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POMIGLIANO D’ARCO: OPERAI FIAT IN LOTTA. COL SOSTEGNO DEI PARROCI E DEL VESCOVO

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 07/03/2009

34879. POMIGLIANO D’ARCO (NA)-ADISTA. Parroci e vescovo in prima linea accanto agli operai della Fiat di Pomigliano D’Arco, da settembre in lotta per la difesa del loro posto di lavoro messo a repentaglio dall’ennesima crisi dell’azienda torinese che minaccia di ridimensionare, se non di chiudere, lo stabilimento campano, lasciando a casa 20mila persone fra dipendenti diretti e dell’indotto. Il 27 febbraio, alla grande manifestazione unitaria promossa dai sindacati, oltre ai parroci di Pomigliano e ad alcune comunità parrocchiali, presenti con tanto di striscione, c’era anche il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, che ha ribadito il sostegno della diocesi alla vertenza degli operai. Il 23 febbraio, nella chiesa di “San Felice in Pincis”, si è svolta una grande assemblea a cui hanno partecipato parrocchiani, operai e sindacalisti impegnati nella lotta. E il giorno precedente, durante le messe domenicali, nelle sei parrocchie di Pomigliano è stato letto un documento preparato dal parroco, don Giuseppe Gambardella, e dal consiglio pastorale di “San Felice in Pincis” – con l’aiuto di alcuni operai –, e poi condiviso con gli altri parroci.

“La crisi economica, annunciata dai media e tanto temuta, sta bussando anche alle nostre porte. La fermata dei lavori dello stabilimento della Fiat Auto di Pomigliano d’Arco”, spiega il documento, “sta entrando prepotentemente nella nostra città. La produzione è sostanzialmente ferma: da settembre 2008 ad oggi si è lavorato solo 5 settimane, un’ulteriore settimana di lavoro è prevista dal 9 al 13 marzo, per poi fermarsi ulteriormente fino al 19 aprile. Operai e impiegati sono sostanzialmente a casa, e senza certezze di prosieguo per il futuro. Il forte ridimensionamento dello stabilimento di Pomigliano, la chiusura della Fiat Auto è un rischio tutt’altro che lontano ed aleatorio”. Rischiano seriamente di perdere il lavoro oltre 20mila persone (5.200 addetti Fiat – di cui 4.700 operai e 500 impiegati – e 15mila dell’indotto), “una marea di persone con famiglie da sostenere, pigioni da pagare, figli da tenere agli studi, bollette ed utenze varie da saldare, mutui accesi da onorare, etc. Tanti, troppi cittadini cui la malavita guarda come l’avvoltoio le carcasse”.

Il fermo della Fiat Auto, la chiusura di tante piccole e medie imprese, gli scenari a tinte fosche per le altre grandi e medie imprese insediate a Pomigliano, interpellano tutti, non solo le famiglie dei lavoratori. È in gioco il futuro, ma anche il presente di questa città”. E “noi cristiani”, continua, “siamo chiamati a metterci in gioco non solo perché probabilmente la crisi generale potrà interessare, prima o poi, il nostro mondo, le nostre certezze, ma soprattutto perché già oggi, accanto a noi, ci sono tanti che sono nella sofferenza psicologica per un lavoro che c’è ancora ma molto probabilmente non ci sarà più, e tanti altri che sono nella sofferenza materiale per un lavoro che già non c’è più o non c’è mai stato”.

Mettersi in gioco dunque esprimendo “solidarietà ai lavoratori della Fiat Auto e dell’indotto”, ma anche partecipando a tutte le iniziative messe in campo per la difesa dei posti di lavoro. Inoltre, continua il documento, “dobbiamo e vogliamo porre, come comunità parrocchiale, al centro della riflessione e del dibattito politico-culturale il tema più generale del futuro economico-produttivo di questa città” e delle “strategie di sviluppo che essa vuole perseguire”. “Occorre iniziare a programmare e costruire questo sviluppo” in un’operazione complessa che “chiama in causa con diversi livelli di responsabilità tutti e ciascuno: i cittadini, le istituzioni locali, quelle regionali e nazionali, le forze sindacali e associative, etc. Come tutte le crisi, anche questa ci scuote e può diventare tempo di riflessione, e anche di rinnovamento del nostro modello di vita. Le certezze legate alla società del benessere, alle quali per troppi anni ci siamo abituati, ci stanno abbandonando; possiamo cogliere questa circostanza, come opportunità per uno stile di vita più laborioso ed essenziale, meno egoistico, più solidale e fraterno. Per cogliere la voce dello Spirito dobbiamo assumere l’abito dell’umiltà, della solidarietà e della partecipazione, solo così questa crisi, ormai non più alle porte, ma già, per molti, dentro casa, potrà avere risvolti positivi per noi e per la collettività”. (luca kocci)

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