espressione?

R: In America Latina siamo piccoli e poveri, ma onesti. Vado nelle università europee e parlo della guerra del coltan (minerale di importanza economica e strategica immensa - viene usato nei chip di nuovissima generazione - di cui è ricchissimo il Congo, dove viene estratto a mano da uomini, donne, bambini ridotti in schivitù, spesso prigionieri di guerra, ndr) e nessuno sa cos'è. La malvagità del mondo non vende. La Tdl può vendere, può diventare oggetto di mercato, e in questo caso godrà anche del favore delle destre. Noi siamo piccoli, poveri, ma abbiamo cercato di informarci un po' sull'Africa. Chiedete a un contadino salvadoregno cosa pensa dell'impero statunitense: probabilmente ne sa più di un cittadino europeo medio. Dunque vuol dire che di un po' di politica ne sappiamo. Non come vorreste voi, ma questa è un'altra storia. La partita si gioca sul terreno dello Spirito. Se manca, allora tutto il resto crollerà. E certo non si incontra facilmente nel mercato.

D: Nella tua ultima lettera a Ellacuría parli della Conferenza dell'episcopato latinoamericano ad Aparecida. Cosa è lecito sperare?

R: Ho letto che i vescovi eletti per la Conferenza sono dei moderati, non molto noti come simpatizzanti di Medellín. E ho sentito che un gruppo di teologi si riunirà con alcuni vescovi per offrire il proprio contributo. Ma è chiaro che sarà il discorso di Benedetto XVI a giocare un ruolo decisivo. La speranza, però, è qualcosa di diverso dalle aspettative; nasce da altro. Quando è apparso il documento preparatorio - un documento molto povero - sono andato in una comunità di Sansonate a parlarne. Ed è stata una cosa buona che la gente si sia riunita a pensare, a parlare, ad esprimere la propria visione della Chiesa e del mondo e che poi abbia mandato tutto questo alla Conferenza episcopale. È stata l'occasione perché le persone si riunissero. Ed è stata una buona cosa.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.