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NON TUTTE LE CATASTROFI SONO UGUALI. LE INONDAZIONI IN PAKISTAN NON COMMUOVONO L’OCCIDENTE

Tratto da: Adista Documenti n° 67 del 11/09/2010

DOC-2286. ISLAMABAD-ADISTA. È il maggior disastro umanitario della storia del Pakistan, eppure non tocca il cuore dell’Occidente. “Le piogge senza precedenti cadute a partire dal mese di luglio”, ha scritto, in una lettera alla Caritas Internationalis, il direttore della Caritas pakistana Joseph Coutts, “hanno provocato una devastazione generalizzata in tutto il Paese, per oltre 1.500 chilometri”. Più di 15 milioni di persone sono state colpite: “è più di quanto abbiano fatto lo tsunami asiatico del 2004, il terremoto del Kashmir del 2005 e quello di Haiti del 2010 messi insieme, per quanto il numero di morti, circa 2.000, sia per fortuna molto più basso” (rispetto, per esempio, alle circa 230mila vittime del terremoto haitiano).

Decine di migliaia di ettari di riso, canna da zucchero, mais e altre coltivazioni sono andati perduti e con essi gli allevamenti. E la nuova semina non sarà possibile prima di qualche mese. Ugualmente distrutte strade, ponti, ferrovie. I gruppi di soccorso della Caritas pakistana, che, ricorda Coutts, lavora in stretta collaborazione con il governo e con altre ong internazionali e locali, “sono subito entrate in azione nelle quattro province colpite”, ma si tratta di un disastro “inimmaginabile” e il lavoro da svolgere è immane. “Pertanto, facciamo un appello all’Unione Europea, agli Stati Uniti e a tutti i governi del mondo perché appoggino generosamente i nostri sforzi nel gigantesco compito che ci troviamo di fronte. Molte organizzazioni locali e ong stanno rispondendo con generosità, ma le risorse locali non sono sufficienti”.

E addirittura “straordinaria” ha definito la carenza di aiuti il direttore delle operazioni di emergenza dell’Unicef, Louis George Arsenault, il quale si è appellato alla comunità internazionale perché intervenga urgentemente in soccorso del Paese. “Il nostro livello di necessità in termini di finanziamenti è enorme in confronto a quello che stiamo ricevendo, tanto più che questa è la maggiore crisi umanitaria a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni”.

C’entrerà forse il fatto, come evidenzia Pierre R. Chantelois sul giornale del Quebec CentPapiers (20/8), che l’immagine del Pakistan in Occidente è tutt’altro che invidiabile? Che sul Paese piovono le accuse di collusione coi talebani afgani? Forse le catastrofi naturali ispirano sentimenti di solidarietà a seconda di dove accadono? E quanto può influire il fatto che presidente non ha neppure sospeso la sua visita all’estero mentre il suo Paese finiva sott’acqua? Domande a cui Chantelois non dà una risposta, limitandosi ad aggiungerne una conclusiva: “E se il Pakistan fosse stato di confessione cattolica?”.

Di seguito alcuni stralci del suo articolo, in una nostra traduzione dal francese, preceduto dall’appello della Conferenza episcopale del Pakistan, firmato dal suo presidente, l'arcivescovo di Lahore mons. Lawrence Saldanha. (c. f.)

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