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LA CHIESA CATTOLICA, TRA SPIRITUALISMO E TEMPORALISMO. INTERVISTA A RANIERO LA VALLE

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 09/06/2007

33916. ROMA-ADISTA. È una Chiesa divisa tra tensioni temporaliste e fughe spiritualiste quella che Raniero La Valle - giornalista e scrittore, già parlamentare della Sinistra Indipendente - vede delinearsi all’alba del terzo anno di pontificato di Benedetto XVI. Se da più parti si avverte l’esigenza di un cambiamento di linea rispetto alla pesante ingerenza politica attuata negli ultimi anni, lo spiritualismo non può però rappresentare “la giusta risposta al temporalismo”. La Chiesa infatti – sostiene La Valle in questa intervista rilasciata ad Adista – non può disinteressarsi della politica “intesa come organizzazione della vita collettiva, come organizzazione delle speranze del mondo, come salvezza della terra”. (emilio carnevali) D: Quando è stato eletto Joseph Ratzinger, lei è stato uno dei pochi esponenti del cattolicesimo democratico a manifestare una grande apertura di credito nei confronti del nuovo pontefice. Sul quotidiano Liberazione scriveva: “chi non ha bisogno di dimostrare di essere ortodosso può avere più forza di un pavido innovatore”; l’articolo si intitolava “Ma io vi dico: dobbiamo sperare in Ratzinger”. Dopo due anni, cosa ne è di quelle speranze?R: Credo che il pontificato sia giunto a una posizione di stallo. Da un lato Benedetto XVI ha certamente introdotto delle novità significative, a cominciare dall’enciclica Deus Caritas est, che è molto bella perché dice una cosa essenziale, cioè che ‘Dio è amore’. Mi pare inoltre che Benedetto XVI faccia degli sforzi per introdurre nella koinè cristiana degli elementi di forte radicamento nel Vangelo. Nello stesso tempo, però, lo ‘stallo’ è dato dal fatto che Ratzinger sembra non aver ancora preso coscienza di essere papa. È ancora molto condizionato dalla Chiesa che ha trovato. Anche nella Chiesa italiana, per quanto sia cambiato il presidente della Cei, per quanto il segretario di Stato abbia mandato una lettera in cui chiede ai vescovi italiani di cambiare registro e di occuparsi meno degli affari temporali e più dell’evangelizzazione, non sembra che la situazione sia mutata. Dunque credo che questo sia un papa che ancora deve ‘liberarsi’. Cosa succederà una volta che si sarà liberato, certamente non posso prevederlo. Vedo però un rischio, e cioè che lui tenti di contrapporre ad una Chiesa ancora fortemente permeata di temporalismo una sorta di ‘spiritualismo’. D: Cosa intende per ‘spiritualismo’?R: L’illusione che ci si possa contrapporre alle ingerenze politiche, alla collusione con il potere, attraverso una fuga nel devozionismo e in una Chiesa “altra dal mondo”, prospettiva che fa breccia anche in un certo cristianesimo progressista. Tuttavia io non credo che lo spiritualismo rappresenti la giusta risposta al temporalismo. La Chiesa è una Chiesa incarnata: certamente non deve fare una cattiva politica, non deve cercare il potere, non deve imporre le proprie visioni alla comunità laica ed alla comunità politica, ma non può nemmeno venir meno alla propria missione, diventare una Chiesa ‘disincarnata’ mettendosi al di sopra del mondo ed impartendo dall’alto lezioni e messaggi che ben poco hanno a che fare con la trasmissione della fede. Messaggi il cui contenuto è interamente ricondotto ad una idea di “natura” così come essa è proposta dalla cultura moderna e come viene metabolizzata dalla Chiesa stessa. Ma per quale ragione io dovrei seguire la Chiesa dell’embrione? Io seguo la Chiesa dell’uomo, la Chiesa che riesce a parlare all’uomo ed a capire l’uomo nel disegno di Dio. Come può interessare una Chiesa che disquisisce sul momento preciso in cui comincia la vita e lo deve andare a chiedere ai biologi, agli scienziati e agli uomini delle provette?Inoltre, penso che una Chiesa spiritualista sia pienamente compatibile con ogni tipo di reazione e di conservazione nel mondo. Anzi, gli istinti repressivi e le politiche di guerra hanno precisamente bisogno di un ornamento, di un fiore che decori la catena, come diceva Marx. Si può essere spiritualisti e non avere alcuna idea di ciò che occorra oggi alla salvezza del mondo, alla salvezza della storia. La Chiesa non può tenere questo atteggiamento. Quando ad esempio, nei decenni scorsi, l’Azione cattolica tentò di reagire al collateralismo con la Democrazia cristiana, e quindi ad una commistione ormai insopportabile col potere politico, attraverso la cosiddetta “scelta religiosa”, a me sembrò una scelta incongrua. Cosa significa che l’Azione cattolica fa una scelta religiosa? E che altro dovrebbe fare? La scelta religiosa non può essere intesa come alternativa, come antitetica all’impegno temporale, all’impegno anche politico, perché la politica riguarda tutti, riguarda pure la Chiesa. Una cosa sono il potere, i partiti, le istituzioni nelle quali la Chiesa non deve evidentemente coinvolgersi; un’altra è la politica intesa come organizzazione della vita collettiva, come organizzazione delle speranze del mondo, come salvezza della Terra. Dicono per esempio gli scienziati che entro 50 anni dovremo andare a cercarci un altro pianeta, perché questo sarà travolto dalla crisi ecologica. Ebbene, io credo che questo sia un problema politico, ed è un problema politico anche per la Chiesa. Chi altro se ne dovrebbe occupare se non la Chiesa, che dovrebbe essere la testimone