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LA SIRIA TRA BOMBE, MENZOGNE E MONTATURE. MA SPUNTA ANCHE UNA “TERZA VIA”

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 30/06/2012

36763. DAMASCO-ADISTA. Esiste un’alternativa, per la Siria, una “terza via” rispetto tanto al conflitto armato quanto a un possibile intervento militare dall’estero: un’alternativa con un nome dolce, Mussalaha, che significa “riconciliazione”, ed è, finalmente, un’iniziativa popolare nonviolenta promossa dalla società civile di Homs, città simbolo della guerra in atto – perché di questo si tratta, di una guerra tra due entità armate – tra l’esercito del regime di Bashar al-Assad (guidato dalla minoranza alawita, una ramificazione dello sciismo) e le forze di opposizione, costituite da un’alleanza di militanti islamisti sunniti.

È un’iniziativa che, come riporta Radio Vaticana sulla base delle notizie diffuse dall’agenzia Fides, «colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra», e conta sul sostegno particolare dei cristiani di Homs, di tutte le confessioni.

Che le potenzialità di tale iniziativa non siano certo da sottovalutare, anche rispetto alla possibilità di “contagio” verso altre città siriane, lo dimostrano i due incontri – e altri ne sono previsti – che si sono già svolti ad Homs, con la massiccia partecipazione dei rappresentanti di tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi. «In questi incontri – riferisce ancora Radio Vaticana - si è già avuto un risultato straordinario e impensabile: è stata sancita da dichiarazioni comuni, abbracci e impegni solenni la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite, protagonisti principali del conflitto in corso, che si sono pubblicamente impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco».

Su tale tentativo di riconciliazione popolare dal basso si sofferma anche la giornalista e militante pacifista Marinella Correggia, interpretandolo come un inatteso fattore di speranza «in un contesto di scontri sanguinosi fra esercito e gruppi armati, e atroci violenze settarie, che va avanti da mesi grazie alle determinanti ingerenze di Paesi occidentali e del Golfo»: Mussalaha – scrive sul sito SibiaLiria, che, già nella mescolanza delle sillabe di Siria e Libia, accomuna i due Paesi nello stesso copione di «sollevazioni armate, violente ed eterodirette, incuneatesi nella “primavera araba”» (www.sibialiria.org) – tiene a essere un tentativo del tutto siriano, senza manipolazioni esterne. Ma è utile e sarebbe doveroso appoggiarlo». Tanto più nell’attuale clima mediatico «intossicato ai massimi livelli», in cui i massacri e le violenze vengono invariabilmente attribuiti a una delle due parti, accelerando la costruzione del consenso necessario a un’altra azione militare stile Libia oppure ad accentuare lo scenario di guerra per procura già in atto. Il contrario di quel che occorrerebbe per un vero negoziato di pace».

È esattamente quanto avvenuto di fronte al massacro di civili a Houla del 25 maggio, con oltre cento morti fra cui donne e bambini, subito attribuito all’esercito regolare e soprattutto alle milizie pro-regime – tanto da indurre diversi Paesi, tra cui l’Italia, ad espellere i rispettivi ambasciatori siriani e da spingere il presidente Hollande ad evocare la possibilità di un intervento militare – e ricondotto invece dal prestigioso Frankfurter Allgemeine Zeitung a miliziani sunniti anti-Assad, che, approfittando della battaglia fra esercito e ribelli, avrebbero massacrato membri di famiglie della minoranza alawita e sciita.

Ma, se, come è noto, la prima vittima della guerra è la verità, chi prova a dirla si trova, invariabilmente, esposto ad aggressioni e calunnie. È il caso proprio di Marinella Correggia, coraggiosamente in prima linea nella denuncia dei bombardamenti in Iraq, Jugoslavia e Libia e delle menzogne che li hanno preceduti e accompagnati, e oggi vittima di attacchi «infondati, strumentali e meschinamente ad personam», come evidenziano, in una lettera di solidarietà alla giornalista, diversi esponenti del mondo pacifista (http://www.contropiano.org/it/archivio-news/documenti/item/9785-solidarietà-alla-giornalista-e-pacifista-marinella-correggia).

Dipinta niente di meno che come la «punta di lancia della propaganda in Italia del regime di Assad» (Germano Monti, sul blog Vicino Oriente); implicitamente inserita nella «strana Armata Brancaleone» dei complici, “rossi” e “neri”, «degli sgherri di Assad», quindi «anche loro con le mani sporche di sangue» (Amedeo Ricucci, inviato Rai di Minoli, il quale non cita Correggia, ma sottoscrive il commento di Germano Monti); accusata di “trarre un profitto” dai suoi articoli (Aya Homsi, nel gruppo facebook “Vogliamo una Siria libera” fiancheggiatore del Consiglio nazionale siriano); descritta come embedded (Enrico De Angelis, ricercatore di un Centro di studi francese al Cairo), Marinella Correggia, che è anche attivista della Rete NoWar nonché collaboratrice di Adista, non ha in realtà mai espresso una sola parola a favore del governo siriano (come è possibile verificare accedendo al sito di SibiaLiria), limitandosi – come rimarca Fulvio Grimaldi sul sito “Informare per Resistere” – a disintegrare «scientificamente, da professionista anziché da garzone di bottega, le montature e diffamazioni che l’Impero rovescia su governi e popoli da sgretolare e far scomparire» (www.informarexresistere.fr/2012/06/15/corvi-cornacchie-e-avvoltoi).

Marinella Correggia – evidenziano gli esponenti pacifisti nella loro lettera – «guasta la festa, scoprendo e documentando come, dietro sollevazioni senz’altro coraggiose e soggettivamente spontanee, ci siano anche registi occulti che armano i settori più estremisti, inviano nel Paese in questione guerriglieri mercenari per aizzare il dittatore di turno e, quindi, provocano guerre civili per giustificare poi i loro interventi “umanitari” a suon di bombe».

A differenza, poi, degli inviati di guerra, Marinella Correggia nelle zone di conflitto si è sempre recata come pacifista nell’ambito di delegazioni internazionali e interamente a sue spese, per condividere lo strazio delle popolazioni e dare voce alle vittime, così come del tutto gratuitamente ha sempre svolto la sua intera attività antiguerra. «La mia ostinazione – scrive – è giustificata solo dalla volontà di non vedere più il mio Paese bombardare altri popoli (con effetti che ho verificato in loco più volte) con pretesti umanitari veicolati da menzogne assordanti. Mi muove il desiderio che quella alla Libia sia stata l’ultima delle (nostre) guerre di bombardamenti e massacri». (claudia fanti)

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