Chiesa di frontiera Il Vangelo sulla strada: una parrocchia incontra le prostitute
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 74 del 02/10/2010
Tutto è partito alla fine del 1996 per iniziativa di don Giovanni Carpentieri, un prete della diocesi di Roma, all’epoca vice-parroco di San Frumenzio. Don Giovanni si rese conto che a Roma, e in particolare nella zona della via Salaria, il fenomeno della tratta e dello sfruttamento sessuale era, ed è, molto diffuso, con una presenza forte di offerta sessuale soprattutto da parte di donne immigrate. Alcune ragazze sembravano molto giovani, alcune spavalde, altre spaventate, molte sofferenti e bisognose. La dolorosa constatazione che indignò don Giovanni era che tutte queste ragazze abitavano la città di Roma o il territorio della parrocchia, ma nessuno si occupava dei loro bisogni, né la comunità civile, né tanto meno la comunità cristiana della nostra città. Eppure era facile immaginare che molte di loro fossero povere o malate o confuse, se non addirittura schiave. Molti vogliono cacciarle dai marciapiedi delle nostre strade e molti pagano per avere rapporti con loro. Pochi si interessano della loro vita.
Don Giovanni comunicò la sua indignazione ad alcuni di noi, giovani della comunità parrocchiale, l’indignazione ci contagiò e così, per offrire una presenza e un conforto alle donne vittime di tratta per sfruttamento sessuale o in generale alle donne che si prostituiscono, la parrocchia di San Frumenzio, dal novembre di quell’anno, ha attivato un’Unità di Strada con uscite settimanali notturne di volontari della parrocchia.
L’inizio del servizio è stato ovviamente difficoltoso. Eravamo completamente digiuni di informazioni essenziali e piuttosto sprovveduti: sono stati necessari mesi di approfondimento sulla questione della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, sulla normativa riguardante l’immigrazione, sui servizi sanitari e di accoglienza per donne vittime di sfruttamento sessuale presenti a Roma, sulla figura e sul ruolo del cliente. Ma soprattutto bisognava decidere modalità concrete e efficaci di incontro sulla strada con le ragazze. E non era facile! Eravamo ingenuamente incoscienti e inconsapevoli: questo ci ha fatto partire, spingendoci verso un’avventura più grande di noi con un coraggio che non pensavamo di avere, ma certo ci ha fatto anche pagare il prezzo dell’iniziale ignoranza sul fenomeno prostituzione e sulle modalità di approccio con le ragazze di strada. Abbiamo commesso molti errori e a volte ci siamo spesso comportati in modo un po’ goffo. Alla fine, dopo aver conosciuto ed esserci confrontati con don Oreste Benzi a Rimini, con don Francesco a Livorno e dopo aver organizzato un bel convegno per educare e sensibilizzare al tema la nostra comunità, siamo cresciuti in capacità e consapevolezza e abbiamo deciso di incontrare le ragazze nel modo più semplice possibile, sempre accompagnati da un prete della comunità parrocchiale (prima don Giovanni, poi altri, fino a don Michele Manzulli che attualmente coordina e accompagna il gruppo), cercando il dialogo e la conoscenza anziché offrire subito informazioni, servizi o facili soluzioni a persone con vite assai complicate. Da marzo 2010 l’attività dell’Unità di Strada, negli anni sospesa a volte per brevi periodi, è nuovamente ripresa.
Le uscite di noi volontari avvengono normalmente una volta a settimana, il mercoledì dalle 22 all’una di notte circa, seguendo l’itinerario della via Salaria, adiacente al territorio parrocchiale. L’obiettivo principale dell’Unità di Strada è stato fin dall’inizio quello di raggiungere le donne che sono indotte a prostituirsi in strada dal bisogno, dall’ignoranza, ma soprattutto dalla violenza altrui, per avviare con loro una relazione di conoscenza, di amicizia e di fiducia, offrendo nuovi punti di riferimento umani e sociali. Attraverso la relazione stabilita con le ragazze noi volontari cerchiamo poi non solo di costruire rapporti di affetto, sostegno, confidenza, ma anche, in un secondo momento, di fornire informazioni relative ai servizi del territorio, facilitarle nell’accesso e sui possibili percorsi di fuoriuscita dalla prostituzione e dallo sfruttamento. Tutto questo però solo quando è possibile e quando percepiamo un bisogno o riceviamo una richiesta da parte di una ragazza: il principale obiettivo del servizio rimane infatti sempre e comunque l’incontro con la persona e la cura della relazione. Altrimenti noi volontari saremmo, più o meno consapevolmente, indotti ad ignorare o a trascurare le ragazze che non sembrano avere alcun bisogno delle nostre informazioni o che non mostrano nessuna volontà di uscire dalla loro condizione di sofferenza o sfruttamento. E allora il progetto di liberazione della persona che abbiamo in mente prenderebbe il sopravvento sulla persona stessa! Sembra paradossale, ma dimenticare il primato della persona per esaltare invece il progetto (per quanto nobile) su di essa è un pericolo sempre in agguato per chi come noi organizza un servizio in risposta a un bisogno. Invece vogliamo prima di tutto esserci, anche solo con la presenza e il silenzio, se non si può far altro; esserci e forse accogliere le domande; e suscitarle anche. E rispettare le strade, i percorsi, i cammini, i riferimenti, le culture, le tradizioni, i tempi...
