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OBBEDIENZA, NON SOTTOMISSIONE

Tratto da: Adista Documenti n° 32 del 21/03/2009

Fratelli e sorelle,

all’inizio della Quaresima e in apertura della Campagna di Fraternità del 2009, ho avuto la sorpresa della mia sospensione dalle attività sacerdotali di questa amata arcidiocesi. Sono rimasto stupito dal fatto che la decisione di sospendermi dall’esercizio ministeriale fosse data sommariamente e pubblicizzata sulla stampa locale prima che io fossi previamente ascoltato, giacché ero sicuro che il giorno successivo mi sarei incontrato con l’arcivescovo. Solamente il 26 febbraio, alle 16.20, ho ricevuto il comunicato ufficiale dell’arcidiocesi. Stando così le cose, vengo ad offrire alcuni chiarimenti.

Sono prete di questa Chiesa particolare dal 1976 e mi sono dedicato al ministero sacerdotale con molto impegno, occupandomi di diverse attività, come parroco, come professore e oggi come deputato federale. Non ho mai avuto dubbi che la mia opzione di vita fosse il sacerdozio, che io ho vissuto su molti fronti. Ho avuto la grazia di diventare un rappresentante del popolo del Paraíba, quando ho messo il mio nome a disposizione del Partito dei Lavoratori per un mandato parlamentare. Sono stato eletto deputato statale per due volte e deputato federale per due legislature. La cosa più gratificante è il servizio che posso prestare al popolo brasiliano, specialmente del mio Stato.

La mia ordinazione mi ha configurato a Gesù Cristo. La sua causa è la mia causa. Per questo, non temo le minacce che mi vengono rivolte. Se sono nella lista delle persone da uccidere è perché, come prete e come deputato, non posso tacere di fronte alle ingiustizie e alle violazioni di diritti umani. Quello che mi dà forza per continuare a denunciare le arbitrarietà è il Vangelo, è l’invito di Gesù a seguirlo in difesa degli esclusi della società.

La mia sospensione dalle attività sacerdotali è dovuta all’intervista uscita sulla rivista elettronica Congresso em Foco il 14 febbraio e riprodotta dal quotidiano O Norte il 26 febbraio. Quello che viene detto nell’intervista è già dibattuto in seno alla Chiesa. Vi dico con sincerità che non mi aspettavo questa punizione che mi impedisce di celebrare l’Eucarestia che è l’ossigeno e la motivazione esistenziale del mio Munus sacerdotale nella comunione con Dio, con la Chiesa e con il popolo. Alcuni punti dell’intervista meritano alcune considerazioni, che io avevo fatto ma che sono assenti nel citato quotidiano. Ora ho l’opportunità di chiarire.

Primo: Il celibato è un valore nella vita della Chiesa. Molti di quelli che vivono il celibato conducono una vita esemplare che è motivo di ispirazione. Pertanto, non è il celibato che metto in discussione, ma la sua obbligatorietà. Quando il celibato è imposto ed è obbligatorio può essere causa di sofferenze umane non necessarie. Il celibato accettato come carisma è benedetto e il celibato obbligatorio e imposto può diventare un martirio silenzioso. Questo tema è già stato abbastanza discusso nella Chiesa e continua ad esserlo. Recentemente, il vescovo Clemente Isnard ha parlato della questione in un libro intitolato “Riflessioni di un vescovo” (v. Adista n. 54/08, ndt). E il teologo americano Donald Cozzens ha scritto un libro dal titolo “Liberare il celibato”. Tuttavia, quello che dico nell’intervista non svaluta la disciplina del celibato.

Secondo: Per quel che riguarda gli omosessuali, noi dobbiamo amarli come fratelli. Oggi, a causa della crescente omofobia, diventa più che mai necessario lo spirito di tolleranza. In caso contrario assisteremmo a sfilacciamenti del tessuto della società civile con conseguenze funeste per la convivialità e per il rispetto necessario. Come prete e deputato, lotto per la tolleranza e contro la discriminazione del diverso. Nessuno può essere privato dei suoi diritti per il fatto di essere omosessuale. Gesù di Nazaret ha mostrato che il rispetto per la dignità umana è il rimedio per combattere l’intolleranza e la discriminazione.

“Ogni genere di discriminazione circa i diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della razza, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio” (Gs 29). La pedagogia di Gesù era una pedagogia dell’accoglienza. Poco importava chi fossero i suoi ascoltatori: bastava che avessero orecchie aperte per accogliere la sua parola e un cuore aperto per iniziare il cammino di adesione al Regno.

In questa società omofobica gli omosessuali sono costretti al silenzio. Si libera dai pregiudizi solo chi è capace di restituire la parola a quelli che sono fatti tacere. La tolleranza nei confronti degli omosessuali è prima di tutto un’esi-genza etica. Rappresenta il diritto che deve essere riconosciuto ad ogni persona.

Terzo: L’epidemia di Aids è una realtà che interpella la Chiesa nella sua morale. La morale è una realtà pratica che ha delle conseguenze. Ci confrontiamo costantemente con i due poli della Morale Ideale predicata dalla Chiesa, da un lato, e della realtà, dall’altro. L’ideale della morale della Chiesa deve essere visto come una meta che permette di orientarsi. In questa prospettiva, nessuno si sente colpevolizzato o disobbediente per non realizzare quanto viene proposto, ma ognuno sa dove dirigersi. L’ideale sarebbe che nessuno venisse contagiato dall’Aids, ma la realtà è un’altra. A causa del crescente numero di vittime di malattie sessualmente trasmissibili, il preservativo diventa una questione di salute pubblica, come nel caso della gravidanza nell’adolescenza. Mi ricordo di un’intervista in cui il card. Arns, negli anni ’90, disse che il preservativo era un male minore. E il cardinale non mancò in nessun momento di rispetto alla dottrina della Chiesa.

Come prete, so che il vescovo è il pastore della Chiesa, per questo nel giorno della mia ordinazione ho giurato obbedienza al mio vescovo. Ma l’obbedienza intesa nel suo significato teologico comprende la capacità di dialogare senza sottomissione. Come ricorda dom Tomás Balduino, “l’autorità della Chiesa ha mille cammini per dialogare con il sacerdote”.

Che il Dio della misericordia, della tenerezza, della bontà e dell’amore mi conceda, in questa Quaresima, la serenità delle Beatitudini perché possa affrontare questa mia sofferenza che mi porterà alla gioia della Pasqua.

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