FINE DELLA VITA: QUANDO LA CHIESA CATTOLICA CONTRADDICE SE STESSA
Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 21/02/2009
34843. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Eluana Englaro era già in stato vegetativo permanente da tre anni quando, nel 1995, il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, guidato allora dal card. Fiorenzo Angelini, pubblicava la Carta degli Operatori Sanitari, un documento che voleva “garantire la fedeltà etica dell'operatore sanitario” e delle “scelte e dei comportamenti in cui prende corpo il servizio alla vita”. A quell'epoca, per il Vaticano “alimentazione e idratazione” erano “cure” che non andavano sospese a meno che non risultassero “gravose” per l'ammalato: posizione ben diversa da quella sostenuta durante la vicenda Englaro e riflessa nel disegno di legge allo studio in Parlamento, per il quale alimentazione e idratazione non sono cure, ma “forme di sostegno vitale” e non possono quindi essere sospese “in alcun caso”. Eppure, la Carta è ancora compresa fra i documenti che la Pontificia Accademia per la Vita, sul suo sito, colloca fra gli insegnamenti del Magistero della Chiesa cattolica.
“L'alimentazione e l'idratazione, anche artificialmente amministrate – si legge al comma 120 della Carta –, rientrano tra le cure normali dovute sempre all'ammalato quando non risultino gravose per lui: la loro indebita sospensione può avere il significato di vera e propria eutanasia”. Quanto detto viene completato subito dopo con un altro passaggio significativo, al punto 121: “Per il medico e i suoi collaboratori non si tratta di decidere della vita o della morte di un individuo. Si tratta semplicemente di essere medico, ossia d'interrogarsi e decidere in scienza e coscienza, la cura rispettosa del vivere e morire dell'ammalato a lui affidato. Questa responsabilità non esige il ricorso sempre e comunque ad ogni mezzo. Può anche richiedere di rinunciare a dei mezzi, per una serena e cristiana accettazione della morte inerente alla vita. Può anche voler dire il rispetto della volontà dell'ammalato che rifiutasse l'impiego di taluni mezzi”. Le affermazioni ai commi 120 e 121 sono precedute dalla contestualizzazione presente al punto 119: “La medicina odierna dispone infatti di mezzi in grado di ritardare artificialmente la morte, senza che il paziente riceva un reale beneficio. È semplicemente mantenuto in vita o si riesce solo a protrargli di qualche tempo la vita, a prezzo di ulteriori e dure sofferenze. Si determina in tal caso il cosiddetto accanimento terapeutico, consistente nell’uso di mezzi particolarmente sfibranti e pesanti per il malato, condannandolo di fatto ad un'agonia prolungata artificialmente”.
Niente di sorprendente in questo documento, il quale non fa che riprendere quanto già previsto dal Catechismo della Chiesa Cattolica (pubblicato nel 1992) ai commi dal 2276 al 2279. Insegnamento bene illustrato da p. Mario Beltrami, gesuita dell’Aloisianum di Gallarate, pubblicato su Dolentium Hominum (n.68, 2008, pagg. 57-62), rivista proprio del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, nell’articolo “Il diritto di morire: un documento disatteso”, di cui Adista ha ampiamente riferito nel n. 77/08. Se la “Carta degli Operatori Sanitari” riecheggia la necessità di un testamento biologico, Beltrami sollecitava un “intervento legislativo urgente” per regolare una materia di estrema sensibilità.
Nella medesima direzione - poter dare disposizione anticipata delle proprie volontà nell’eventualità di un coma profondo - si muove il documento Christliche Patientenverfugung (Disposizioni sanitarie del paziente cristiano), un testo firmato congiuntamente nel 1999 (e rivisto nel 2003) dalla Chiesa cattolica tedesca e da quelle evangeliche, proposto ai cristiani tedeschi e contenente un testo con disposizioni sul fine vita, una specie di testamento biologico cristiano. “Pare – scrive “Noi Siamo Chiesa” nel citare in un suo comunicato il documento tedesco – che esso sia già stato sottoscritto da più di tre milioni di persone. Vi si dicono, tra l’altro, cose chiarissime sul rispetto della volontà del malato, sulla differenza tra eutanasia attiva e eutanasia passiva e sull’accanimento terapeutico”. (alessandro speciale)
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