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VESCOVO DELL’OPUS DEI VA DAL PAPA E DENUNCIA: L’EPISCOPATO DEL PARAGUAY NON È FEDELE ALLA DOTTRINA

Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 14/03/2009

34898. ASUNCION-ADISTA. È guerra aperta, nella Chiesa del Paraguay. A dichiararla è stato un vescovo dell’Opus Dei, mons. Rogelio Livieres Plano, della diocesi di Ciudad del Este. E lo ha fatto su due diversi fronti: quello della sua diocesi e quello dell’episcopato. I vescovi del Paraguay hanno saputo di questa guerra dai giornali, su cui è trapelato lo scorso dicembre il contenuto di una lettera riservata consegnata da mons. Livieres a Benedetto XVI durante la sua visita ad limina dello scorso settembre (e, secondo quanto riferito dallo stesso vescovo, letta direttamente da lui alla presenza del papa). Nella lettera, mons. Livieres Plano denunciava “disordine dottrinale” e “mancanza di coerenza tra la dottrina della Chiesa da un lato e l’azione di vescovi e sacerdoti dall’altro”, sostenendo che in Paraguay si è costituita una specie di Chiesa nazionale o parallela “in contrapposizione alla Chiesa universale” e che la formazione dei futuri sacerdoti nel Seminario Maggiore è più politica che teologica, tanto da costringerlo a creare un altro seminario in Alto Paraná. Pertanto, il vescovo suggeriva di scegliere i futuri vescovi tra i preti stranieri “con una salda adesione alla dottrina ortodossa”.

 

“Un pugnale conficcato nel corpo della Chiesa”

Accuse che il vescovo ha ripetuto, e spiegato, in un’intervista concessa al quotidiano Última Hora (e pubblicata in più parti dal 21 dicembre scorso): “La situazione è grave - ha dichiarato Livieres -. Da anni la Chiesa paraguayana ha un orientamento diverso da quello della Chiesa universale. La Chiesa si propone di realizzare la salvezza spirituale delle persone e qui si è proposta invece una salvezza terrena, come conseguenza della Teologia della Liberazione”. Cosicché la Chiesa sarebbe diventata “nel migliore dei casi una società di aiuto” e “a volte anche uno strumento di violenza e di lotta di classe”. L’eccessiva politicizzazione della Chiesa paraguayana sarebbe dimostrata, secondo Livieres Plano, anche dall’avvento alla presidenza del Paese di un ex vescovo, quel Fernando Lugo che egli aveva già definito in campagna elettorale “un pugnale conficcato nel corpo della Chiesa”. E alla nuova presidenza il vescovo riconduce anche la decisione dell’Entidad binacional Itaipú (organismo di nazionalità paraguayana e brasiliana incaricato dell’amministra-zione della centrale idroelettrica di Itaipú) di tagliare i finanziamenti che la diocesi di Ciudad del Este riceveva durante il precedente governo. Decisione che il direttore della Itaipú Carlos Mateo Balmelli ha motivato con la richiesta di Lugo di fare trasparenza sullo stato finanziario dell’organismo, mettendo in ordine i conti, e, tra altre cose, tagliando il finanziamento alla diocesi in quanto privo dei requisiti legali. Quanto alle reazioni suscitate dalla sua lettera, “è naturale”, ha commentato mons. Livieres, che ai vescovi non sia piaciuta, “ma non sono cose che ho detto alle loro spalle. Io le ho sollevate in loro presenza molte volte, e mi sono procurato l’antipatia di molti. Solo in seconda istanza ho parlato al papa”. Dal quale, ha aggiunto, si è sentito “molto rincuorato”: “Mi ha trattato con moltissimo affetto - ha sottolineato - e mi ha regalato il suo zucchetto”.

All’attacco di mons. Livieres Plano, i vescovi del Paraguay hanno reagito convocando il 30 dicembre scorso un’assemblea straordinaria dell’episcopato (presente anche il vescovo opusdeista), al termine della quale hanno rilasciato un comunicato in cui riconoscono “le difficoltà esistenti nella nostra Chiesa”, assumendole “con sincerità, alla luce del Vangelo, dell’insegnamento del Vaticano II e del magistero del Santo Padre”, e riaffermano “l’opzione delle linee dell’Azione Pastorale della Chiesa in Paraguay, relative alla comunione ecclesiale e alla coerenza di vita”.

 

Una diocesi spaccata

Ma mons. Livieres Plano non si è limitato ad attaccare i vescovi, come sanno bene gli otto dirigenti della Giunta diocesana di laici (Judila), tutti con una lunga traiettoria di impegno pastorale nella Chiesa dell’Alto Paraná, puniti dal vescovo con l’esclusione dai sacramenti, eccetto quello della penitenza, per un mese (dal 18 dicembre al 18 gennaio scorso), e con il divieto di esercitare qualsiasi carica fino al 31 dicembre 2013. Non aveva digerito, il vescovo, la loro attività in campo sociale, e ancora meno l’accusa da loro mossagli di proteggere il sacerdote Carlos Urrutigoity, formatore del Seminario Maggiore San José di Ciudad del Este, sospettato di abusi sessuali sui minori quando si trovava negli Stati Uniti (e oggi assente dal Paese, non si sa se, come riportano fonti ufficiali, autorizzato dal vescovo a conseguire un dottorato in Teologia a Roma, o, come sostengono altre versioni, tornato al suo Paese di origine, l’Argentina, per fuggire alle accuse). E così Livieres Plano ha provveduto non solo a punire i dirigenti, ma anche a sopprimere la Judila, operante nella diocesi dagli anni ’90. Da allora la diocesi si trova spaccata tra sostenitori di Livieres (appoggiato dai movimenti ecclesiali e da un gruppo di parroci), e suoi avversari, guidati dagli otto dirigenti, che hanno indetto una marcia di protesta per l’8 marzo e che non si fermeranno, dicono, finché non otterranno la rinuncia del vescovo. “Vogliamo che rinunci per il bene della Chiesa - ha spiegato Javier Miranda, uno degli otto dirigenti puniti -. Egli non svolge il ruolo di pastore. Al contrario, divide i fedeli”. Non a caso, secondo quanto denuncia Nilo Mármol, prete uruguayano impegnato nella diocesi di Ciudad del Este dal 2001 e nominato dal nuovo governo a capo della Segreteria dell’Infanzia e dell’Adolescenza nell’Alto Paraná, da quando, nel 2003, Livieres Plano si è insediato nella diocesi, la pastorale sociale non esiste praticamente più. “Quando si ascolta il vescovo dire che ‘l’attività sociale non è un compito della Chiesa’, ci si sente molto soli in questo lavoro. La diocesi ha smesso di lavorare nella lotta contro la tratta e lo sfruttamento sessuale infantile, lasciando chi la portava avanti solo e abbandonato”. Del resto, interrogato dal quotidiano Última Hora sulla sua totale mancanza di appoggio alle rivendicazioni di operai e contadini senza terra, così risponde mons. Livieres: “Ah, no, questo no, non lo farò mai! Già vi sono quindici vescovi che lo fanno! C’è una sovrappopolazione di vescovi impegnati sul tema…”. (claudia fanti)

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