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Lettere

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 23 del 27/06/2015

Card. Scola, prenda le distanze dalla Lega

Gentile signor Cardinale Angelo Scola, buonasera. Le scrivo di impulso, pensando di rivolgermi assieme a Lei a tutta la “santa Chiesa di Milano” nota per la sua generosità: non so come scrivere direttamente a Lei o alla Sua segreteria – sul portale o sul Suo sito vedo che non ci sono indicazioni per chi non usa twitter– e perciò uso l’indirizzo generale che trovo. 

Proprio oggi, giorno del Corpus Domini nella nostra chiesa torinese (e immagino anche in quella ambrosiana) odo in televisione le affermazioni di Maroni che, usando il suo eloquio garbato e istituzionale, intenderebbe “disincentivare” sia i prefetti sia i sindaci lombardi tagliando i fondi a chi abbia la tentazione di cooperare con lo stato nell’accoglienza dei migranti. Sono indignato, e condivido le affermazioni del sindaco di Lampedusa secondo cui questo atteggiamento esprimerebbe “un modo ignobile di governare”. 

La Lega alza i toni ovviamente perché intende aggiudicarsi il primo posto fra gli elettori della destra e l’atteggiamento anti-immigrati e anti-Europa, come si è visto in Francia, si profila pagante. 

Sempre di impulso e senza essermi consultato (non ne ho la possibilità immediata) con il nostro vescovo Cesare, che informo soltanto qui indirettamente e in copia, sul pensiero del quale però in proposito non credo di avere troppi dubbi, Le faccio una richiesta: che la Chiesa di Milano e il suo pastore non restino in silenzio davanti ad affermazioni simili, e prendano con forza le distanze da chi in sostanza pensa che si possano “buttare a mare” dei corpi umani e delle vite, oppure sottintende che a questi problemi debbano sempre pensarci degli altri. Bisogna prendere quei signori della Lega sul serio adesso e impedire loro di nuocere più oltre alle coscienze e alla convivenza politica per non trovarsi poi fra qualche anno a piangere perché si è taciuto quando si sarebbe potuto parlare. Il passaggio dal popolarismo al populismo non ci può lasciare indifferenti, anche senza pensare alle vite in gioco. “Ero straniero, e mi avete ospitato”. 

Credo che qualche cristiano in buona fede pensi che avere simpatie per la Lega possa andare bene. Penso anche che molti cristiani abbiano votato per quel signore alle ragionali. Le domando di dire una parola chiara, non solo morale, ma politica, rispetto al discernimento che i cristiani lombardi devono esercitare sull’immigrazione e sulle proposte di “sacri egoismi” che vediamo riemergere in sedicesimo; credo che la Chiesa di Milano, che nel suo territorio ha visto della Lega la nascita e lo sviluppo, abbia una responsabilità speciale sul punto. 

Un fraterno pensiero nel Signore, 

Ugo Gianni Rosenberg (del gruppo Chicco di Senape - Torino)


Io sono cristiano, gli altri sono leghisti

Viene voglia di prendere la penna (o, meglio, la tastiera) dopo le ultime elezioni nel nostro Paese. Non tanto perché si sono ascoltati gli esiti, quanto perché, prima e dopo di questo, si è ascoltata la Parola di Dio del giorno (Tb 1,3; 2,1b-8; Sl 111; Mc 12,1-12) e, senza volerne fare deduzioni improprie, si è riflettuto - alla luce appunto della Parola - su ciò che è avvenuto.

Non è una novità questo spostamento del nostro Paese (meglio, di quella metà che è andata a votare) su una linea xenofoba, omofoba, giudeofoba, ecc. Lo sappiamo, sta avvenendo da circa vent'anni.

Ciò che qui vorrei evidenziare, riprendendo la Scrittura, è che questa prolungata tendenza – foriera di atteggiamenti, scelte, norme, leggi che, in una parola, definirei anticristiani – avvenga in un Paese che continua a ritenersi cristiano (anzi cattolico), nonostante i cambiamenti manifestati dalla secolarizzazione e dal crollo della pratica religiosa e della partecipazione alla vita della Chiesa (cattolica). Si parla, da tempo ormai, di un cristianesimo ridotto a “religione civile”, ideologica per lo più.

Ora, nel brano del Vangelo offerto dalla liturgia del giorno, leggiamo di un certo Gesù di Nazareth (che, poi, verrà crocifisso), il quale racconta una parabola «contro» (come dice con esattezza il testo) «i capi dei sacerdoti, gli scribi, gli anziani», ossia contro coloro che, diciamo così (senza cadere nella inesattezza), governavano il popolo d'Israele (in un intreccio tra governo religioso e governo civile tipico dell'epoca e del contesto). Gesù afferma che a costoro «verrà tolta la vigna» (il Regno di Dio, di cui parla la Scrittura e che sta al centro della predicazione e dell'attività di Gesù stesso) mentre verrà data «ad un altro popolo che la farà fruttificare» (come si dice in altri brani evangelici paralleli a questo). Infatti questo popolo, per colpa primaria dei suoi capi-governanti, ha rifiutato i servi di Dio, tra cui il servo per eccellenza, ossia Gesù stesso, il figlio del padrone della vigna, il quale verrà ucciso. I servi, infatti, secondo la parabola, erano andati a raccogliere i frutti della vigna, ma vengono «bastonati» o «uccisi».

