MAL D’AFRICA
- IL PRESIDENTE DELLA LIBIA GHEDDAFI ELETTO PRESIDENTE DELL’UNIONE AFRICANA: QUALI PROSPETTIVE PER IL FUTURO DEL CONTINENTE?
Tratto da: Adista Contesti n° 23 del 28/02/2009
Questo articolo di Henri Owuor è stato pubblicato sul quotidiano kenyano
“Daily Nation” (9/2/2009). Titolo originale: “Under Gaddafi, Africa could esplode”
Con l’elezione del leader libico Muammar Gheddafi a presidente dell’Unione Africana, il continente si trova davanti ad un periodo molto esplosivo. Tanto per cominciare, l’Africa ha alla fine un presidente che afferma che i colpi di Stato sono benvenuti se sono effettuati pacificamente. Inoltre, il colonnello Gheddafi afferma che non vi è niente di male nella pirateria visto che è un modo per “correggere gli errori coloniali”.
Rivolgendosi ai giornalisti alla fine del summit dell’Unione Africana ad Addis Abeba, Gheddafi ha detto: “Colpi di Stato e ribellioni sono eventi spontanei che non possono essere controllati. I colpi di Stato vanno bene se sono portati avanti pacificamente”.
Sulla democrazia ha detto: “Se volete avere formazioni politiche, ci saranno partiti tribali. Non abbiamo strutture politiche, il nostro sistema è sociale. Il sistema che si sta sperimentando in Africa non ha avuto successo”.
“La democrazia non può funzionare”
Gheddafi, che governa in base alla Jamahiriya, ha detto che la violenza postelettorale in Kenya l’anno scorso era un segnale che in Africa la democrazia non può funzionare. Sugli uomini armati somali che si appropriano di navi e chiedono riscatti, ha detto, rivolgendosi allo staff dell’Unione Africana: “Non si tratta di pirateria, è autodifesa e sta difendendo il cibo dei bambini somali. È una risposta alle avide nazioni occidentali che invadono e sfruttano illegalmente le risorse della Somalia”.
Ci sono segni che l’Africa si trova sull’orlo di un periodo molto tumultuoso sotto l’occhio vigile del colonnello Gheddafi. Al potere dal 1969 dopo un colpo di Stato contro la monarchia libica allora guidata da Re Idris I, Gheddafi è attualmente il quinto capo di Stato più longevo. È anche il più longevo capo del governo al mondo.
Il 2009 è arrivato con delle sorprese. Per la prima volta, l’ex capo di un gruppo classificato come terrorista è ora riconosciuto pienamente come presidente in base allo statuto dell’Unione Africana. Non è altri che lo sceicco Sharif Ahmed, che è stato, all’inizio, presidente dell’Unione delle Corti islamiche somale. I fondamentalisti islamici sono stati cacciati da Mogadiscio dalle forze etiopi nel 2006.
Quest’anno, entro l’inizio di luglio, il continente deve concretizzare il progetto di un unico governo con un presidente, un vicepresidente e ministri con portafoglio per l’educazione, gli affari esteri, la sanità e la difesa.
Tra gli altri temi portati avanti dall’Africa, vi è il desiderio di aderire al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. In Africa si afferma che nel 1945, quando l’Onu era in via di formazione, gran parte dell’Africa non aveva una rappresentanza e che quando nel 1963 la prima riforma dell’Onu ebbe luogo, l’Africa era sì rappresentata, ma si trovava in una posizione particolarmente debole.
Questo è anche l’anno in cui l’Africa deve decidere quando tenere il suo “Diaspora Summit”, a maggior ragione ora che gli Stati Uniti hanno un presidente, Barack Obama, che ha in questo continente le sue radici.
Il “Diaspora Summit” riunirà delegati di tutto il mondo ma, dal momento che i leader dell’Unione Africana detestano le critiche che dovranno ascoltare per il fallimento delle loro politiche, sono riluttanti a convocare questo meeting.
“Decennio delle donne africane”
Allo stesso tempo, l’Unione Africana si sta preparando per il “decennio delle donne africane”, previsto dal 2010 al 2020, e sta preparando i suoi argomenti per ciò che definisce “abuso dei principi della giurisdizione universale”, in base al quale gli africani, tra cui Rose Kabuye del Rwanda (stretta collaboratrice del presidente Paul Kagame, è accusata di aver partecipato all’attentato contro l’aereo di Habyarimana, dando il via al massacro fra hutu e tutsi. È stata arrestata in Germania nel novembre scorso, ndt), sono stati accusati in Europa.
È un momento perfetto per il colonnello Gheddafi per prendere in mano le redini della leadership. Può spingere in avanti i suoi programmi. Attualmente vi sono ben pochi leader che possono sfidarlo.
Nel passato, il sudafricano Thabo Mbeki avrebbe potuto sfidare Gheddafi agli incontri dell’Unione Africana, ma non è più in carica e il suo sostituto, Kgalema Motlanthe è un presidente ad intermi che dovrebbe passare il testimone al suo consigliere Jacob Zuma alle elezioni previste per la metà di quest’anno.
