"LE CRITICHE AL MIO LIBRO, SEGNO DELLA DEBOLEZZA DELLA CHIESA": INTERVISTA AL TEOLOGO VITO MANCUSO
Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 23/02/2008
34289. ROMA-ADISTA. Lo aveva già scritto il card. Martini nella lettera che introduce il volume: "Il tuo libro incontrerà opposizioni e critiche". Ma forse nemmeno l’arcivescovo emerito di Milano poteva prevedere la durezza dei toni che sta infiammando la polemica attorno a L’anima e il suo destino, l’ultimo saggio di Vito Mancuso (vedi Adista n. 1/08), che in pochi mesi è arrivato alla settima edizione e ha già venduto più di 80 mila copie: un vero e proprio caso letterario.Sul numero datato 2 febbraio 2008 de La Civiltà Cattolica, il gesuita Corrado Marucci ha scritto a proposito del libro di Mancuso: "Se per teologia si intende la riflessione dell’intelletto umano illuminato dalla fede sulla Sacra Scrittura e sulle definizioni della Chiesa, allora il nostro giudizio complessivo su questa opera non può che essere negativo. L’assenza quasi totale di una teologia biblica e della recente letteratura teologica non italiana, oltre all’assunzione più o meno esplicita di numerose premesse filosoficamente erronee o perlomeno fantasiose, conduce l’Autore a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica". Anche mons. Bruno Forte, dalle colonne dell’Osservatore Romano (2/2), non è stato tenero con Mancuso: L’anima e il suo destino, ha scritto il vescovo di Chieti, "ha suscitato in me un senso di profondo disagio e alcune forti obiezioni". Secondo mons. Forte l’insieme delle tesi di Mancuso "si rifà a un’opzione profonda, che emerge da molte delle pagine del libro: quella che non esiterei a definire una ‘gnosi’ di ritorno, presentata nella forma di un linguaggio rassicurante e consolatorio, da cui molti oggi si sentono attratti".Mancuso ha affidato la sua replica ad un articolo pubblicato sul Foglio di Giuliano Ferrara (10/2), quotidiano di cui recentemente è diventato collaboratore: "La vera teologia non nasce a tavolino, in Vaticano o nella redazione della Civiltà Cattolica; la vera teologia presuppone l’anima colma di Dio e di amore per il mondo. Per questo senza amare il proprio tempo non si pensa e non si scrive nulla che tocca davvero gli uomini". Ma il magistero e la teologia - ha aggiunto Mancuso - "non riescono più a comunicare al cuore del mondo a causa della loro superata visione dell’essere, con la conseguenza che ciò che trasmettono è per lo più solo una serie di edificanti storie lontane e di precetti etici quasi sempre sotto forma di no". Di seguito un’intervista di Adista a Vito Mancuso. (emilio carnevali)Professore, il suo libro sta facendo molto discutere, anche a causa del grande successo editoriale che ha registrato. Negli ultimi giorni lei ha ricevuto attacchi estremamente duri da parte di voci autorevoli del mondo cattolico, attacchi che in alcuni passaggi hanno addirittura sfiorato i toni dell’invettiva sprezzante. Si aspettava una reazione così accesa?Nessuno realisticamente poteva prevedere un successo editoriale di tali proporzioni. Da cinque mesi il libro si trova costantemente tra i più venduti della saggistica, le recensioni e gli articoli non si contano, in casa editrice si stanno vagliando le richieste di traduzioni in altre lingue. Ritengo che la durezza degli attacchi sia direttamente legata a questo fenomeno, a un libro di teologia che viene letto ben al di là dei consueti pochi addetti ai lavori. Senza questo successo, il libro non sarebbe stato neppure preso in considerazione dalle "voci autorevoli del mondo cattolico" di cui lei parla. Il silenzio di solito è la migliore stroncatura. A seguito della forza delle cose però hanno dovuto intervenire. Quanto ai toni duri e talora sprezzanti, si tratta di un chiaro indice di debolezza. Del mio libro non si discutono le argomentazioni in sé, né tanto meno si affrontano gli interrogativi che pone: lo si presenta a priori come metodologicamente infondato.Partiamo allora dalle questioni di metodo. L’accusa che padre Marucci le muove su "La Civiltà