Con la nostra piccola Unità di Strada cerchiamo poi di rimanere in costante collegamento con le forze dell’ordine, i servizi sociali del territorio, i centri d’ascolto, le altre organizzazioni laiche e cristiane attive nel servizio alle donne prostituite e soprattutto con i Centri di accoglienza e le strutture che ospitano le donne vittime della tratta. La relazione con le ragazze di strada rimane sempre al primo posto, e ci obbliga a essere sempre informati e attenti alla realtà sociale per essere eventualmente pronti a rispondere adeguatamente a un bisogno improvviso o ad una richiesta di aiuto. Proprio nell’ultimo periodo una ragazza romena è stata aiutata ad uscire dalla strada.
Inoltre il monitoraggio diretto e continuo del fenomeno della prostituzione e della tratta ci permette anche di avere informazioni tempestive sulle zone e i luoghi interessati dal fenomeno, i cambiamenti e gli spostamenti ciclici delle donne, sulle forme di sfruttamento sessuale, nonché sulle condizioni di vita e di lavoro delle ragazze. Tutte queste informazioni e conoscenze ci potranno in seguito essere utili per perseguire obiettivi di informazione, educazione e sensibilizzazione nel territorio sul fenomeno della prostituzione per combattere lo stigma, i luoghi comuni e i pregiudizi che inevitabilmente circondano il mondo della prostituzione di strada.
Rimane da spiegare perché una delle tante parrocchie della periferia romana dovrebbe occuparsi così direttamente di donne prostituite (termine che preferiamo a prostitute). La convinzione della comunità e del presbiterio, che in questi anni l’ha accompagnata nel cammino di fede, è che il Vangelo porta in sé un progetto di giustizia e di difesa reale della dignità, della speranza, della vita, della salute, dei diritti delle persone. Di fronte a questo forte richiamo nessun cristiano adulto può fare quello che tutti noi facevamo da piccoli: giocare a nascondersi. Noi che abbiamo il riferimento della fede in Cristo siamo chiamati invece a trovare continuamente Dio, non solo nella liturgia domenicale o nella preghiera, ma soprattutto nelle altre persone. E allora noi proviamo ad essere lì dove il diritto è calpestato, dove c’è sofferenza, povertà, schiavitù, fatica. Purtroppo la dimensione della fatica, della schiavitù, la realtà di chi è schiacciato nel numero, nella quantità, nella sofferenza, nella costrizione, è molto superiore alle forze che noi tutti insieme abbiamo a disposizione. C’è una sproporzione impressionante! Eppure abbiamo ancora fame e sete di giustizia. E la giustizia è dare a Cesare quello che è di Cesare e dare a Dio quello che è di Dio. Sulla moneta che Gesù si fa portare c’è un’immagine e un’iscrizione di Cesare e allora Gesù dice “restituite a Cesare quello che è di Cesare”. Ma cosa dobbiamo restituire a Dio? A Dio dobbiamo restituire ciò su cui è impressa la Sua immagine: l’uomo e la donna. Ma non possiamo restituire a Dio dei mezzi uomini, delle mezze donne. A Dio dobbiamo restituire l’uomo e la donna interi, cioè dobbiamo cercare di creare le condizioni perché la persona sia veramente resa persona, in tutte le sue dimensioni come identità, dignità, futuro, vita, speranza, salute! Questa Unità di Strada è il nostro piccolo contributo sulla via della giustizia.
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