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TOGLI UN POSTO AL TAVOLO. IL PRESIDENTE DELL’HONDURAS ESCLUSO DAL VERTICE TRA UE E AMERICA LATINA

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 15/05/2010

35592. TEGUCIGALPA-ADISTA. Erano stati molto chiari i governi progressisti dell’America Latina: se il governo spagnolo non avesse ritirato il suo invito al presidente illegittimo dell’Honduras Porfirio Lobo, vi sarebbero stati molti posti vuoti al Vertice tra Unione Europea, America Latina e Caraibi, previsto a Madrid il 17 e il 18 maggio. L’idea che la Spagna ricevesse Porfirio Lobo “come se nulla fosse successo”, secondo le parole usate dal presidente Lula, non era infatti andata giù a diversi dei presidenti dell’Unasur (l’Unione delle Nazioni Sudamericane di cui fanno parte Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Venezuela, Bolivia, Ecuador, Perù, Colombia, Cile, Guyana e Suriname), riuniti a Los Cardales, nella provincia di Buenos Aires, il 4 maggio scorso: “Non vogliamo tornare ai tempi in cui quelli di destra si sentivano in diritto di rovesciare governi di sinistra”, ha evidenziato, per esempio, Hugo Chávez (dei 12 Paesi che fanno parte dell’organismo, solo il Perù e la Colombia hanno riconosciuto il governo dell’Honduras). E la minaccia ha funzionato: per non mettere in imbarazzo il governo Zapatero, Porfirio Lobo si è sentito obbligato a rinunciare alla sua partecipazione al Vertice di Madrid.

È quanto, del resto, chiedevano, in una lettera ai presidenti dell’Unasur, importanti personalità e organizzazioni dell’America Latina, contrarie a qualsiasi riconoscimento di un governo, quello appunto di Porfirio Lobo, che è “sorto da una frode elettorale realizzata allo scopo di perpetuare gli interessi dei gruppi di potere” e che continua a reprimere il popolo “attraverso l’assassinio selettivo di leader e di giornalisti indipendenti (ne sono stati uccisi già sette sotto la presidenza Lobo, ndr) e lo sgombero violento di comunità in lotta”. Esprimendo ammirazione per la resistenza del popolo honduregno, “piena di coraggio e di dignità”, i firmatari della lettera - tra cui  il Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel, il teologo brasiliano Frei Betto e Nora Cortiñas delle Madres de Plaza de Mayo (Línea Fundadora) – si dicono indignati dal fatto che “governi che si dicono democratici, in America Latina o in Europa, sorti in alcuni casi dalla volontà di popoli che hanno conosciuto dittature, facciano oggi prevalere gli interessi delle transnazionali e dell’imperialismo, procedendo verso il riconoscimento di un governo illegittimo”, frutto di un colpo di Stato “ispirato e propiziato” dal governo degli Stati Uniti, e in questo modo pregiudicando la lotta del popolo honduregno e “creando un precedente nefasto per futuri scenari di destabilizzazione che possano delinearsi nei nostri Paesi”.

Argomenti, questi, a cui non si mostrano invece sensibili i presidenti del Centroamerica, che hanno provveduto tutti a riconoscere il governo Lobo, a cominciare dal guatemalteco Álvaro Colom e dal salvadoregno Mauricio Funes, entrambi sostenitori della necessità che l’Honduras venga reincorporato all’Oea (Organizzazione degli Stati Americani) e al Sica (Sistema di Integrazione Centroamericana). Non ha fatto eccezione neppure Daniel Ortega, il quale ha ricevuto con grande cordialità l’illegittimo presidente dell’Honduras - in visita ufficiale in Nicaragua -, malgrado il governo abbia assicurato che non vi sia stato alcun riconoscimento ufficiale. “Confidavamo nel fatto che il Nicaragua si mantenesse saldo nella decisione di non riconoscere  il governo Lobo, come hanno fatto gli altri Paesi dell’Alba”, ha denunciato, in una lettera dell’11 aprile, il Movimento Sociale Nicaraguense “Un altro mondo è possibile”. “Non ci capacitiamo di come, proprio in un momento in cui la repressione ha raggiunto il livello più alto, si produca questo riconoscimento de facto da parte del nostro governo”. Ed è così che, obbligato a saltare il Vertice di Madrid tra Unione Europea e America Latina, Porfirio Lobo ha potuto invece confermare la propria presenza alla riunione, immediatamente successiva, tra Ue e Centroamerica.

È proprio allo scopo di strappare il riconoscimento della comunità internazionale che il governo honduregno ha dato vita, con il sostegno dell’Oea, a una Commissione della Verità incaricata di far luce sulle violazioni dei diritti umani commesse dopo il colpo di Stato del 28 giugno 2009, ma impegnandosi a divulgare i risultati in un arco di tempo addirittura di 10 anni e lasciando fuori gli organismi per i diritti umani, i quali hanno subito reagito annunciando la creazione di una Commissione Alternativa del Popolo “per il rispetto dei diritti umani e la costruzione di una vera democrazia”, “partecipativa, indipendente e rigorosa”.

 

Sempre più resistenza

E mentre il governo continua a gettare fumo negli occhi degli organismi internazionali – dopo aver concesso l’amnistia ai golpisti, garantito l’impunità a Roberto Micheletti attraverso la nomina a senatore a vita - il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (Fnrp), diventato una delle forze popolari più possenti e combattive della regione, ha lanciato il 20 aprile la campagna per la raccolta (entro il 28 giugno prossimo, primo anniversario del golpe) di un milione e mezzo di firme a favore della convocazione di un’Assemblea costituente democratica, partecipativa e popolare per la rifondazione del Paese. “Oggi non facciamo più una mobilitazione al giorno come l’anno passato – ha spiegato, in un’intervista apparsa su Argenpress il 29 aprile, Carlos Humberto Reyes, presidente del Sindicato de Trabajadores de la Industria de Bebidas y Similares e uno dei principali rappresentanti del Fnrp – ma la resistenza si è generalizzata in tutto il Paese. Realizziamo un lavoro serio di organizzazione, coscientizzazione e mobilitazione. Continuiamo a denunciare il golpe e ad insistere sulla proposta della Costituente. Nel caso non sia possibile, vedremo di organizzare più avanti uno strumento elettorale”. E al segretario generale dell’Oea Miguel Insulza, recentemente riconfermato alla guida dell’organismo, il Fronte chiede rinnovati sforzi in direzione di un recupero della democrazia in Honduras, attraverso la ristrutturazione del sistema giudiziario, la smilitarizzazione della società, la creazione di spazi di partecipazione e discussione riguardo alla necessità di un’Assemblea Costituente che detti una nuova Costituzione, l’applicazione della giustizia ai responsabili dei crimini di lesa umanità, l’autorizzazione al presidente Manuel Zelaya e ai suoi collaboratori a tornare in Honduras con tutti i loro diritti civili e politici, la garanzia per il Fronte Nazionale di Resistenza di potersi esprimere “come forza sociale e politica di opposizione con partecipazione piena in tutti i processi politici elettorali”. (claudia fanti)

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