PACE, COM’È DIFFICILE LA TUA STRADA!
- Venezia: Salone dell'editoria della Pace
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 93 del 20/12/2008
Rispetto alle centinaia si partecipanti degli anni passati, quest’anno a passi in pace, la manifestazione conclusiva dell’ottavo salone dell’editoria di pace (Venezia 5-8 dicembre), hanno partecipato non più di venti persone rigorosamente in fila indiana lungo un percorso che partiva da patronato dei Frari per ritornarvi, attraverso o il ponte degli Scalzi o quello della Costituzione: i due ponti recenti e recentissimi sul Canal Grande nella zona ‘nuova’ della stazione ferroviaria e di piazzale Roma. Consueto lo slogan: “non c’è una via per la pace, la pace è la via”; e nel volantino dato ai pochi passanti che mostravano segni di curiosità si ribadiva: “Per costruire pace occorrono menti calme, chiare ed accoglienti. Per costruire pace occorrono cuori aperti, non irrigiditi da odio e paura. La rabbia e la paura sono i nostri veri nemici.” Questa pretesa di una ventina di persone silenziose e concentrate, guidate nel passo da Franz Zampiero, monaco buddista di Conegliano, era singolarmente accentuata dalla nutrita presenza di poliziotti e carabinieri. E questa disparità tra percezioni, fondate intenzioni, e riscontri modesti ed opachi è stata del resto il filo conduttore di questa occasione di fare pace.
Giro di vite è la frase che è sembrato potesse riassumere il tramonto drammatico e all’apparenza imprevedibile della finanza ‘facile’ con il suoi adepti e schiavi e la straordinaria opportunità di essere costretti a cambiare, a mettere in pratica scelte come la decrescita. E questo singolare intreccio, per cui oggi si deve constatare che quanti avevano previsto gli esiti di queste forme di dominio del mercato sembrano ridotti al silenzio, sovrastati dal clamore degli stessi artefici della attuale gravissima crisi, esigerebbe capacità di proposta, di progetto in cui si potesse ritrovare e positivamente spendere tutto quell’immenso e variegato mondo che in questi ultimi decenni non ha cessato di lavorare per la salvezza dell’umanità. Ma è proprio da questo mondo che emerge l’esigenza di darsi il tempo, come suona il titolo di un saggio che è stato discusso a Venezia (Idee e pratiche per un’altra cooperazione internazionale di Mauro Cereghini e Michele Nardelli, EMI edizioni, 2008).
Va pure ricordato che quest’anno l’incontro veneziano ha avuto la collaborazione degli studenti dell’EIUC (European-Inter-University Center for Human Rigths Documentation) un master promosso da 41 università europee, dove si studiano in modo rigoroso i diritti umani. Il salone forse è servito per dire che lo studio è indispensabile, ma non preserva da quella situazione pervasiva - una nuova forma di globalizzazione - in cui gli umori diventano rancori e i rancori diventano progetto politico.
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