ISOLOTTO, PIAGGE, PARTENIA: CON MONS. GAILLOT, A FIRENZE SI CELEBRA LA CHIESA SENZA FRONTIERE
Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 08/11/2014
37851 ROMA-ADISTA. Due comunità che rappresentano passato e presente del cristianesimo di base fiorentino; più una terza, “virtuale”, ma che da quasi due decenni incide in modo assai più concreto di tante comunità “reali” sulle dinamiche pastorali e sul tessuto ecclesiale. Sono le comunità dell’Isolotto, delle Piagge e quella di Partenia. La prima, l’Isolotto – dal nome di un quartiere costruito negli anni ‘50 e che fu simbolo dell’utopia di città umane e umanizzanti che caratterizzò gli anni da sindaco di Giorgio La Pira – è quella forse più conosciuta nell’ambito del mondo cattolico conciliare e progressista. È la comunità per anni animata da don Enzo Mazzi, quella che “osò” disobbedire al vescovo Florit. Costretta ad abbandonare – correva il mitico anno 1968 – quello che ormai era il simulacro di cemento e mattoni della loro parrocchia per andare ad “abitare” la parrocchia viva, fatta di carne, lacrime e sudore del loro quartiere. Le celebrazione in piazza, ogni domenica, e la serie crescente di iniziative intraprese nel corso degli anni ancorarono profondamente la comunità ecclesiale ai problemi sociali e del lavoro, unendo in un percorso comune credenti e non credenti, italiani e stranieri, integrati ed emarginati.
L’esperienza delle Piagge, altro nome che viene da un quartiere popolare, alla periferia nord-ovest di Firenze, è nata molto più tardi, a partire dal 1994, quando ci arrivò, giovane prete, don Alessandro Santoro. Nacquero da allora una miriade di iniziative autogestite di animazione pastorale e sociale del territorio, che hanno visto e tuttora vedono lavorare fianco a fianco credenti e non credenti: una bottega delle economie solidali; il Fondo Etico e Sociale, per finanziare progetti di promozione del territorio; il doposcuola per i bambini; la scuola di alfabetizzazione per adulti e stranieri; le attività di recupero e riciclaggio dei rifiuti; quelle per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate; il laboratorio politico “Cantieri solidali”, un giornale, una casa editrice e molto altro ancora.
Partenia, infine, è il nome di una diocesi che non esiste. Cioè, esiste, ma solo sulla carta. È una di quelle diocesi cosiddette “titolari” che vengono di solito assegnate ai prelati di Curia o agli ecclesiastici in carriera. Servono a conferire il rango episcopale, ma senza l’obbligo della “cura delle anime” e delle altre incombenze connesse all’amministrazione di un territorio diocesano. A mons. Jaques Gaillot però la titolarità di Partenia, diocesi algerina (oggi in territorio desertico) che ha smesso formalmente di esistere già nel V secolo d. C., non fu data come “sigillo” alla sua carriera. Gaillot era già vescovo, e sin dal 1982, della diocesi francese di Evreux, in alta Normandia. Vescovo di Partenia il Vaticano lo nominò, nel 1995, come punizione per il suo impegno a favore dei sans papier e delle prostitute; le iniziative a favore del riconoscimento dei diritti dei gay anche dentro la Chiesa; le sue critiche al celibato ecclesiastico ed alle norme che vietano l’eucarestia ai divorziati risposati; la sua vicinanza al popolo palestinese; il suo modo radicale e profetico di vivere un Vangelo incarnato nella drammatica realtà di quelle che oggi il papa regnante ama definire le “periferie della storia”. Ma come don Lorenzo Milani fece del suo esilio a Barbiana il luogo dal quale gridare al Paese l’ingiustizia di una scuola di classe e di una Chiesa complice delle sperequazioni economiche e sociali, così Gaillot ha fatto di Partenia uno spazio virtuale e insieme reale di libertà (www.partenia.org/italiano/partenia_ita.htm), per dare asilo e piena cittadinanza a coloro che nella società come nella Chiesa sentono di non esistere, perché emarginati o ridotti al silenzio. E poi Gaillot scrive e viaggia, continuando a testimoniare ad gentes che esiste un modo diverso di essere vescovo nella Chiesa cattolica di oggi.
Questi tre importanti cammini umani ed ecclesiali si sono incontrati nei giorni scorsi, complice la visita di quattro giorni (23- 26 ottobre) di Gaillot alle Piagge. Il 24 ottobre, al Centro sociale Il Pozzo della comunità delle Piagge, mons. Gaillot ha cresimato 11 ragazzi e ragazze della Comunità, che hanno preso l’impegno di vivere il loro cristianesimo adulto nel solco di quanto esperienze come quelle di Gaillot, delle Piagge e dell’Isolotto hanno rappresentato ed ancora rappresentano nella Chiesa di base, in una ideale staffetta che ricollega il passato al presente, proiettandolo verso il futuro.
Il giorno successivo, al Convento di San Niccolò a Prato, Gaillot ha quindi svolto una riflessione pubblica a partire da un suo breve testo, intitolato “Quando si ama non è mai notte” (Quand on aime, il ne fait jamais nuit, Paris 2011, ed. Mordicus). Quindi domenica 26, di nuovo al “Pozzo”, la visita del vescovo francese è culminata con una grande concelebrazione eucaristica che ha visto assieme la Comunità delle Piagge e quella dell’Isolotto. «È stato un momento molto significativo – ha dichiarato ad Adista Claudia Darau, della Comunità dell’Isolotto – nel quale abbiamo condiviso la lettura biblica, la riflessione sul brano del Vangelo attraverso un’omelia-dialogo, una preghiera eucaristica preparata dalla nostra comunità e letta in modo corale da tutti prima della consacrazione del pane e del vino, le emozioni e i pensieri risultato dell’impasto tra la memoria di Gesù e la realtà e i vissuti dell’oggi: la fatica della ricerca del lavoro, il dolore per la perdita di un familiare, l’indignazione per l’impiccagione della giovane donna iraniana, la gioia per gli incontri e i doni ricevuti e scambiati in questi giorni, l’impegno per un mondo di solidarietà. Una celebrazione semplice, sentita, partecipata, in cui ho sentito soffiare il vento dello Spirito». (valerio gigante)
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