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CANONI COME CANNONI: IN UNA PARROCCHIA ROMANA, DIVORZIATI E SEPARATI NON POSSONO FARE I PADRINI DI CRESIMA

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 23/02/2008

34292. ROMA-ADISTA. Divorziati, conviventi, separati, attenti. La vostra condizione di oggettivo "peccato" può compromettere la validità dei sacramenti dei vostri "figliocci", nel caso siate stati scelti come padrini e madrine di battesimo o cresima. Di più: la stessa situazione di pericolo la creano anche coloro che, pure sposati canonicamente, stiano anche solo pensando alla possibilità di separarsi perché ritengono la loro unione in crisi. L’incredibile messaggio arriva da una parrocchia romana, la chiesa della Sacra Famiglia al Portuense; una parrocchia, per la verità, finita già un paio di anni fa nell’occhio del ciclone, quando - nel corso della campagna promossa nel 2005 dal Comitato Scienza&Vita per boicottare i referendum che intendevano abolire alcuni articoli della Legge 40 sulla fecondazione assistita - all’interno della chiesa furono distribuiti volantini che facevano esplicita propaganda elettorale a favore dell’astensione.Ora alla Sacra Famiglia, affidata alle cure pastorali della Congregazione della Sacra Famiglia di Bergamo, torna a divampare la polemica a causa, stavolta, di alcune frasi pronunciate dal responsabile della pastorale giovanile, padre Martino Panseri durante l’incontro del 30 gennaio con i genitori di un gruppo di cresimandi che riceveranno il sacramento della Confermazione il prossimo 18 maggio. Panseri avrebbe detto che un separato - così scrivono in una lettera al parroco, p. Alberto Filippi, alcuni dei presenti all’incontro di catechesi - non importa se ha causato o subito la rottura del proprio legame matrimoniale (o stia anche solo pensando di separarsi in futuro) non può essere padrino o madrina in quanto renderebbe invalido il sacramento impartito al figlioccio o alla figlioccia. Identico discorso per i divorziati, i divorziati risposati o i conviventi. Addirittura, padre Martino si sarebbe spinto ad affermare che il sacramento - se invalidato dalla presenza di un padrino che non ha i requisiti indicati - può compromettere anche il futuro matrimonio.Il fatto ha suscitato la ferma reazione di diversi genitori, alcuni dei quali si trovano proprio in quella condizione di separati o di risposati duramente censurata da padre Martino. Una di loro, Claudia Belelli, ha indirizzato a p. Alberto Filippi, che guida la chiesa della Sacra Famiglia dal 1996, una lettera, che è stata sottoscritta anche da altre 4 persone presenti all’incontro del 30 gennaio: "Ci sono state dette cose sul sacramento della Confermazione e sui requisiti che deve avere il padrino o la madrina, confermate dal sacerdote stesso come legge della Chiesa, menzionando il Diritto Canonico, che non sono affatto vere", scrive la Belelli. Inoltre, aggiunge, altrettanto grave è stato "il modo poco accorto ed indelicato" con cui p. Martino si è rivolto a "noi genitori, che viviamo quotidianamente la difficile e dolorosa realtà della separazione. Prima di offendere la dignità delle persone", "sarebbe opportuno riflettere e ripensare come e cosa si dice a chi ascolta. Noi genitori ci siamo impegnati ad accompagnare i nostri figli nel cammino dell’iniziazione cristiana e non ci fa piacere essere apostrofati come quelli che potrebbero invalidare i sacramenti, perché separati!".Raggiunto telefonicamente da Adista, padre Martino Panseri ha però minimizzato l’episodio. Ha dichiarato che alcuni dei genitori presenti alla riunione hanno capito solo ciò che volevano capire dell’intervento da lui pronunciato il 30 gennaio. In particolare, padre Martino ha smentito di aver mai detto che il sacramento, in determinate condizioni, potesse essere nullo; si sarebbe limitato a dire che da un punto di vista morale sarebbe ingiusto impartire il sacramento nel caso in cui il padrino o la madrina siano divorziati, separati o in procinto di separarsi, perché lo stato oggettivo di peccato dei padrini o delle madrine avrebbe conseguenze sulla crescita spirituale e sulla vita di fede dei ragazzi. Padre Martino ha inoltre detto che nel formulare il suo discorso ai genitori dei cresimandi si è semplicemente attenuto alle 5 clausole previste dall’art. 874 del Codice di Diritto Canonico. Che non sembra però offrire il necessario supporto normativo alla sua tesi. L’articolo recita infatti: "Per essere ammesso all'incarico di padrino, è necessario che: 1) sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci [...]; 2) abbia compiuto i sedici anni […]; 3) sia cattolico, abbia già ricevuto la Confermazione, il santissimo sacramento dell'Eucaristia e conduca una vita conforme alla fede e all'incarico che assume; 4) non sia irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata; 5) non sia il padre o la madre del battezzando". (valerio gigante)

 

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