Cattolica" è quella di "razionalismo", ovvero di utilizzare le scienze fisico-biologiche per discettare "di realtà di cui non si ha alcuna percezione sensibile o decisamente soprannaturali". Marucci le rimprovera inoltre "l’assenza quasi totale di una teologia biblica e della recente letteratura teologica non italiana". Come risponde a queste critiche?Il nostro mondo soffre del dualismo del sapere, in base al quale tra ciò che dice la scienza e ciò che dice la teologia non vi è nessuna comunicazione. Il risultato è lo statuto della doppia verità. Noi credenti viviamo spesso in un mondo mentale della doppia verità. Un principio però si impone a chiunque voglia pensare onestamente: la verità non può che essere una e una sola. Il mondo è unico, e ciò che di esso dice la teologia non può essere in contrasto con ciò che di esso dice la scienza. Una verità rivelata non può essere in contrasto con una verità di ragione, dice Tommaso d’Aquino con chiarezza estrema, fondando su questa base epistemologica tutta la sua impresa volta a introdurre la scienza del tempo (Aristotele) alla base della teologia. Io mi pongo in continuità con questa impostazione, ovviamente aggiornando la visione scientifica del mondo del XIII secolo con quella dei nostri giorni. Questo non è razionalismo, questa è teologia razionale, ovvero la peculiarità più tipica della teologia cattolica, il cui respiro metafisico si chiama analogia entis. Quanto all’assenza di teologia biblica e di teologia contemporanea, dipende che cosa si intende. Temo che padre Marucci abbia letto il mio libro ricercando in esso la classica impostazione dei libri di teologia dei nostri giorni, divisi in parte biblica, parte storica e parte sistematica e, non ritrovando in esso i primi due momenti, sia giunto alle conclusioni da lei citate. Ma per la Bibbia semmai è vero il contrario, che cioè la lotta contro il dualismo corpo-anima che contraddistingue la mia tesi è esattamente ciò che la visione antropologica della Bibbia a sua volta sostiene. La mia tesi antropologica unitaria è molto più biblica dell’impostazione dogmatica tradizionale permeata di dualismo. Il cuore della sua riflessione è infatti costituto dall’as-sunto che "il soffio vitale è già da sempre contenuto nella polvere della materia", un soffio vitale che da una parte produce una visione unitaria del cosmo secondo l’equazione materia=energia, dall’altra articola diversi livelli di complessità ontologica dall’"esserino di otto cellule" senza sistema nervoso all’individuo adulto. Quali conseguenze produce quest’ultimo aspetto sulle tanto dibattute questioni bioetiche? Padre Marucci ha parlato di "gravi conseguenze etiche" a proposito del fatto che lei, ad esempio, non riconosce la presenza dell’anima razionale-spirituale in persone colpite da una grave malattia o senilità acuta…L’unica conseguenza prodotta dalla mia impostazione a livello bioetico non può che essere il rispetto assoluto verso ogni forma di vita, non solo embrioni umani, ma anche piante e animali. Tutto ciò che vive ha un’anima (per quanto il fenomeno che chiamiamo "anima" si differenzi nei suoi cinque livelli ontologici, dal livello vegetale a quello dello spirito di santità) e tutto ciò che vive va rispettato. C’è una profonda comunione ontologica che unisce tutte le cose. Quanto al fatto di riconoscere che in un esserino di otto cellule non ci sia ancora l’anima razionale, e che in una persona colpita da grave malattia invalidante (per esempio Eluana Englaro) l’anima razionale non ci sia più, ciò non significa assolutamente mancare di rispetto e aprire a manipolazioni. Significa servire la verità dell’esperienza e chiamare le cose col loro nome.In un recente articolo sul "Foglio" (10/2) lei ha parlato di "frattura tra Chiesa e mondo": la Chiesa non sarebbe più in grado di parlare agli uomini di oggi e questo, in primo luogo, per l’incapacità dell’impianto dogmatico del cristianesimo di apparire credibile alla cultura contemporanea, di dialogare con essa tramite strumenti adeguati. Il Vaticano II si poneva