D’altra parte, lo Stato più popoloso dell’Africa, la Nigeria, ha un presidente perennemente malato che era in vacanza quando l’Unione Africana si è incontrata ad Addis Abeba. Umaru Musa Yar’Adua ha mandato al suo posto il vice presidente Goodluck Jonathan, un uomo che non è in grado di contrastare Gheddafi. Il generale in pensione Olusegun Obasanjo, in passato, è stato un uomo che Gheddafi non avrebbe potuto ignorare, ma la sua presidenza si è conclusa nel 2007.
Ciò che è accaduto ad Addis Abeba è che molti capi di Stato semplicemente non si sono presentati, perché non intendevano appoggiare il grande progetto di Gheddafi di un governo unico in Africa. C’era però un leader per il quale andare ad Addis Abeba era fuori discussione, dopo un attentato alla sua vita durante un passato meeting dell’Unione Africana, cioè il presidente egiziano Hosni Mubarak, al potere da 28 anni.
Attualmente, molti leader africani sono molto freschi di elezione o di caserma e gli unici in carica da tanto tempo hanno molti problemi. È il caso del sudanese Omar al-Bashir. È vero, è in carica dal 1989, ma l’accusa mossagli dalla Corte penale internazionale per il conflitto del Darfur gli lascia ben poco respiro.
In realtà ad Addis Abeba si è parlato del fatto che l’Unione Africana avrebbe ritirato il suo appoggio a Bashir in seguito alle accuse, ma ciò non è avvenuto.
Si chieda a Rupiah Banda dello Zambia, in carica dall’ottobre 2008, o al ghanese John Attar Mills in carica da gennaio e che non si è nemmeno preso il disturbo di presentarsi ad Addis Abeba o a Ernest Bai Koroma del Sierra Leone al potere dal 2007, se hanno intenzione di prendersela con Gheddafi al prossimo summit dell’Unione Africana di luglio, e tutto quello che si otterrà sarà un “no comment”.
Ma il fatto è che l’Africa è ad un punto di svolta. È come nel 1963, l’anno in cui venne formata la defunta Organizzazione dell’Unità Africana. A quel tempo l’uomo forte era l’imperatore etiopico Hailé Selassié. Ma anche a quel tempo, c’era un gruppo di Stati africani che voleva che il continente si unisse in una federazione. Quest’idea fu promossa dal leader ghanese Kwame Nkrumah e i Paesi che lo appoggiarono erano Libia, Algeria, Guinea, Marocco, Egitto e Mali. Quelli contrari erano capitanati da Leopold Sedar Senghor del Senegal. Questo gruppo comprendeva Nigeria, Liberia e Etiopia.
Una grande frattura
Proprio nel 1963, vi fu una grande frattura tra i leader che volevano che il governo unico fosse creato in quel momento e quelli che volevano un passaggio graduale ad un governo continentale. Oggi i Paesi favorevoli ad una federazione immediata sono: Egitto, Senegal e Libia. Quelli che vogliono un passaggio graduale ad un governo continentale sono Sudafrica, Ghana, Uganda, Zimbabwe e Kenya.
L’Etiopia come ospite dell’Unione Africana ha assunto una posizione intermedia, affermando che appoggia il progetto, ma vuole una transizione ordinata. I “gradualisti” sono guidati dal presidente ugandese Yoweri Museveni, mentre gli “immediatisti” sono guidati dal colonnello Gheddafi. Gli “immediatisti” sono già un passo avanti dal momento che il summit di Addis Abeba ha accettato di creare un’autorità dell’Unione Africana che avrà funzioni di governo.
Ciò che resta da fare ora è la riforma della Costituzione dell’Unione Africana affinché includa il nuovo accordo in base al quale il continente avrà un presidente ed un vicepresidente a gestire gli affari africani.
La questione è la scadenza fissata, che potrebbe non essere rispettata. Il summit di Addis Abeba ha dato mandato ai suoi ministri degli Esteri di incontrarsi entro tre mesi per elaborare la transizione dalla attuale Commissione per l’Unione Africana all’Autorità. Il Consiglio dei ministri deve portare le sue risoluzioni al prossimo vertice dei capi di Stato dell’Unione Africana in programma dall’1 al 3 luglio ad Antananarivo, Madagascar.
Ciò, però, potrebbe non accadere perché il Madagascar è ora in ribellione contro la legge del presidente Marc Ravalomanana, con oltre 100 manifestanti uccisi. Scartare il Madagascar come ospite significa per l’Unione Africana scegliere la successiva opzione disponibile, che è Tripoli, proprio nel cuore dell’impero di Gheddafi. La questione ora è quanto potere gli Stati dell’Unione Africana siano disposti a cedere al nuovo organismo che sarà creato a luglio.
L’altro tema è quello dei finanziamenti, dal momento che attualmente, come detto dall’ex presidente, Jakaya Mrisho Kikwete, l’Unione Africana non ha un budget nemmeno per le attività del suo presidente e il continente rimane il più povero nel mondo con “30 nazioni africane sulle 50 più povere e 21 Paesi africani sui 36 Paesi che soffrono carenza di cibo nel mondo“.
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