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PAROLE DI PROFEZIA DI PAPA FRANCESCO. ASPETTANDO I FATTI

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 19/04/2014

37606. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «Anche tanti pensatori nella Chiesa sono stati perseguitati. Io penso ad uno, adesso, in questo momento, non tanto lontano da noi, un uomo di buona volontà, un profeta davvero, che con i suoi libri rimproverava la Chiesa di allontanarsi dalla strada del Signore. Subito è stato chiamato, i suoi libri sono andati all’indice, gli hanno tolto le cattedre e quest’uomo così finisce la sua vita: non tanto tempo fa. È passato il tempo ed oggi è beato! Ma come, ieri era un eretico e oggi è un beato? È che ieri quelli che avevano il potere volevano silenziarlo, perché non piaceva quello che diceva. Oggi la Chiesa, che grazie a Dio sa pentirsi, dice: “No, quest’uomo è buono!”. Di più, è sulla strada della santità: è un beato!». 

Chi si sarebbe mai aspettato da un papa parole che accusano il potere della Chiesa di mettere il bavaglio ai profeti? 

Eppure papa Francesco le ha pronunciate, il 4 aprile, durante la Messa a Casa Santa Marta. Il papa non dice il nome di quell’«uno» fra i pensatori «perseguitati» che ha in mente, ma dal ritratto che ne traccia sembra emergere la figura di Antonio Rosmini, che ebbe messi all’Indice due suoi libri, fra i quali il famoso Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (per la quale auspicava una via più evangelica) e morì senza vedere la sua riabilitazione, pienamente giunta solo nel 2007, quando venne beatificato ed esaltato quale «profeta ubbidiente». 


Granelli di sabbia

Se è vero che l’Indice non esiste più, è pur vero che non mancano e non sono mancate punizioni della Congregazione per la Dottrina della Fede (CdF), come l’imposizione del silenzio, la proibizione dell’insegnamento e perfino la scomunica, verso ricercatori di una teologia più al passo con le conoscenze attuali e di strade pastorali più inclusive e misericordiose. Innumerevoli gli esempi, soprattutto sotto Giovanni Paolo II, Ratzinger regnante alla CdF, e sotto Ratzinger papa. Qui basti appena qualche nome fra i più noti: l’allora francescano p. Leonardo Boff, i gesuiti p. Jacques Dupuis e Anthony de Mello, p. Roy Bourgeois dei Fratelli di Maryknoll…

Non che la censura dell’ex Sant’Uffizio non si sia ripetuta sotto il pontificato di Francesco: è del 19 febbraio scorso il divieto di celebrare messa in pubblico e l’imposizione di «una vita di preghiera e penitenza» comminati al settantaseienne p. Jerry Zawada per aver concelebrato, come fece p. Roy Bourgeois, una messa con un donna prete (v. Adista Notizie n. 14/14); ed è dell’aprile 2013 la conferma data da papa Francesco (v. Adista Notizie n. 16/13) al commissariamento della Leadership Conference of Women Religious (Lcwr, organismo delle religiose statunitensi), misura punitiva decisa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per «posizioni incompatibili con la fede cattolica».

Francesco come i precedenti pontefici, dunque? Forse no, forse è semplicemente difficile fermare una macchina – la CdF – in pieno movimento e nelle ferree mani del card. Gerhard Ludwig Müller.

Forse, per ottenere dall’istituzione quella maggiore misericordia che, secondo Francesco, Dio elargirebbe nei confronti dell’umanità peccatrice, si può gettare qualche manciata di sabbia negli ingranaggi della CdF, per esempio ricordandole il caso dei vari Rosmini – morti e beatificati o ancora viventi ed esiliati dalla comunità ecclesiale – prima condannati, poi osannati: un invito traverso alla prudenza a tutto vantaggio della credibilità. 


Dalle parole ai fatti

D’altronde non è la prima volta che Francesco manda messaggi all’ex Sant’Uffizio. Il 6 giugno scorso, parlando ai religiosi del continente latinoamericano (v. Adista Notizie n. 23/13), ha suggerito: «Se per caso vi capita di cadere in errore, di fare una gaffe, questo passa! Forse vi arriverà una lettera della CdF osservando che avete detto tale o talaltra cosa… ma voi non preoccupatevi. Spiegate quello che dovete spiegare, ma andate avanti… aprite le porte, agite lì dove la vita chiama. Preferisco una Chiesa che sbaglia facendo ad una che si ammala perché rimane chiusa».

E il 31 gennaio di quest’anno, all’incontro con i partecipanti alla plenaria della CdF ha innanzitutto indicato da quale tentazione l’organismo si deve guardare: «Fin dai primi tempi della Chiesa esiste la tentazione di intendere la dottrina in un senso ideologico o di ridurla ad un insieme di teorie astratte e cristallizzate», «di appropriarci dei doni della salvezza che viene da Dio, per addomesticarli, magari anche con buona intenzione, alle vedute e allo spirito del mondo. E questa è una tentazione che si ripete continuamente». E ha poi precisato: «In realtà, la dottrina ha l’unico scopo di servire la vita del Popolo di Dio ed intende assicurare alla nostra fede un fondamento certo». «Prendersi cura dell’integrità della fede» è il «compito molto delicato che vi è affidato».

C’è chi attende, nel popolo di Dio e fra i teologi attualmente sotto osservazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, che queste parole si traducano in atti di dialogo e approfondimento dottrinale, piuttosto che in unilaterali misure di punizione e rottura. (eletta cucuzza)

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