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IL CONCILIO E LO SPIRITO

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 6 del 17/01/2009

Il 25 gennaio è una data importante: cinquant’anni fa Papa Giovanni annunciava la convocazione di un nuovo Concilio ecumenico. Quell’evento impre-visto sprigionò una straordinaria energia di novità e di verità. La nostra fede e la nostra storia dipendono in gran parte da quella data. Noi ci auguriamo per-ciò che questo anniversario non si riduca ad un’autocelebrazione, ma sia l’occa-sione per un esame di coscienza personale e planetario.

Si stanno interrogando associazioni e gruppi spontanei, comunità, riviste, par-rocchie e famiglie. La ricchezza magari un po’ “disordinata” del Concilio è così grande che siamo ben lungi dall’averne esaurito la potenzialità. Lo spirito, i dibattiti e i documenti del Vaticano II hanno aperto la strada ad un rinnovamen-to evangelico della Chiesa cattolica tuttora incompiuto.

Sappiamo che non mancano le timidezze, le paure, gli arretramenti e qualche volta anche gli sbandamenti. In questo momento sembra prevalere il timore di pro-seguire il cammino verso una Chiesa che sia sempre più una comunità di fratelli gui-dati dalla Parola di Dio, che vivono da poveri e da servi per amore e con gioia.

Eppure sarebbe un grave errore fermarsi allo sconforto e al pessimismo. Non è vero che non si sia fatto nulla e tantomeno che non ci sia più nulla da fare! Sono avvenute cose incredibili, molti bastioni sono caduti, molte ostilità sono superate. Bisogna riconoscere e difendere il cammino di rinnovamento e di fedeltà al vange-lo che è pur stato compiuto, anche se qualcuno vorrebbe dimenticarlo. Certo si deve pregare che il Signore risvegli e incoraggi vescovi e preti, riempia di profezia e di coraggio i religiosi, di sapienza e di amore i laici cristiani. Di più: che spinga gli uomini e le donne che noi consideriamo “non credenti” ad essere più esigenti, più insistenti, più critici verso i cristiani per obbligarli ad essere migliori.

Nel fare il bilancio di questi 50 anni di postconcilio è giusto che si dicano anche le cose che non vanno bene, le ragioni di contestazione. Ma non si dimen-tichi tutto quel che è stato fatto, anche se è spesso nascosto. Mille semi sono stati deposti; mille esperienze nuove, magari un po’ sotterranee, si sono svilup-pate. C’è un senso più profondo della dignità di ogni uomo, dell’amore di Dio, della gratuità, della giustizia, della pace… Ci sono molte persone che hanno capito che per essere nella Chiesa bisogna amare più che obbedire, credere più che mostrarsi devoti o alzare la voce contro gli “altri”. C’è attesa e speranza in Gesù Cristo e il desiderio di riscoprirlo; basta che i cristiani siano più limpidi, più liberi e generosi. E, vorrei dire, più ottimisti, più capaci di vedere l’invisibi-le. Il cardinale Martini lo scriveva già nella sua Lettera sullo Spirito del 1997 per rispondere ai pessimisti che si chiedono: ma lo Spirito Santo è ancora presente in mezzo ai cristiani in modo che un uomo o una donna, pur contagiati dal secolarismo, arrivino ad esclamare «Veramente Dio è in mezzo a voi»?

Martini risponde: «Lo Spirito c’è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli Apostoli: c’è, e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, acco-glierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è, e non si è mai perso d’a-nimo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva là dove mai avremmo immaginato. Di fronte alla crisi nodale della nostra epoca, che è la perdita del senso dell’invisibile e del trascendente, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell’invisibilità e nella piccolez-za, la sua partita vittoriosa». Scoprire i segni di questa presenza, nella luce del Concilio Vaticano II, è la nostra speranza e la nostra gioia. (ab)

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