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BUSSATE E VI SARÀ COPERTO. LE POTENTI PROTEZIONI DI DON LELIO CANTINI

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 15/05/2010

35581. FIRENZE-ADISTA. La storia degli abusi di don Lelio Cantini (v. notizia precedente) comincia molti anni fa, nel 1973, quando il prete divenne parroco alla Regina della Pace. Solo nel 2004 però, dopo un lungo travaglio, alcune delle vittime di don Cantini e Rosanna Saveri denunciarono l’accaduto, rivolgendosi a mons. Claudio Maniago, vescovo ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi di Firenze, che era stato loro coetaneo negli anni in cui frequentavano la parrocchia. Certo, Maniago era il pupillo di don Cantini, proprio grazie a lui aveva maturato la sua vocazione  e, nel giorno della sua nomina a vescovo lo aveva definito “prete vero, che mi è stato e mi è di esempio”. Addirittura, insieme a don Cantini, l’8 settembre del 2003, mons. Maniago aveva celebrato in parrocchia il secondo anniversario della sua nomina a vescovo. Ma di fronte alle denunce circostanziate - pensava chi si era rivolto a lui - avrebbe comunque fatto qualcosa. Il vescovo rispose invece che avrebbe pregato per loro, ma che non riteneva opportuno divulgare l’accaduto, invitando tutti al riserbo. Sbalordite, le vittime di don Cantini fecero arrivare alcuni memoriali all’arcivescovo Antonelli. Ma nulla. La loro insistenza ebbe come unico risultato il passaggio, nel settembre del 2005, di don Cantini, dalla guida della parrocchia Regina della Pace a quella della canonica di Mucciano nel Mugello. Ufficialmente si trattava semplicemente di “motivi di salute”. Ma se la Curia pensava di cavarsela con la solita tecnica del trasferimento, gli ex parrocchiani di don Cantini non si arresero e continuarono a scrivere e a telefonare al card. Ennio Antonelli, contestando il fatto che anche nel suo nuovo incarico don Cantini potesse continuare a commettere abusi. Anche quest’ennesima denuncia cadde però nel vuoto. Una successiva missiva del 29 gennaio 2006, in cui gli autori chiedevano “un segno inequivocabile e definitivo”, fu consegnata al card. Antonelli. Successe solo che Don Lelio Cantini e Rosanna Saveri, alla fine del marzo 2006, lasciarono Mucciano per trasferirsi sulla costa versiliana, dove continuarono a ricevere le visite dei fedeli. Di qui la decisione di appellarsi direttamente al papa. In quello stesso periodo, le vittime di don Cantini si rivolsero alla Santa Sede in due lettere del 20 marzo e 7 aprile 2006, in cui lamentavano "la mancanza di una chiara e decisa presa di posizione da parte del vescovo" e allegavano dieci dettagliati memoriali redatti da venti diverse persone, a cui rispose il card. Camillo Ruini, ricordando che Cantini aveva lasciato la diocesi e augurandosi che questo potesse infondere “serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti”.

La vicenda iniziava intanto ad avere risonanza in diocesi, tanto che i vicari foranei, responsabili delle zone della diocesi, chiesero all'arcivescovo di portarla all'assemblea diocesana, davanti a tutto il clero. A gennaio 2007 Antonelli annunciò ai preti fiorentini che era stato aperto un procedimento canonico contro Cantini. Il 14 aprile 2007 il tribunale ecclesiastico riconobbe colpevole l’ex parroco di “falso misticismo, controllo e dominio delle coscienze”. In una nota, il card. Antonelli chiariva che “don Cantini è stato obbligato a ritirarsi e gli sono state inflitte privazione della facoltà di confessare, proibizione di celebrare la Santa Messa in pubblico, proibizione di celebrare altri sacramenti, proibizione di assumere incarichi ecclesiastici”. Il divieto sarebbe durato per 5 anni; inoltre, per un anno Cantini doveva fare un'offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna. La sentenza parve alle vittime di don Cantini così blanda da suscitare ulteriore indignazione. Seguì un altro appello al Papa, ma soprattutto la partecipazione di una delle parrocchiane della Regina della Pace, Mariangela Accordi, alla trasmissione Annozero del 31 maggio 2007. Il caso assunse una dimensione nazionale. Il Vaticano si mosse e alla fine, nell’ottobre 2008, il papa, su richiesta della Congregazione per la Dottrina della Fede, decise di ridurre allo stato laicale don Cantini. “Abuso plurimo e aggravato nei confronti di minori, delitto di sollecitazione a rapporti sessuali compiuto nei confronti di più persone in occasione della Confessione, abuso nell'esercizio della potestà ecclesiastica nella formazione delle coscienze”, le conclusioni cui giunse l'istruttoria supplementare a carico dell’ex parroco. Dopo l’intervento del papa, Maniago è tornato sui suoi passi ed ha pubblicamente preso le distanze dal suo ex mentore: “Don Cantini – ha detto in una intervista a Radio Toscana - ha tradito la fiducia e la stima della comunità ecclesiale e mi hanno sconvolto e sbigottito i fatti che lo hanno riguardato”. Oggi, l’87enne ex parroco, ha trovato rifugio in un convento laziale, a pochi chilometri da Roma. Su di lui, la procura di Firenze ha da tempo aperto un’inchiesta per i casi di abusi sessuali su minori che il prete avrebbe commesso nell’arco arco temporale che va dal 1973 al 1987. Fatti lontani nel tempo, che potrebbero far scattare la prescrizione, a meno che non si accertino ulteriori responsabilità penali a carico del prete posteriori al 1987.

Recentemente, le telecamere di Annozero sono tornate ad occuparsi della vicenda, cercando di intervistare, il 2 maggio scorso, mons. Maniago all'uscita della chiesa di Santa Caterina a Coverciano, dove si era recato per la cresima di una quindicina di ragazzi. Avvicinato dal giornalista Luca Rosini, al vescovo sono state poste queste domande: “Nel 2004 le prime vittime di don Cantini sono venute da lei, perché non ha fatto nulla?”; “direbbe di don Cantini che è un ‘prete vero’ ancora oggi?”; “riconosce adesso di aver sbagliato e sente di dover chiedere scusa alle vittime?”. Maniago non ha però risposto: “Rivolgetevi al mio addetto stampa”, si è limitato a dire salendo sulla sua Golf e salutando cortesemente. Nel pomeriggio, davanti alla chiesa di San Barnaba, Rosini ci ha riprovato. Ma il risultato è stato lo stesso. (valerio gigante)

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