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FESTA DELLA REPUBBLICA, NON DELLE FORZE ARMATE. IL 2 GIUGNO DEI PACIFISTI

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 01/06/2013

37174. ROMA-ADISTA. Non c’è crisi economica, sociale o politica che tenga: la parata militare del 2 giugno per festeggiare la Repubblica si deve fare. Un po’ più in economia – qualche reparto militare in meno e senza ricevimento presidenziale con lauto banchetto riservato a diplomatici e rappresentanti delle istituzioni per «ragioni di sobrietà e di massima attenzione al momento di grave difficoltà che larghe fasce di popolazione attraversano», spiega Napolitano –, ma anche quest’anno saranno uomini e donne in divisa e in armi, sfilando lungo via dei Fori Imperiali a Roma, a rappresentare simbolicamente la liberazione dalla dittatura fascista, la fine della monarchia sabauda e la nascita della Repubblica, con i referendum del 2 giugno 1946.
Il fronte dei contrari, però, nella “società civile”, si fa sempre più numeroso: sono oltre cento le associazioni del mondo pacifista, nonviolento, del servizio civile e impegnato nel sociale, fra cui molte di area cattolica – Acli, Associazione obiettori nonviolenti, Beati i costruttori di pace, Caritas, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, Commissione giustizia e pace degli Istituti missionari, Federazione Scs-Salesiani per il sociale, Mani tese, Pax Christi e molte altre – ad aver sottoscritto una lettera al presidente della Repubblica che comincia con le stesse parole, «Egregio presidente», del “Disertore”, poesia di Boris Vian musicata da Ivano Fossati: «Egregio presidente – si legge nel testo – nell’avvicinarsi della celebrazione della Festa della Repubblica, il prossimo 2 giugno, ci permettiamo di scriverle ancora una volta per sollecitare e valorizzare un’altra forma di celebrazione, che non associ simbolicamente la nostra Repubblica alla sola forza militare». «Noi crediamo che celebrare la Festa della Repubblica – scrivono le associazioni – sia anche e soprattutto il valorizzare le tante storie di chi ogni giorno si impegna per il bene del nostro Paese, lavorando per la coesione sociale, costruendo storie di pace, di giustizia, di solidarietà. Una scelta che esprime la volontà e le energie che il nostro Paese è in grado di mettere in campo e che prende le mosse dalla nostra Carta Costituzionale, scritta subito dopo il flagello del secondo conflitto mondiale e proprio per questo tesa al ripudio della guerra stessa. La stessa Costituzione ci indica come fondamento della nostra Repubblica sia la forza del lavoro, e non delle armi. Un lavoro che in questa fase di crisi manca a molti nostri concittadini e concittadine e che quindi è ancora più da valorizzare e celebrare. Perché sul lavoro si fonda il nostro vivere comune».
Al centro dell’attenzione, allora, non devono esserci i militari, ma «i valori fondanti della nostra Repubblica, rappresentati da quelle categorie sociali (vere e proprie forze vive dell’Italia) che hanno davvero il pieno diritto di essere celebrate in occasione del 2 giugno: le forze del lavoro, i sindacati, i gruppi delle arti e dei mestieri, gli studenti, gli educatori, gli immigrati, i bambini con le madri e i padri, le ragazze e i ragazzi del servizio civile», gli unici, questi ultimi, a ricordare la possibilità della «difesa non armata della Patria». «Vogliamo festeggiare la festa della Repubblica – spiegano – per riaffermare che solo attraverso l’impegno di tanti si può costruire un Paese coeso e solidale, dove la pace è declinata nei tanti piccoli gesti di responsabilità, disponibilità, di dialogo, di ricerca delle ragioni dello stare insieme».
Dal canto loro, le associazioni annunciano che festeggeranno un 2 giugno che «ripudia la guerra» nei loro territori: «Apriremo le nostre porte nello spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione», perché il 2 giugno «non è la Festa delle Forze Armate ma di tutta la Repubblica», «mentre i giovani in servizio civile nazionale si recheranno nei Comuni colpiti dal terremoto emiliano del maggio 2012». (luca kocci)

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