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Così non si può andare avanti. Il grido congiunto dei movimenti e della Chiesa

Così non si può andare avanti. Il grido congiunto dei movimenti e della Chiesa

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 18/07/2015

38197 SANTA CRUZ DE LA SIERRA-ADISTA. In un pianeta ferito e sanguinante, la speranza ha il volto di chi ancora crede possibile costruire un mondo più umano e lotta per farlo diventare reale. Perché non vi sia più «nessun contadino senza terra, nessuna famiglia senza casa, nessun lavoratore senza lavoro». È nel segno di questa speranza che si è svolto, dal 7 al 9 luglio, a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, il II Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari – dopo quello realizzato in Vaticano nell'ottobre del 2014 –, culminato il 9 luglio con il discorso di papa Francesco (v. notizia successiva). Un evento a cui hanno preso parte 1.500 rappresentanti di movimenti provenienti da 40 Paesi, in massima parte del Sud del mondo, impegnati ad approfondire gli stessi temi del precedente incontro, “Terra, Casa, Lavoro”, nella consapevolezza, evidenziata in apertura, che «avremo senza dubbio un lungo cammino da percorrere», ma che, grazie all'appoggio del papa, «potremo farlo con un migliore accompagnamento». 

Un'alleanza, quella tra i movimenti e la Chiesa, su cui ha posto l'accento, durante la cerimonia di inaugurazione, anche il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: se il compito di realizzare un processo di cambiamento in difesa della Terra e della dignità delle persone, ha dichiarato il cardinale, «non è esclusivo dei leader religiosi, degli scienziati, dei politici o degli imprenditori», ma interessa tutta l'umanità, il clamore e le pressioni dei poveri «sono di vitale importanza perché i potenti del mondo comprendano che così non si può andare avanti». E il compito della Chiesa è «ascoltare questo grido e unirsi ad esso», sostenendo i processi di organizzazione con cui i poveri resistono «all'esclusione sociale, a una scandalosa disuguaglianza e alla devastazione dell'ambiente», cercando di risolvere da sé «i problemi di accesso alla Casa, alla Terra e al Lavoro a cui né gli Stati né il Mercato danno risposta». Allo stesso modo, ha proseguito Turkson, la Chiesa è chiamata a riconoscere e promuovere le forme, proprie dei poveri, dei contadini e dei popoli indigeni, e alternative a quelle egemoniche, di «fare politica (organizzazione comunitaria), di sviluppare l'economia (economia popolare) e di custodire la natura (ecologia popolare)», lottando contro il saccheggio delle risorse naturali: i movimenti, ha sottolineato Turkson, «non vogliono che si privatizzi l'acqua, né il sottosuolo, né il mare. Non vogliono che le transnazionali abusino della terra praticando, per esempio, un'attività mineraria inquinante o l'estrazione di idrocarburi con la tecnica della fratturazione idraulica (fracking), né che si usino i transgenici per sfruttare i contadini o concentrare la terra in poche mani, né che si distrugga la pesca artigianale attraverso una devastante industria ittica». E la Chiesa deve accompagnare le loro preoccupazioni e le loro lotte «per i doni della creazione». Così, è nel quadro di tale accompagnamento che, secondo Turkson, si è inscritto questo II Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, al fine di perpetuare «nel tempo la comunicazione, la cooperazione e il coordinamento tra gli stessi movimenti di base e tra questi e la Chiesa a tutti i suoi livelli». 

Un dialogo che, rispetto all'incontro in Vaticano del 2014 (dove i relatori erano essenzialmente esponenti di movimenti popolari), si è tradotto anche in una maggiore presenza di vescovi tra i relatori delle plenarie: mons. Luis Infanti de la Mora, vescovo di Aysén, nella Patagonia cilena, nella sessione dedicata alla Terra; Raúl Vera López, vescovo di Saltillo, in Messico, in quella dedicata al Lavoro; Guilherme Antônio Werlang, vescovo di Ipameri, in Brasile, in quella dedicata alla Casa. Ma se la cooperazione con la Chiesa cattolica si rafforza, rimane tuttavia il nodo di cosa fare con le altre tradizioni religiose dell'umanità, per evitare che la grande articolazione internazionale di movimenti popolari che si punta a costruire resti ancorata appena al Vaticano. 

Svoltasi alternativamente in plenaria e in gruppi di lavoro, la riflessione – a cui ha preso parte, durante la cerimonia di inaugurazione, lo stesso presidente Evo Morales, il quale, come già avvenuto durante l'incontro in Vaticano, non ha perso occasione di magnificare i risultati raggiunti dal suo governo – è ruotata attorno alle tre “T”, Tierra, Trabajo e Techo, a cominciare dalla questione della sovranità alimentare come programma dei popoli in opposizione all'agribusiness, nella consapevolezza che, come ha sottolineato João Pedro Stedile, il grido di Zapata “Terra a chi la lavora” non basta più, ma si rende necessaria una radicale trasformazione in campo agricolo, in maniera da garantire la democratizzazione non solo della terra ma anche dell’acqua, della biodiversità, dei semi (il cui mercato, ha denunciato Silvia Ribeiro dell'Etc Group, è controllato all'80% da appena 10 imprese) e da assicurare la produzione di alimenti sani per tutto il popolo. L’accento è stato quindi posto sulle molteplici esperienze di lotta e sulle diverse forme di organizzazione attraverso cui la classe lavoratrice combatte l'esclusione prodotta dal sistema capitalista, come pure sulla sempre più necessaria costruzione di un'alleanza di tutti i lavoratori, compresi quelli del settore informale, e sulla situazione di milioni di esseri umani privati del diritto a una casa dignitosa (perché, come ha evidenziato Guilherme Werlang, «le case non sono costruite per chi ne ha bisogno, ma per chi le può pagare») e sulla necessità di recuperare la funzione sociale della proprietà per restituire la città ai lavoratori.

Una riflessione da cui sono scaturiti i 10 punti del documento finale consegnato al papa al termine dell'incontro, relativi alla necessità di portare avanti il processo di cambiamento «come risultato dell'azione dei popoli organizzati», di proteggere la Madre Terra promuovendo il modello del buen vivir proprio dei popoli indigeni, di difendere il lavoro come diritto umano, di elevare le condizioni dei quartieri popolari garantendo il diritto a una casa dignitosa, di assicurare la sovranità alimentare, di costruire una società pacifica alimentando una cultura dell'incontro, di combattere la discriminazione, di preservare la libertà di espressione, di porre la scienza e la tecnologia al servizio dei popoli, di contrastare il consumismo opponendo alla cultura dello scarto la solidarietà come progetto di vita.

* Foto tratta dal profilo Facebook di Encuentro Mundial de Movimientos Populares, immagine originale

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