e la custode della creazione? D: Entro un quadro così descritto, quali speranze ci sono perché la Chiesa torni ad esercitare un ruolo profetico?Le speranze vengono dal riconoscere ciò che la Chiesa essenzialmente è, vengono da quella che è la sua natura, la sua fondazione misteriosa e divina. D’altronde, storicamente abbiamo delle prove che la Chiesa può cambiare, così come è stata capace di un profondo rinnovamento in molti momenti del passato ed anche nella stessa esperienza della nostra generazione. Abbiamo avuto l’esperienza del Concilio: chi avrebbe potuto mai immaginare, solamente un anno prima del Concilio, quello che sarebbe successo? Uscivamo dalla Chiesa di Pio XII, che era messa molto peggio di quella di ora: era scomparsa la Bibbia, non si frequentava la parola di Dio, le liturgie erano ridotte a riti incomunicabili, si organizzavano le marce dei baschi verdi contro la Democrazia cristiana di De Gasperi, la responsabilità della coscienza personale era negata, i “fratelli separati” erano solo degli eretici e scismatici. Insomma, nessuno poteva immaginare tutto ciò che è venuto dopo. Se oggi non dovessimo pensare che la Chiesa ha in sé la grazia, l’energia, la forza e anche il carisma storico per potere essere un segno di salvezza per il mondo, uno strumento di unità del genere umano e di comunicazione tra Dio e l’uomo, allora non staremmo nemmeno qui a parlarne. D: Oltre all’enciclica cui ha fatto cenno, molto dibattito ha suscitato il recente libro del papa su Gesù. Qual è il suo giudizio?R: Non posso dare un giudizio sul contenuto del libro perché sto facendo un altro lavoro e lo leggerò presto quando avrò il tempo sufficiente per poterlo fare con la giusta attenzione che merita. Una cosa però mi ha impressionato nella presentazione di questo libro: Ratzinger ha detto che non si tratta di un’opera di magistero. Un papa che parla di Gesù di Nazaret non fa atto di magistero? E in che cos’altro deve esercitare il suo magistero? Certamente Ratzinger è un teologo, e come teologo non può pretendere di imporre delle soluzioni di carattere esegetico e storico. Ma se fa un libro su Gesù di Nazaret lui annuncia il messaggio di Gesù; non per altro Pietro è stato costituito come fondamento della Chiesa: perché alla domanda di Gesù è stato l’unico che ha risposto “tu sei il figlio di Dio, tu sei il Messia”. Quindi il compito di Pietro è proprio quello di dire chi è Gesù per gli uomini, non può dire che lo fa ma senza farne oggetto di magistero. Che poi non sia un magistero infallibile, è evidente che non lo è, ma questo è ovviamente un altro discorso. Ma il papa e i vescovi e i preti e perfino i cristiani non ordinati non devono fare altro che dire e ridire chi è Gesù di Nazaret, e in che modo entra in rapporto e in comunione con gli uomini. D: Il Family Day ha diviso la maggioranza di centrosinistra. Da una parte chi ha appoggiato l’iniziativa promossa dalle associazioni cattoliche, dall’altra chi l’ha contestata, partecipando alla contro-manifestazione di Piazza Navona in nome del “coraggio laico”. È una frattura che potrà essere ricomposta o la crescente politicizzazione della Cei non potrà che ispirare una reazione uguale e contraria?R: Bisognerebbe distinguere due differenti aspetti della questione. In primo luogo, credo che la sinistra abbia fatto un errore. All’opinione pubblica si è data l’idea che si volesse procedere ad una equiparazione di principio tra le convivenze eterosessuali e quelle omosessuali. Questa è una cosa che probabilmente appartiene al futuro, ad uno stadio maturo dell’evoluzione antropologica ed etica della società. Ma qui si smuovono archetipi e culture che sono antiche di migliaia di anni. Non si può pretendere di concentrare tutto il processo nei 45 giorni di una campagna elettorale o nei pochi mesi di una iniziativa legislativa, se il problema politico condizionante è quello di procedere accrescendo, e non perdendo i consensi. Non ci sono corto circuiti tra i rinnovamenti culturali e morali di lungo periodo e l’urgenza dei processi politici, soprattutto quando abbiamo riformato il sistema politico così da renderlo barbaricamente legato al conflitto bipolare e alla lotta all’ultimo sangue per il potere. La sinistra deve assolutamente governare in Italia in alternativa alla destra, perché la destra italiana è una delle peggiori del mondo in regimi che restino democratici. Una volta la sinistra sapeva cos’era l’egemonia, ora non sa più nemmeno che cos’è il rapporto con l’opinione pubblica, per non parlare della propaganda; non può fare errori di comunicazione. Su questi temi ancora immaturi Kerry ha perso le elezioni negli Usa, e la conseguenza è che ci siamo dovuti prendere altri quattro anni di Bush, con tutte le tragiche conseguenze che ciò ha avuto per la vita di milioni di persone e per le sorti del mondo.

Detto questo, c’è il problema dell’alleanza che si è stabilita tra la Chiesa cattolica italiana e la destra. In verità sono stati i leader politici della destra a forzare quella piazza con la loro presenza in modo da annettersela, però la Chiesa gliene ha dato l’occasione. La Chiesa non dovrebbe permettere di farsi utilizzare da questa destra, perché ciò davvero le farebbe perdere la sua identità spirituale, e il senso stesso della sua presenza nella società. Una presa di distanza dalla cultura e dalla politica della destra italiana è quindi per la Chiesa una questione vitale. (e. c.)

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