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“FEDELI A CRISTO. ED APERTI AL CONFRONTO”. IL DIOCESANO DI TRIESTE RIAPRE LA RUBRICA CHIUSA DALLA CURIA

Tratto da: Adista Notizie n° 44 del 29/05/2010

35611. TRIESTE-ADISTA. È diventato uno scontro aperto quello tra il vescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, e il settimanale diocesano Vita nuova. Il vescovo aveva deciso di chiudere la rubrica delle lettere, in seguito alla pubblicazione, nel dicembre scorso, di una “Lettera di Natale” firmata da nove preti, dai toni piuttosto critici nei confronti dell’attuale situazione politico-ecclesiale (v. Adista n. 35/10). Ebbene, dopo appena qualche settimana, il settimanale diocesano ha deciso unilateralmente di ripristinare la rubrica a partire dal numero del 23 aprile scorso. Un gesto che sottolinea con forza l’autonomia della testata, e che è stato accompagnato da un editoriale della direttrice Fabiana Martini - intitolato ‘Fedeli a Cristo’ - che evidenzia come, in 90 anni di attività, il settimanale abbia sempre cercato di essere “un laboratorio di relazioni e un luogo di dialogo aperto a tutti, dove nessuno ha mai pestato i piedi e dove ciascuno si è impegnato a realizzare una sinfonica coabitazione di tante voci diverse ma non dissonanti, dove tutte le componenti della diocesi hanno trovato spazio e dove non è mai mancata la partecipazione profonda e attiva alle questioni che hanno interessato la società civile”.

Sono state le reazioni seguite alla pubblicazione della lettera aperta di Claudio Magris - che lamentava la chiusura dello spazio delle lettere - a suscitare alcune riflessioni, “innanzitutto sullo stile con cui certi giudizi sono stati esternati”, ha spiegato la direttrice: “Prima di verificare l’ortodossia di uno strumento come il settimanale diocesano credo che come comunità cristiana siamo chiamati ad interrogarci sulla qualità delle nostre relazioni e del nostro umanesimo. Ai pagani che gli chiedevano ‘mostrami il tuo Dio’ - ha proseguito - Teofilo di Antiochia, un vescovo del II secolo, ribaltava la domanda: ‘Mostrami il tuo uomo e io ti mostrerò il tuo Dio’. Siamo in grado con la nostra testimonianza quotidiana di far vedere la nostra adesione a Gesù Cristo e alle sue parole?”. “Proprio per essere fedele a Cristo, che si è incarnato - ha continuato la Martini -, la Chiesa è chiamata a farsi carico dei problemi dell’uomo, di tutti gli uomini e le donne. L’identità, da riaffermare più sulla base di serie motivazioni e di responsabili prese di coscienza che in forza di battaglie apologetiche e di arroccamenti difensivi, è quella di un cristianesimo che ha come fondamento e ispirazione la Parola di Dio contenuta nelle Scritture e che vuole essere giudicato sulla sua capacità di essere o meno ‘evangelo’, buona notizia per tutta l’umanità, nessuno escluso. In una parola un modo umano di vivere che racconti Dio attraverso Gesù Cristo. E come ci ricorda il Concilio - ha concluso -, la fedeltà nella trasmissione del depositum fidei non solo non vieta, ma esige che si tenga conto sia delle diverse situazioni storiche e culturali, sia del pieno rispetto dovuto alla libertà di coscienza di coloro ai quali il Vangelo è annunziato”.

Un editoriale chiaramente rivolto al vescovo Crepaldi, che nella sua risposta a Magris aveva accusato il settimanale di scivolare “lentamente dal suo essere uno spazio cattolico per diventare una specie di spazio neutro dove tutti potevano scrivere tutto e il contrario di tutto” e che aveva definito interventi come la Lettera di Natale che aveva dato origine al caso, “scritti contrari alla fede, alla Chiesa e al magistero”.

Il vescovo ha raccolto comunque il sostegno del Consiglio presbiterale diocesano che, il 25 aprile scorso, ha distribuito nelle chiese una nota in cui viene espressa, “a nome di tutto il clero e dei fedeli della diocesi, piena e totale stima nonché affetto e obbedienza al vescovo”.

“È vero - è stato il commento di uno dei firmatari del testo incriminato, don Mario Vatta, che ha paragonato Crepaldi, nominato alla guida di Trieste nel 2009, al suo predecessore, mons. Eugenio Ravignani - mi attendevo l’arrivo di un altro pastore, e ho visto invece arrivare il manager: ma io non dispero che il vescovo tiri fuori le sue qualità di pastore. Spero, anzi, che la ‘mina’ lanciata da Magris porti qualcosa di buono. Credo ci vorrà un cammino lungo per arrivare alla riconciliazione. Ma non dobbiamo disperare. Io ci credo veramente. Se poi il cammino si rivelerà più facile - ha concluso -, meglio ancora”. (ingrid colanicchia)

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