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I FILI DELLA VITA

Tratto da: Adista Contesti n° 66 del 27/09/2008

L’episcopato cattolico statunitense giudica i candidati alla presidenza solo in base alla loro posizione sull’aborto.

Questo articolo di Carol Marin è stato pubblicato sul quotidiano “Chicago Sun-Times” (10/9/2008). titolo originale: “Cardinal all but endorses McCain and Palin”

 

 

La Chiesa non appoggia nessun candidato alla presidenza”, ha detto il cardinale di Chicago Francis George in una lettera letta in tutte le chiese domenica 7 settembre.

Lo fa, invece.

Non direttamente, ma lo fa.

Anche se John F. Kennedy, il nostro primo ed unico presidente cattolico, nel 1960 promise che non avrebbe imposto la sua fede alla politica pubblica, George ha detto chiaro e tondo che Kennedy aveva “torto”.

Nel frattempo, la lettera del cardinale potrebbe anche essere intestata “John McCain-Sarah Palin” per conto dei repubblicani in questa gara presidenziale, visto che entrambi sono contrari all’aborto. Per la Palin, ciò vale anche nei casi di stupro o incesto.

Il messaggio in cinque paragrafi del cardinal George era completamente incentrato sull’aborto. Era una risposta ad un’affermazione fatta da Nancy Pelosi, portavoce del Parlamento, durante il programma “Meet the Press” il mese scorso.

Alla Pelosi, cattolica praticante, Tom Brokaw della NBC aveva chiesto: “Quando inizia la vita?”. La Pelosi, premettendo che i “dottori della Chiesa” sarebbero stati in disaccordo sulla risposta, ha proseguito difendendo il diritto della donna di scegliere.

Ne è seguita un’ondata di risposte offese da parte dei vescovi del Paese, compresa l’arcidiocesi di San Francisco cui appartiene la Pelosi, che citavano l’insegnamento della Chiesa risalente al primo secolo, che dichiara l’aborto “un crimine abominevole”.

Qui a Chicago, George è stato chiarissimo, condannando le attuali leggi e dicendo che “non si può essere favorevoli allo status quo legale sull’aborto e lavorare contemporaneamente per il bene comune”.

Sappiamo quali conseguenze avrà questo fatto per i senatori Barack Obama e Joe Biden. Dal momento che loro sono a favore dello status quo sull’aborto, il cardinale li avrebbe dunque cancellati dalla lista di coloro che “lavorano per il bene comune”.

Sia Obama che il suo collega cattolico Biden appoggiano la legge caposaldo “Roe vs. Wade” della Corte Suprema che legalizza l’aborto e si sono pubblicamente impegnati a conservarla. Difendono il diritto della donna di scegliere. Appoggiano anche i sempre più diffusi programmi di pianificazione familiare per evitare gravidanze indesiderate, riducendo così il numero degli aborti nel Paese. E considerano l’uso del preservativo come un modo per ridurre la diffusione dell’Hiv-Aids e di altre malattie sessualmente trasmissibili.

La Chiesa si oppone alla contraccezione artificiale così come all’aborto. L’amministrazione Bush, negli ultimi otto anni, ha fatto tutto il possibile per ridurre l’accesso alla contraccezione sia nel Paese che all’estero.

Perché l’aborto è diventato la prova del nove principale del cattolicesimo devoto? O della idoneità di un candidato? E perché il grembo di una donna è sempre e in primo luogo sede dello slogan delle guerre culturali?

Torno a leggere il testo di 12 pagine dei vescovi, pubblicato nel 2004, chiamato “Cittadinanza fedele: un appello cattolico alla responsabilità politica”.

È un documento lungo e ponderato.

“Affrontiamo le questioni fondamentali della vita e della morte, della guerra e della pace, di chi va avanti e di chi resta indietro”, si legge.

Amen.

La perdita della vita, la carneficina delle guerre in Afghanistan e Iraq, è una misura morale con la quale un cittadino di fede potrebbe giudicare McCain e Obama? Biden e Palin?

Quelli che si concentrano così tanto sui non nati, si dedicano alla stessa maniera ai nati? Alla sofferenza dei bambini e dei genitori malnutriti, con una bassa scolarizzazione, senza garanzie? Non sono forse anche queste questioni riguardanti la vita quelle su cui verificare quali candidati offrono un programma politico che ne soddisfi i requisiti e affronti le sofferenze di tante persone?

La giustizia razziale, l’uguaglianza di genere, la giustizia economica non sono forse temi legati alla vita? E non sono anche una misura corretta con la quale valutare l’idoneità del candidato?

Il cardinale Joseph Bernardin, negli ultimi tempi, parlò appassionatamente e profeticamente dell’indumento della vita, che non ha cuciture.

Ma, se non ricordo male, quell’indumento ha molti fili. n

 

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