l’obiettivo di ripensare il rapporto della Chiesa con il mondo: non crede che i limiti della cultura teologica di oggi derivino proprio dalla chiusura della prospettiva conciliare decretata negli ultimi decenni dai vertici della Chiesa?Penso che la vera ragione della frattura tra Chiesa e mondo sia la mancanza di una filosofia a cui agganciare l’annuncio cristiano. La Chiesa ha sempre avuto un impianto filosofico dentro cui l’annuncio appariva logico e fondato. È una caratteristica intrinseca del cattolicesimo questo bisogno di filosofia. La vera radice della crisi del rapporto tra cristianesimo e mondo moderno è l’assenza di un terreno comune, appunto di una filosofia. Il Vaticano II ha aperto il confronto col mondo, e, pur con tutte le chiusure, si tratta di una strada che ormai si impone. Però la partita si gioca molto più in profondità rispetto al livello ecclesiologico: è in gioco una complessiva ritrascrizione della visione del mondo, ovvero, per essere ancora più preciso, dei rapporti tra Dio e il mondo. È il motivo per cui io parlo di "rifondazione della fede". Nel suo articolo sull’"Osservatore Romano" mons. Forte individua una forte discontinuità nell’evoluzione della sua riflessione, soprattutto rispetto alla sua opera su "Hegel teologo", nella quale aveva criticato l’otti-mismo intrinseco alla visione idealistica della storia. Ora, secondo Forte, lei finisce per rinnegare il male radicale ed il peccato originale, abbracciando così quel paradigma di pensiero che in passato aveva criticato e finendo per risolvere la salvezza in un "tranquillo esercizio di vita morale". È d’accordo nell’indi-viduare questo elemento di discontinuità fra l’"Hegel teologo" e L’"Anima e il suo destino"? Negare il peccato originale in quanto "peccato" (io propongo di chiamarlo piuttosto "caos originale") non significa in nessun modo negare la realtà del male. Bruno Forte scrive che io vanifico "il dramma del male e la potenza del peccato", e per sostenere la sua tesi si rifà a un brano di Kant da "La religione entro i limiti della sola ragione". L’argo-mentazione però non tiene, perché un conto è il male che l’uomo può compiere (tesi da me sempre sostenuta con forza), un altro conto è la riconduzione di tale male al peccato originale presente nell’uomo come eredità. Tale rigorosa distinzione tra realtà del male e sua causa nel peccato originale è praticata dallo stesso Kant, proprio nell’opera citata da Forte. Scrive il grande pensatore tedesco: "Comunque possa essere l’origine del male morale nell’uomo, è certo che fra tutte le maniere di rappresentare la diffusione del male e la sua propagazione in mezzo a tutti i membri della nostra razza e a tutte le generazioni, la più sconveniente è quella di rappresentarci il male come una cosa che ci viene per eredità dai nostri primi genitori". Non è lecito quindi citare Kant contro di me, sono piuttosto io ad avere Kant dalla mia parte contro tutti coloro che sostengono la tesi del peccato originale in quanto "peccato", cioè come stato di inimicizia con Dio sotto cui si trova ogni bambino che viene al mondo.Penso poi che chiunque abbia letto le mie pagine possa vedere da sé quanto la mia proposta sia distante dal ridurre tutto a "tranquillo esercizio di vita morale". L’esercizio della vita morale è l’impresa più alta di un essere umano, e non è mai qualcosa di "tranquillo". Contiene dramma, lotta, agonia, anzitutto contro se stessi. E non se ne esce senza l’aiuto della grazia, che io individuo nell’energia suscitata in noi dall’attrazione esercitata all’interno della nostra coscienza dall’idea sussistente della giustizia e del bene, cioè, per dire la stessa cosa nei consueti termini religiosi, da Dio. Quanto all’evoluzione del mio pensiero, sono io stesso a parlarne all’inizio del mio libro. Qui posso solo dire che non vedo nulla di male nel fatto che un pensiero si evolva, al contrario. Il criterio decisivo non è la coerenza interna, quanto la sempre maggiore vicinanza alla verità della vita. (e. c.)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!