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IL MONDO HA SETE DI PACE

Tratto da: Adista Documenti n° 52 del 14/07/2007

A nome di tutta la provincia, desideriamo farvi sapere qual è la nostra realtà al momento attuale. I nostri popoli e le nostre città sono sottoposti ad una psicosi di guerra. Il nostro popolo constata che apparentemente ci sono tutti gli elementi per una nuova guerra nel Sud Kivu.
Vi è un movimento di infiltrazione sistematica di massa dal Rwanda, attraverso i punti frontalieri di Rivière Ruzizi, Uvira, Nyangezi, Kaza-Roho, a Cahi Bukavu. Come prova di questo, il governatore della Provincia ha mostrato alla stampa, il 26 maggio 2007, un individuo burundese impegnato nel reclutamento e nella preparazione di una nuova guerra.
Il dislocamento militare riproduce lo stesso schema che è prevalso proprio prima dello scatenamento della guerra da parte della Rassemblement Congolais pour la Démocratie (Rcd) nel 1998. In effetti, l’undicesima brigata nella circoscrizione giudiziaria di Walunga, dove si sono verificati i massacri di Kaniola, la quattordicesima brigata un po’ più a nord e la terza brigata nella città di Bukavu sono tutte guidate da ufficiali dell’ex movimento politico-militare della Rcd-Goma. Persino il comandante in seconda della decima regione militare, incaricata delle operazioni, è un ex membro della Rcd-Goma. È un caso? O piuttosto uno stratagemma militare?
- Nei mezzi di comunicazione ritorna la campagna mediatica del presunto odio etnico.
- La macabra carneficina di Kaniola a Walungu, nella notte tra il 26 e il 27 maggio 2007, ricorda quella di Lemera nel territorio di Uvira prima degli attacchi decisivi della guerra della Afdl (Alleanza delle forze democratiche per la liberazione del Congo, capeggiata da Laurent‑Désiré Kabila, che il 18 ottobre attacca la città di Uvira, sul lago Tanganica, nell’est del Paese: è l’inizio della ribellione anti‑Mobutu, ndt). Il livello di crudeltà all’arma bianca è contrario alla nostra cultura e ricorda le carneficine di Kasiks e di Makobola.
- Il massacro di Kaniola è stato perpetrato praticamente davanti al maggiore dell’esercito regolare, accanto al comandante della undicesima brigata militare. Le grida della popolazione non gli hanno impedito di dormire mentre tali carneficine avvenivano non lontano dal luogo in cui si trovava.
- Come nel 1996, il nostro esercito regolare, in piena ristrutturazione, è incapace di difendere la popolazione.
- Come nel 1996, i banyamulenge (in maggior parte ruandesi di origine tutsi residenti nella regione orientale della RD Congo, che scatenarono il 30 ottobre 1996 la guerra a Bukavu, quando venne ucciso l’arcivescovo mons. Christophe Munzihirwa, ndt) vengono strumentalizzati per provocare la guerra; secondo testimoni, si mandano donne e bambini nei paesi vicini e si lasciano soli gli uomini negli altipiani del Sud Kivu.


Restano in sospeso alcune domande:
- Che cosa significa il silenzio delle istituzioni della Repubblica, cioè il capo dello Stato, il Parlamento, il Governo centrale, e l’alto comando militare di fronte ai ripetuti massacri a Kaniola? Altrove, la cattura di ostaggi, anche qualora si tratti di una sola persona, mobilita l’apparato dello Stato del Paese di appartenenza. Il Governo della Repubblica Democratica del Congo, di fronte alla minaccia di una nuova guerra e mentre si compiono massacri della popolazione civile, invece di affrontare il vero problema, che è di sicurezza e di ordine militare, ci propone la tavola rotonda “intercomunitaria”. Complicità o ignoranza?
- Il processo di gestione e di “commistione” negoziato nei Paesi vicini: a che fine e che risultato ha prodotto per la sicurezza della popolazione civile? Esistono accordi o contratti politico-militari dei nostri governi con i nostri aggressori?
- Come nelle precedenti guerre del 1996, 1998 e 2004, hanno inviato militari al fronte senza logistica né alimenti sufficienti. Lo fanno perché abbiano fame e si scoraggino o semplicemente per consegnarli al nemico?
- Gli Interhamwe, i Rasta e i Fdlr (milizie hutu ruandesi, ndt), responsabili dei massacri, parlano in primo luogo in kinyarwanda (lingua nazionale del Rwanda, ndt). Sono stati trascinati fino all’Est della Repubblica Democratica del Congo dalla Comunità internazionale dopo il genocidio rwandese. A quando il rimpatrio di queste persone trasformate in terroristi nel territorio di accoglienza? È questo il modo di ricompensare il popolo congolese dell’Est per la sua ospitalità?


Queste sono le nostre raccomandazioni:
- Che il nostro capo di Stato votato a grande maggioranza in questa provincia si responsabilizzi e invii truppe scelte che si oppongano all’imminente guerra nel Nord e nel Sud Kivu prima che sia troppo tardi.
- Che il governo abbandoni qualsiasi altra materia e consideri il problema della sicurezza nell’Est come prioritario e che smetta di deviare l’attenzione con piani di negoziazione, di dialogo, di tavola rotonda che non porterebbero a nulla. Lo sappiamo per esperienza.
- Che gli eletti dal popolo si mobilitino maggiormente per la vera sicurezza della popolazione.
- Che la comunità internazionale fortemente rappresentata in questa Regione non dica che non sapeva. La prenderemo a testimone.
- Che la Monuc (Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo, ndt), rinfrancata dall’ul-tima decisione dell’Onu che prolunga il suo mandato fino al dicembre del 2007, non eluda il suo compito e soprattutto non venga a patti con il nemico e che si impegni a favore della protezione della popolazione civile, in conformità al suo nuovo mandato.
- Che la popolazione dell’Est della Repubblica Democratica del Congo, che non ha mai tradito, apra bene gli occhi come in passato. Il nemico è ancora lì.
Siamo vicini naturali dei ruandesi, dei burundesi e degli ugandesi. Siamo obbligati a vivere vicini, in questa sub-regione che Dio ci ha affidato generosamente: viviamo il meglio possibile, in pace e concordia, e non in guerra perpetua. A cosa ci servirebbero nuove guerre, visto che non farebbero altro che impoverire i nostri popoli e creare inutili inimicizie? “Beati i costruttori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). “Mai più, mai più la guerra, il mondo ha sete di pace!”.
Vi chiedo di essere la voce di questi senza-voce che ogni giorno muoiono nei nostri villaggi. Le nostre più sentite condoglianze alle famiglie colpite. Che i nostri fratelli e sorelle che sono morti a Kaniola riposino in pace.
Bukavu, 28 maggio 2007
Mons François-Xavier MAROY RUSENGO,
Arcivescovo di Bukavu

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