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Un viaggio nel cuore della vita: al di là del credo, della dottrina, della religione

Tratto da: Adista Documenti n° 35 del 12/10/2013

DOC-2562. BOLSENA (VT)-ADISTA. Quanto immane - e rischioso, appassionante, appagante - sia lo sforzo di rimuovere dal messaggio di Gesù le incrostazioni del passato, riformulando l’intera fede cristiana in un linguaggio significativo per il mondo postmoderno, lo dimostra alla perfezione l’opera del teologo e vescovo episcopaliano John Shelby Spong, diffusa in Italia grazie alla Massari editore, piccola casa editrice con sede a Bolsena all’avanguardia sul terreno della più innovativa ricerca teologica. Dopo aver già pubblicato del teologo statunitense i libri Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo (2010, pp. 368, euro 15; v. Adista n. 94/10) e Gesù per i non religiosi (2012, pp. 430, euro 17; v. Adista Documenti n. 28/12), la Massari editore presenta ora al pubblico italiano un nuovo importante tassello nell’avvincente percorso teologico dell’autore, nel suo «cammino nel mistero di Dio lungo il sentiero di Cristo»: Il quarto Vangelo. Racconti di un mistico ebreo (2013, pp. 382, euro 20, acquistabile presso Adista, telefonando allo 06/6868692, inviando una mail ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito).

Un’opera, questa, in cui l’autore ripercorre in maniera totalmente nuova il vangelo di Giovanni, poco amato da Spong per la maggior parte della sua carriera professionale (sembrandogli, quello di Giovanni, «un Gesù privo della sua integrale umanità»), ma poi riscoperto compiutamente come libro che «parla di vita», come un viaggio nel cuore della vita, al di là del credo, della dottrina e anche della religione, molto al di là dei bisogni di sicurezza religiosa che la Chiesa istituzionale protegge con tanto zelo, anche a costo di mantenere i suoi fedeli nell’ignoranza, come se questa possa mai fare il gioco di Dio. Un viaggio verso una comprensione completamente nuova del cristianesimo, verso una nuova dimensione di ciò che significa essere umani, verso la consapevolezza che «quando una vita umana è aperta a tutto ciò che l’umanità può essere, allora l’umano e il divino si uniscono e diventano uno».

Una lettura radicalmente alternativa, quella di Spong, da cui il lettore apprenderà che questo Vangelo, scritto in parti diverse da autori diversi in un periodo di circa trent’anni (verso la fine del I secolo), «non può contenere in nessun senso letterale le “parole di Dio”». Che probabilmente Gesù non ha mai pronunciato realmente nessun detto che gli è stato attribuito; che non ha mai avuto luogo nessuno dei miracoli descritti (da intendersi come racconti che conducono a una nuova coscienza, e non come «resoconti letterali di come una divinità soprannaturale abbia invaso la storia umana per cambiarla miracolosamente»); che i personaggi che compaiono nel racconto - Nicodemo, la donna samaritana, l’uomo paralitico e quello cieco dalla nascita, Lazzaro e persino Giuda -  sono nella maggior parte dei casi creazioni letterarie; che persino «la madre del Signore» è una figura mitologica (lo è molto prima della sua apparizione nel vangelo di Giovanni, il quale tuttavia continua a svilupparne il mito); che «parlare di una divinità esterna che entra nella carne della nostra esistenza fisica, che è il modo in cui la maggioranza della gente interpreta il cristianesimo e legge questo Vangelo, non si avvicina minimamente a ciò che intendeva il suo scrittore», un mistico ebreo «che scrive un libro ebraico che va in tutto e per tutto al di là dei significati letterali, che attinge le sue immagini fondamentali dal misticismo ebraico», che vuole raccontare la storia di Gesù come di qualcuno che oltrepassa limiti, che supera le barriere, che rompe le mura di sicurezza, per «farci vedere che siamo parte di chi e di ciò che Dio è e per farci entrare nell’eternità che Dio rappresenta».

Una lettura, quella di Spong, che liquida la dottrina dell’espiazione così presente invece negli scritti di Paolo - e così legata alla visione dualistica di una separazione netta tra ambito celeste ed ambito umano -, presentando la croce non come il prezzo da pagare richiesto dal peccato, ma come «il momento in cui la gloria di Dio fu finalmente rivelata nella capacità di Gesù di dare la sua vita nell’amore»: non dunque «la redenzione di chi è caduto, ma la trasformazione di chi si è aperto». Nell’interpretazione di Giovanni, allora, «il messaggio di Gesù è che si scopre l’essenza della vita quando si è liberi di donare la propria», quando si è liberi «di essere tutto ciò che possiamo essere e poi di aiutare gli altri a essere tutto ciò che loro possono essere». Ed è qui che va colto anche il senso della resurrezione, che non è quello della rianimazione di un corpo defunto, ma è il riconoscimento che nessuna tomba può «trattenere il significato presente nella vita di Gesù»: un evento non fisico, ma reale, «un’esperienza interiore di trasformazione in cui sono stati distrutti tutti i limiti e attraverso la quale si è realizzata l’unione con ciò che noi chiamiamo Dio».

Di seguito, alcuni stralci tratti da tre capitoli del libro di Spong. (claudia fanti)

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