Ora, la mia riflessione (quella che ho anche comunicato nella breve omelia tenuta stamattina), partiva da questa parabola per riferirla al popolo (che si dice) cristiano del nostro Paese, il quale sembra non voler dare i frutti della giustizia e della pace (e della salvaguardia del Creato, per completare la triade del nostro impegno), bensì è più preoccupato del proprio interesse (agli altri solo la beneficienza, magari anche generosa): di ciò ne è, appunto, ultima testimonianza la votazione di ieri in Italia.

Noi oggi siamo coloro ai quali verrà tolta «la vigna». Sarà interessante vedere questo cambiamento, operato da Dio, attraverso la storia.

Collegavo, infine, questi prevedibili e previsti risultati, con le notizie riguardanti lo sbarco, nel nostro Paese, di migliaia di profughi, in fuga, da guerre e miserie. Sappiamo come viene vissuto questo fenomeno dalla “nostra gente” (cattolica), disposta tutt'al più alla solidarietà, diciamo così, parziale (e, talora, pelosa) che alla rimessa in discussione di economie e politiche (comprese quelle militari, anzi esse sono al primo posto) che producono i profughi e gli “scartati” (papa Francesco).

Ora credo che come cristiani (tanto più se siamo pastori) abbiamo il dovere di denunciare non tanto i singoli partiti (non è questo che ci interessa e che ci spetta), bensì la mentalità e l'atteggiamento di fronte alle sfide che ci provengono dalla storia comune dell'umanità, di cui il rifiuto dei profughi è un segno evidente e grave (tra gli altri).

Anche questa non è una novità (appunto perché siamo dentro questo clima culturale-politico ormai da 30 anni), ma vale la pena ricordarlo. Considero, infatti, oggi uno dei compiti educativi primari di un pastore (e di una vera, non “sociologica”, comunità cristiana) l'azione di formazione nel proprio territorio di una mentalità che contrasti quella che si è diffusa e che potremmo definire neofascista.

Il richiamo, più volte riportato da parte mia, al caro don Giuseppe Dossetti («c'è un'incubazione fascista…», 1994) e la presa di coscienza che – come ha scritto Agostino Giovagnoli su Avvenire dello scorso 24 aprile (“La resistenza morale non è finita nel 1945”) – «c'è qualcosa di fascista in un’ostilità verso gli stranieri o peggio nei confronti delle migliaia di vittime delle spaventose tragedie che continuiamo a tollerare nel Mediterraneo», ci orientano nel discernimento di ciò che avviene oggi.

Concludo con una citazione “elettorale”, da un pensiero di don Primo Mazzolari (Adesso, n. 6, 31 marzo 1949): «Purtroppo, destra, sinistra, centro indicano spesso un’ipoteca sul nostro sforzo morale in vista di un interesse particolare da difendere o da raggiungere, per cui la quarta dimensione non viene neanche tentata. Preoccupati in partenza da qualche cosa che ci sta più a cuore del fermento evangelico, il nostro lavoro, non è più cristiano. Ne conserva, a volte per nostra vergogna, l’etichetta, ma è addomesticato e rivolto ad altri scopi». Qualcuno aveva già capito tutto nel 1949!

P.s. È appena uscito dalla canonica un povero (malato di mente e pieno di cuore), che ho ascoltato per un po'. Parlando delle elezioni, mi dice: «Io sono cristiano, gli altri sono leghisti». Che altro aggiungere alla verità (che viene dai “piccoli” del Vangelo)? 

Don Maurizio Mazzetto, parroco Ss. Floriano e Valentino, Monticello Conte Otto (Vicenza)

La Curia di Caserta ci scrive:

In qualità di Vicario Generale della Diocesi di Caserta voglio esprimere tutto il mio rammarico per l’articolo che la rivista Adista ha pubblicato con il titolo: «Caserta: il Vescovo “gendarme” caccia gli Scout dall’Episcopio» (Adista Notizie n. 13/15).

Viene da chiedersi: cui prodest? A chi giova descrivere i fatti stravolgendo la realtà e mettendo in cattiva luce l’intero operato del Vescovo, diffondendo informazioni assolutamente false e calunniose? In effetti, partendo da un fatto, presentato peraltro in modo non corrispondente alla realtà, si è passati a delineare negativamente l’azione pastorale del Vescovo sulla base di affermazioni inventate ad arte. Per amore della verità, dunque, non mi va di tacere e per quello che posso, provo a mettere in evidenza ciò che in quell’articolo non corrisponde alla realtà.

È falso sostenere che l’Episcopio di Caserta sia un luogo poco accogliente, visto che ogni giorno tanta gente vi accede liberamente e può incontrare il Vescovo senza difficoltà, trovando sempre una persona disponibile all’ascolto.

