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Far del male a un’amica

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 42 del 30/11/2013

Per Leopardi, pessimista cosmico, la natura era una matrigna cattiva e non una madre che protegge. In verità, sono piuttosto gli esseri umani a essere i Thénardier della situazione (per citare I Miserabili di Hugo). Con le loro stolte mosse, riescono a creare catastrofi – e si pensi agli eventi estremi accentuati dai cambiamenti climatici: alluvioni e siccità, uragani e desertificazione, sconvolgimento delle stagioni –, o quantomeno a trasformare fatti naturali in tragedie con morti e distruzioni. Come è successo in Sardegna dove un nubifragio è diventato catastrofe per una serie di responsabilità (in)umane.

(In)umani sono l’abusivismo edilizio o la cementificazione legale accomunati dal devastare aree fragili. (In)umana è l’incuria politica e civile rispetto ai rischi o ai dissesti idrogeologici che interessano 6.500 comuni italiani su 8mila, eppure prevenire i primi e curare i secondi (come si cura un malato) creerebbe molto lavoro e farebbe risparmiare in spese di ricostruzione. (In)umana è l’incapacità di gestire l’allerta, impartendo istruzioni utili e vincolanti alle popolazioni interessate. (In)umana è l’assenza di piani di evacuazione praticamente in tutti i comuni italiani. (In)umana infine è l’ignoranza dei cittadini, che non sanno cosa fare di fronte a una catastrofe.

La vergogna è quando questa rovina per mano umana colpisce un contesto come l’Italia, dove davvero la natura è un’amica mite. Non è in effetti così ovunque nel mondo, e va detto. Se l’Italia dovesse subire cicloni, tifoni, uragani come quelli che ad esempio imperversano a Cuba, i morti sarebbero migliaia. Forse toccherebbe pagare la piccola isola rivoluzionaria perché ci insegni il suo sistema di prevenzione e allerta contro le catastrofi efficace, economico e salvavita.

Ci sono indubbiamente luoghi meno ospitali di altri. Pensiamo alla recente ecatombe filippina: anche lì ci sono responsabilità umane, però obiettivamente la “furia degli elementi” c’è stata. Come fu per lo tsunami (terremoto più maremoto) del 2004 nel Sud-Est asiatico, centinaia di migliaia di morti. Pensiamo ai deserti, dove è molto difficile la vita. L’acqua è scarsa e il cibo anche. La fatica quotidiana è invece tanta. Pensiamo alle faglie sismiche, forse inadatte agli insediamenti umani ma comunque abitate.E pensiamo alla giungla o comunque ai luoghi tropicali. A parte l’umidità del clima, là è tutto un brulicare di predatori di piccola e grossa taglia. In India 400 contadini finiscono ogni anno divorati dalle tigri. Nel mondo 500mila persone sono morse da serpenti velenosi (magari senza avere antidoti a disposizione). Tre milioni di persone muoiono di malaria ogni anno. Molte vengono invalidate da altre patologie causate dagli insetti “esotici”. Pensiamo al Polo e ai Paesi freddi e bui.Pensiamo alle lande piatte, insignificanti e avare di tutto.

Ma noi, invece, che siamo in un paradiso verde e senza belve, qui nella parte alta del Mediterraneo, ci comportiamo come se volessimo volare all’inferno. È la grande vergogna.

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