DAVIDE BATTE GOLIA. IN SVIZZERA, UNA PICCOLA PARROCCHIA HA LA MEGLIO SUL VESCOVO DI BASILEA
Tratto da: Adista Notizie n° 63 del 22/09/2007
34042. BASILEA-ADISTA. Nel braccio di ferro che contrappone da ormai più di due anni la parrocchia svizzera di Röschenz (cantone di Basilea-Campagna) al proprio vescovo, mons. Kurt Koch (che dalla fine del 2006 è anche il presidente del Ces, l’Assemblea dei vescovi elvetici), la piccola comunità ecclesiale segna un altro punto a proprio favore, grazie ad una sentenza del tribunale cantonale che è destinata ad avere ripercussioni.
Fin dall’ottobre 2005 mons. Koch aveva revocato al parroco di Röschenz, Franz Sabo, la missio canonica e fatto deliberare al Sinodo cantonale (7 giugno 2006) il licenziamento in tronco del prete. Nonostante ciò, a Röschenz non solo la comunità si era schierata compatta con il parroco rimosso, ma era giunta persino ad impugnare la decisione del Sinodo di fronte al tribunale (v. Adista n. 59/07). E, il 5 settembre scorso, i giudici hanno dato ragione ai parrocchiani di Röschenz, restituendo alla comunità, almeno momentaneamente, il suo parroco. Secondo la sentenza del tribunale, infatti, la procedura di licenziamento seguita dal Sinodo non può essere considerata valida sotto il profilo giuridico. Ossia, il Sinodo, che rappresenta l’autorità della Chiesa di Basilea-Campagna, ha effettivamente il diritto di vigilare sulle parrocchie all’interno del territorio di sua competenza, e anche quello di rimuovere un parroco dal suo incarico, laddove ne ravveda la necessità. Ma nel caso del licenziamento di Sabo, affermano i giudici, le autorità ecclesiastiche locali non hanno motivato sufficientemente la loro decisione e non hanno garantito a Sabo il diritto di difendersi nelle sedi appropriate dalle accuse. Nessuna intromissione dell’autorità civile nella sfera religiosa, precisano però i giudici: l'autorità ecclesiastica ha tutta la facoltà di concedere o ritirare a sua completa discrezione la missio canonica ad un prete, perché la missio canonica ha carattere esclusivamente pastorale e religioso. Ma il licenziamento di un prete, che ricade invece nella sfera del diritto del lavoro, deve seguire regole precise. Che – secondo il tribunale – in questo caso non sono state rispettate. La rescissione unilaterale del contratto di lavoro di Sabo non è quindi valida. E il prete dovrà ora essere reintegrato nel suo ruolo di amministratore parrocchiale
Bisognerà vedere ora se la Chiesa di Basilea-Campagna deciderà di intraprendere nuovamente la procedura di licenziamento, questa volta rispettando i rilievi fatti dal tribunale, oppure se preferirà tener conto del sostegno che – in modo compatto – la comunità di Röschenz ha sinora garantito a Sabo, al punto di portare nelle aule giudiziarie lo scontro frontale con il vescovo. In ogni caso, la sentenza della corte cantonale svizzera dà indubbiamente forza alle ragioni degli organi di autogoverno delle comunità parrocchiali svizzere. Inoltre, dal momento che la Chiesa elvetica è da anni caratterizzata da una forte insofferenza nei confronti delle autorità romane, che hanno difficoltà a controllare e reprimere fermenti e a censurare “deviazioni” dottrinarie o disciplinari, la sentenza può costituire per il movimento ecclesiale di base un precedente importante.
Sabo a Röschenz ci era arrivato nel 1998. Da allora, in più occasioni aveva contestato l’autoritarismo del vescovo e criticato il magistero ecclesiastico su temi come il matrimonio, il celibato ecclesiastico e l’omosessualità. Fino alla rottura definitiva con il vescovo, nell’ottobre 2005. In Svizzera, dove si dichiara cattolico circa il 42% della popolazione, il caso di Sabo è divenuto emblematico del rapporto tra comunità locali e vertici ecclesiastici, tanto che lo stesso mons. Koch, in un'intervista alla Nzz am Sonntag (novembre 2005), non aveva lesinato critiche ai media, accusandoli di aver informato in modo parziale e di aver gonfiato la vicenda, da lui considerata solo un’“occasione per attaccare un'altra volta la Chiesa cattolica”. (valerio gigante)
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