È falso affermare che il Vescovo abbia «cacciato dall’episcopio e dal seminario nientemeno che gli scout». Chi conosce l’Episcopio sa quanto sia complicato gestire una struttura dove sono collocate diverse realtà e cioè il Seminario, l’abitazione del Vescovo, la Curia vescovile, l’Istituto di Scienze religiose e alcuni locali collegati alla Cattedrale. Durante il fine settimana non essendoci nessuna forma di vigilanza, non è possibile garantire lo svolgimento di attività al suo interno, a meno che non ci sia stato un accordo con i diretti responsabili che sono il Vescovo stesso e il Rettore del Seminario. È normale, dunque, che mons. D’Alise rientrando in Episcopio, in tarda serata, e vedendo la sala da pranzo del Seminario occupata da un numeroso gruppo di scout abbia cercato di sapere chi abbia permesso di utilizzare quella sala. Nonostante l’imbarazzo per il fatto che nessuno sia stato in grado di dare una risposta, dato che né il Vescovo, né il Rettore erano a conoscenza di questo raduno, non c’è stato nessun invito a lasciare l’Episcopio. Il gruppo è rimasto a pernottare nelle aule dell’Istituto di Scienze religiose come era già previsto. L’indomani mattina sono stati gli stessi scout a decidere di continuare le attività in una Parrocchia di Caserta. 

È falso, inoltre, affermare che «D’Alise sta progettando la realizzazione di cancelli di ferro da aggiungere alle porte blindate per l’accesso al suo appartamento e ad alcuni uffici».

È falso affermare che per la celebrazione eucaristica con gli scout in occasione della Giornata del Pensiero, tenutasi presso la tensostruttura PalaMoro dell’Istituto Comprensivo Statale “Aldo Moro” di Marcianise, «D’Alise non ha disdegnato di ricevere una busta con 300 euro, a mo’ di offerta». È notorio, in Diocesi, che il Vescovo abbia voluto intenzionalmente separare il suo ministero dalla raccolta di qualsiasi tipo di offerte. Noi stessi siamo testimoni che tante volte ha ribadito, a noi sacerdoti, che non vuole nessuna offerta per le celebrazioni da lui presiedute.

È falso affermare che «le speranze suscitate in diocesi dall’arrivo del nuovo vescovo si sono dissolte e il solco tra lui, il clero ed i fedeli si è fatto profondo». Fin dall’inizio del suo ministero, infatti, mons. D’Alise ha cercato di instaurare con tutti i sacerdoti un clima di fiducia e di comunione. Ha dedicato alcuni mesi per incontrare ogni singolo sacerdote così da averne una conoscenza personale. Ognuno di loro sa che, per qualsiasi necessità, può rivolgersi a lui e trovare accoglienza. 

È falso affermare che «la messa che il vescovo celebra in Duomo la domenica mattina è ormai quasi del tutto disertata dai casertani». Chi conosce la realtà sa benissimo come stanno veramente le cose e cioè come stia avvenendo proprio il contrario. Infatti questa celebrazione sta diventando sempre più un punto di riferimento per tanti fedeli.

È falso affermare che: «Recentemente ha comunicato che visiterà senza preavviso, in orario di catechesi, le singole parrocchie per interrogare coloro che si preparano al sacramento della cresima… Questo annuncio ha suscitato irritazione nei parroci e preoccupazione nei cresimandi». Non c’è mai stata una comunicazione di questo tipo, per cui ancora una volta, non si capisce da dove abbia origine una notizia del genere. Piuttosto, il Vescovo ha espresso il desiderio di incontrare i cresimandi qualche giorno prima del rito della Cresima per poterli conoscere e pregare con loro. Iniziativa lodevole e legittima che è stata accolta con entusiasmo dai parroci e dagli stessi cresimandi.

Infine c’è da chiedersi come si può pretendere che un Vescovo a pochi mesi dall’inizio del suo ministero (iniziato il 18 Maggio 2014 e non «nel Marzo 2014») possa essere accusato di essere «assente e silente rispetto alle gravissime emergenze sociali e ambientali della città di Caserta»? Non potrebbe invece essere considerato un atto di arroganza intervenire e discettare su questioni che appena si stanno conoscendo?

don Giovanni Vella, Vicario Generale Diocesi di Caserta

Adista risponde:

La lettera di don Giovanni Vella, benché alcuni particolari differiscano dalla nostra cronaca, conferma sostanzialmente “l’incidente” accaduto nell’Episcopio con il gruppo scout. Circa le intenzioni future del vescovo di cui avevamo dato conto nell’articolo – la progettazione di cancellate di ferro nell’Episcopio e le visite “a sopresa” nei gruppi di catechesi parrocchiali – esse ovviamente non sono verificabili, trattandosi di eventi non ancora accaduti, tuttavia prendiamo atto che il vescovo afferma di non voler procedere in tal senso. 

Per quanto riguarda tutto il resto, pur tenendo in considerazione quanto ci scrive don Vella, le nostre “fonti” casertane confermano quanto ci hanno raccontato e quanto abbiamo scritto. Un dettaglio: mons. Giovanni D’Alise ha preso effettivamente possesso della Diocesi il 18 maggio 2014; la sua nomina, tuttavia, risale al 21 marzo 2014, ed è questa la data a cui facevamo riferimento. 

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