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“UNA LEGGE CHE LACERA IL MONDO CATTOLICO”: SUL “FINE VITA”, FILOSOFI CATTOLICI SCRIVONO A BAGNASCO

Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 14/03/2009

34886. ROMA-ADISTA. È stato rinviato al 19 marzo l’esame del disegno di legge sul testamento biologico al Senato. Dentro e fuori il Parlamento, però, non si arresta il dibattito sulle questioni di fine vita che tanto stanno dividendo l’opinione pubblica e lo stesso mondo cattolico (v. articolo precedente). Dopo le prese di posizione dei mesi scorsi di Roberta De Monticelli e Vittorio Possenti (v. Adista nn. 71 e 76/08; 3/09), il dissenso rispetto alle posizioni della gerarchia comincia a farsi largo anche nelle università, come testimonia una lettera di docenti cattolici che doveva essere indirizzata direttamente al presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, ma la cui “bozza” è stata pubblicata dal Foglio lo scorso 25 febbraio. Il testo della lettera – redatto da Carmelo Vigna (Università Ca’ Foscari di Venezia) e Stefano Semplici (Università Tor Vergata di Roma) – è stato inviato in forma riservata a tutti i docenti di Filosofia Morale d’Italia al fine di “contribuire al dibattito anche interno alla Chiesa sulle questioni del fine vita, con una riflessione destinata non ai giornali ma ai nostri pastori”.

“La legge che il Parlamento approverà sulla fine della vita”, hanno scritto i professori rivolgendosi a “Sua eminenza Reverendissima cardinale Angelo Bagnasco”, “sta lacerando, anziché unire. E sta riproponendo anche nel mondo cattolico dolorose divisioni, che spesso si colorano dello stile di un linguaggio aggressivo e rischiano di lasciare strappi che non sarà facile ricucire”.

Due sono in particolare i punti sui quali le opinioni dei docenti universitari non coincidono con quelle della gerarchia: anzitutto, “una chiara, inequivocabile dichiarazione anticipata di volontà deve poter costituire (nelle situazioni estreme come quella di uno stato vegetativo persistente e solo in esse) una condizione di eccezione al principio generale per il quale devono essere garantite a tutti i pazienti, anche a coloro che non sono più in grado di esprimersi, non solo le forme di sostegno vitale come l’alimentazione e l’idratazione ma tutte le terapie che non possono essere considerate forme di accanimento”; in secondo luogo, “ai pazienti capaci di intendere e di volere e che si trovano tuttavia in condizioni di totale dipendenza fisica deve comunque essere garantita la rinuncia alle cure. Anche quando questa rinuncia richieda un comportamento in qualche modo ‘attivo’ da parte di un medico (per esempio staccare una macchina)”. “Sappiamo che queste convinzioni”, si legge ancora nel testo della lettera, “divergono dalle indicazioni finora fornite dai nostri pastori, ma è proprio per questo che ci rivolgiamo a Lei con la fiducia che la Chiesa possa esprimere una capacità di inclusione più ampia, oggi necessaria anche per allargare gli spazi del servizio di verità e di carità del quale si sente tanto forte il bisogno e che continua ad interpretare - ne siamo certi - l’anima profonda del popolo italiano. Il nostro impegno è e vuole restare in questa direzione”.

Due giorni dopo la pubblicazione della lettera sul Foglio, ancora il giornale di Giuliano Ferrara ha ospitato un intervento dei due professori che, dopo aver condannato il gesto della “mano malandrina” che ha consegnato alla stampa un testo “riservato e fatto circolare come tale”, hanno precisato: “La nostra non è un’iniziativa né di destra né di sinistra, tanto è vero che i primi due firmatari del testo non hanno votato nello stesso modo alle ultime elezioni. Non cerca neppure l’adesione di tutti i professori di filosofia morale, come è chiaro dal fatto che si rivolge ‘ai nostri pastori’. È una sollecitazione - questo sì - a non considerare chiuso il confronto all’interno della Chiesa, a verificare con coraggio tutte le ipotesi utili a contenere un’ulteriore erosione del pavimento etico condiviso della nostra società, a non apparire mai semplicemente ‘parte’. Perché così la Chiesa, purtroppo, viene spesso intesa”. Del resto lo stesso Vigna ha dichiarato al quotidiano Europa (26/2) che “la gerarchia si è troppo politicizzata, in parte anche involontariamente, ma di fatto ha passato il segno e si è schiacciata sulla destra. Di qui la rivolta dei cattolici più colti, quelli che possono parlare sui giornali e farsi sentire”. L’epicentro della rivolta viene individuato da Europa nel “gruppo di pensatori credenti del San Raffaele di Milano”, università nella quale insegnano, oltre alla già citata De Monticelli, anche Vito Mancuso, teologo, autore del bestseller L’anima e il suo destino ed editorialista di Repubblica, su posizioni molto critiche nei confronti della teologia ufficiale e l’ex professore della Cattolica Giovanni Reale, che sul caso Englaro ha preso pubblicamente le distanze dalla posizione della Cei.

“La lettera, ad oggi, conta 26 firme”, ha dichiarato ancora Vigna facendo riferimento alle adesioni, fra gli altri, di Roberto Mordacci, Virgilio Melchiorre, Giuseppe Cantillo, Francesco Totaro, Mario Signore, Bernardo Razzotti, Aurelio Rizzacasa e Ugo Perone. “Consegneremo comunque a Bagnasco il risultato di questo confronto”: “Non c’è niente di scandaloso nel prendere atto che i ‘filosofi cattolici’ non pensano tutti nello stesso modo”. (emilio carnevali)

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