Nessun articolo nel carrello

SE LA LOTTA PER LA TERRA È UN CRIMINE. IN BRASILE È ANCORA IL LATIFONDO A DETTARE LEGGE

Tratto da: Adista Documenti n° 118 del 21/11/2009

DOC-2216. BRASILIA-ADISTA. Il tentativo non è nuovo: trasformare il Movimento dei Senza Terra, il più importante movimento sociale del Brasile contemporaneo, in nemico pubblico. Era successo durante il governo di Fernando Henrique Cardoso, e oggi sta succedendo nuovamente, come indica la creazione di una nuova Commissione parlamentare di inchiesta sul Mst, la terza in quattro anni. L’offensiva, portata avanti da settori del Potere giudiziario, del Congresso, della Corte dei Conti, del Pubblico Ministero e dei mass media, punta a delegittimare il movimento agli occhi dell’opinione pubblica, presentandolo come una forza non solo violenta ma anche corrotta. Il tutto, mentre, in diversi Stati, pistoleiros assoldati dai latifondisti continuano a far fuoco contro i senza terra, anche alla luce del sole, come avvenuto, recentemente, con l’assassinio di Elton Brum, nel Rio Grande do Sul. “È perché non ce ne restiamo in silenzio che continuano a perseguitarci”, scrive in un comunicato la segreteria nazionale del Mst. “Quello che i difensori della struttura agraria del Paese vogliono nascondere – prosegue il comunicato – è che il Brasile presenta la peggiore concentrazione di terra al mondo” (il 2% dei proprietari possiede il 48% delle terre coltivabili e vi sono latifondi con estensioni superiori al territorio di Olanda e Belgio). Ancora, “il Brasile non ha mai realizzato una riforma agraria, al contrario di tutti i Paesi sviluppati”, né è stato mosso alcun passo avanti dal governo Lula, malgrado le immense aspettative suscitate. “L’agrobusiness, che si considera tanto all’avanguardia, produce meno del 15% degli alimenti destinati a sfamare la popolazione. E gli indici di produttività (la cui attualizzazione, annunciata da Lula, non è stata ancora realizzata, anche per resistenze interne al governo, ndt) sono gli stessi dal 1975. Il latifondo ancora esiste, oggi alleato alle transnazionali, e ancora uccide, tortura, sfrutta e opprime i lavoratori rurali”.

Tuttavia, se l’obiettivo della campagna di criminalizzazione è quello di erodere l’appoggio che la società brasiliana ha sempre espresso nei confronti della riforma agraria, il compito non sarà facile. Secondo un sondaggio promosso dalla Confederazione nazionale dell’Industria, l’85% delle persone consultate appoggia le occupazioni di terra realizzate con metodi nonviolenti; il 94% ritiene giusta la lotta del Mst per la riforma agraria; il 77% considera il Mst come un movimento legittimo; il 77% pensa che il governo dovrebbe confiscare le terre improduttive e distribuirle ai senza terra. Un sostegno, quello offerto dalla società brasiliana, che il movimento non ha nessuna intenzione di perdere: “Ci impegniamo - proclama la Segreteria nazionale del Mst - a continuare a difendere la Costituzione Federale, secondo cui la terra è chiamata a svolgere una funzione sociale. Se vogliono criminalizzare la lotta per un diritto, è nostro dovere denunciare le immense ingiustizie che hanno accompagnato la costruzione di questo Paese. Non ci faranno tacere”.

 

Un clima anti-popolare e autoritario

Piena solidarietà al movimento è stata espressa, tra molti altri (un manifesto in difesa del Mst promosso da intellettuali di tutto il mondo ha ricevuto l’adesione di più di 5mila persone), dalla Commissione Domenicana di Giustizia e Pace del Brasile, la quale accusa istituzioni dello Stato, classe imprenditoriale e mass media di riportare in vita “lo stesso clima elitario, capitalista, anti-popolare e autoritario che ha ispirato la creazione della Vecchia Repubblica e che oggi sta muovendo le autorità ad impiegare gli stessi strumenti di repressione della dittatura militare”, allo scopo di soffocare la lotta “patriottica” del movimento “per cambiamenti ampli, radicali e profondi nel nostro Paese, come sta avvenendo in altre nazioni del continente latinoamericano”. “Agli “eroici membri del Mst” la Commissione Domenicana di Giustizia e Pace chiede allora di allearsi alle altre organizzazioni sociali, nella “prospettiva dell’unione delle masse popolari”, in vista della “conquista della vera liberazione e della vera indipendenza del nostro Paese”. 

È la stessa lettura offerta da Frei Henri des Roziers, frate domenicano francese residente in Brasile dal 1979, avvocato di fama internazionale in prima fila contro il “lavoro schiavo”, ripetutamente minacciato di morte (v. Adista 45/00 e 41/06), da oltre 20 anni tra i coordinatori della Commissione Pastorale della Terra (Cpt) a Xinguara, nel sud dello Stato del Pará. Intervistato a São Paulo da studenti domenicani per il sito EDT (Escola Dominicana de Teologia, www.teologiaop.com.br), Frei Henri accusa il governo Lula di non prestare alcuna attenzione “al tema della riforma agraria, del diritto alla terra dei piccoli agricoltori e dei senza terra, dell'agricoltura familiare sostenibile”, troppo concentrato a promuovere lo sviluppo dell'agrobusiness “per espandere al massimo le esportazioni di monoculture: soia, miglio, alcool e bestiame”. In questo contesto, i “segnali di speranza” giungono proprio dalla resistenza popolare: quella del Movimento dei Senza Terra, con la sua “lunga esperienza in tema di perversità del modello di sviluppo rurale perseguito dal governo”, quella delle diverse équipe della Commissione Pastorale delle Terra, o quella dei quilombolas (afrodiscendenti), degli indigeni e dei ribeirinhos (popolazioni tradizionali fluviali), “i quali, già duramente penalizzati, continueranno ad essere colpiti dalla costruzione delle dighe”. Ne sa qualcosa il vescovo brasiliano dom Luiz Cappio, della diocesi di Barra, noto a livello internazionale per la sua instancabile lotta in difesa del fiume São Francisco e del popolo che ne abita le sponde, fino a ricorrere per due volte allo sciopero della fame, nel settembre del 2005 e nel novembre del 2007, nel tentativo di fermare il faraonico progetto di deviazione delle acque del fiume. Da allora, dom Cappio non ha mai smesso di lottare contro il progetto governativo, né di accusare Lula di aver frustrato “le enormi aspettative della maggioranza che lo ha eletto”, prestandosi “a sussidiare la riproduzione di un modello fallito” (v. Adista n. 59/09). Così, quando, a metà ottobre, Lula si è recato in visita alle opere di trasposizione del São Francisco, il vescovo ha pensato bene di far risuonare a morto le campane della cattedrale di Barra, mentre Lula passeggiava per la città. Lo racconta il vescovo emerito di Goiás dom Tomás Balduino, ex presidente della Commissione Pastorale della Terra, in un articolo dal titolo “Réquiem para a transposição do São Francisco” (pubblicato, tra l’altro, su Brasil de Fato del 27/10), che riportiamo qui di seguito, preceduto da ampi stralci dell’intervista ad Henri des Roziers, l’uno e gli altri in una nostra traduzione dal portoghese. (claudia fanti)

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.