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Noi Siamo Chiesa: il nostro sì al ddl sulle unioni civili

Noi Siamo Chiesa: il nostro sì al ddl sulle unioni civili

Nel giorno in cui il dibattito sul ddl Cirinnà prende forma in Senato, e a due giorni dal Family Day di Circo Massimo a Roma, promosso dalla galassia associativa delle destre cattoliche, scende in campo il movimento di riforma ecclesiale Noi Siamo Chiesa (NSC), con un comunicato stampa seguito da un approfondito documento che intende chiarire la posizione di NSC su alcune questioni cruciali: il fondamentalismo cattolico fiancheggiato dai vescovi italiani; il diritto delle coppie lgbt di essere riconosciute e di adottare i figli; la posizione delle gerarchie arroccate sul loro anacronistico fortino; l'invito a costruire una "Chiesa in uscita", aperta, accogliente, capace di dialogare con il mondo nella sua complessità e non solo con le sue nicchie più oscurantiste. Il documento, che intende ribadire il sì di NSC sulle unioni civili, è infine rappresentativo di un mondo cattolico affatto unificato e pacificato.


Tanti cattolici sono d’accordo con il ddl Cirinnà. Il Family Day di sabato prossimo è in contraddizione con la Chiesa in uscita di cui parla papa Francesco

Nel documento allegato Noi Siamo Chiesa espone i suoi punti di vista sulle questioni al centro dello scontro che inizia domani al Senato. Nel turbinio mediatico di questi giorni appare, in modo del tutto fuorviante, che tutti i cattolici, dentro o fuori il Parlamento, siano contro, o del tutto o in parte, alla proposta di legge in discussione. Non è così. Anche se ha poca immagine, una vasta area di opinione concorda con essa, particolarmente quella che si ispira, con particolare convinzione, al messaggio e allo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II.

La normativa sulle coppie di fatto si propone di regolamentare (in ritardo) una realtà sociale ormai presente in tutto il paese e in ogni stato sociale.

Le unioni civili, come regolamentate nella prima parte del ddl, sono differenti dal matrimonio e la step child adoption vuole regolarizzare correttamente, nell’interesse dei minori che vi siano coinvolti, rapporti affettivi consolidati (qualora naturalmente essi siano ben accertati secondo le norme e le prassi della legge sulle adozioni in vigore).

Ci sembra poi che si debba intervenire in seguito, in vari modi con le riforme necessarie, perché il desiderio di maternità e di paternità intercetti il bisogno di tanti minori che nel nostro paese sono abbandonati o trascurati.

La manifestazione di sabato 30 è espressione dell’ala fondamentalista del mondo cattolico, poco preoccupata della laicità delle istituzioni e incapace di capire molti aspetti degli affetti, delle sofferenze e dei bisogni presenti in tante situazioni che, per la loro genuinità ed onestà, devono essere accolte nella società e, a maggior ragione, nella Chiesa.

Roma, 27 gennaio 2016


Unioni di Fatto, unioni civili, adozione e laicità delle istituzioni.

Il punto di vista di Noi Siamo Chiesa

Il quadro generale davanti a noi 

Lo stordimento mediatico di questi giorni sulla proposta di legge Cirinnà sulle unioni civili è in contraddizione stridente con una tematica che esigerebbe una pacata riflessione, anche se da troppo tempo si attende una adeguata normativa della materia. I temi sono sensibili, indubbiamente delicati da affrontare se si parte da sensibilità diverse e soprattutto da una diversa concezione della laicità dello Stato. E’ coinvolto tutto ciò che è al tempo stesso profondamente radicato nella sensibilità collettiva che viene dal passato ma che è anche fortemente coinvolto nel molto di nuovo che cresce nella nostra società anche su queste questioni. I cambiamenti impetuosi sono dati dalle nuove tecnologie della comunicazione (web e dintorni), della biologia, della medicina oltre che da una globalizzazione di temi che poi si calano in realtà culturalmente e socialmente diverse. La realtà è profondamente cambiata anche nell’universo delle relazioni. Ad esempio, l’esperienza delle persone omosessuali nelle loro relazioni di coppia appare ora sempre più spesso, al contrario di quello che succedeva in passato, come fondata su valori profondi.

Come cristiani sappiamo dal Vangelo che Gesù contrastò la cultura patriarcale allora vigente, non propose modelli, esercitò al massimo grado la misericordia e manifestò la sua predilezione per l’innocenza dell’infanzia. Possiamo anche dire che Gesù spesso ‘sconfinava’ ponendo come pietra angolare della sua testimonianza la sua umanità e la fede nel Padre, non le dottrine, non la morale o altro. Per questo il richiamo a “valori” , da sempre immutabili nel tempo e nello spazio, come se fossero tutti direttamente discendenti dalla Natura e/o da Dio, è cosa del tutto problematica (a dir poco) se rapportata alla predicazione evangelica.

La base fondamentalista si mobilita. La Conferenza Episcopale 

Premessa questa riflessione generale, Noi Siamo Chiesa esprime i suoi punti di vista sulle questioni che sono discusse in questi giorni. Lo scenario richiama quello di nove anni fa con lo scontro sui DICO proposti dal “cattolico adulto” Romano Prodi e con la manifestazione del 12 maggio 2007 gestita in prima persona dal Card. Ruini. Ora la base fondamentalista del mondo cattolico, quella che si mobilita contro il fantasma dei gender e contro la legge contro l’omofobia, cerca di ripetere per sabato 30 una manifestazione di massa simile a quella del 20 giugno contro tutta la legge Cirinnà. Nel vertice della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) sono emerse due posizioni, quella del flessibile Galantino, sostanzialmente condivisa in Vaticano, e quella più rigida di Bagnasco che tuttavia, nella prolusione di lunedì al Consiglio Episcopale Permanente, non ha chiamato esplicitamente alla mobilitazione per sabato e non ha neppure citato la legge in discussione, limitandosi a ripetere le posizioni tradizionali sulla famiglia.

In questo contesto è importante capire quale è il messaggio di papa Francesco alla Chiesa italiana che fa da sfondo alle questioni in discussione. Il Papa –tutti ben lo sappiamo- pone significativa attenzione alla pratica cristiana della misericordia, all’attenzione alle nuove povertà e ai veri grandi problemi del mondo (guerre, ambiente, profughi…). Il discorso di Francesco all’incontro della Chiesa italiana di Firenze di novembre ci sembra sia stato poco ascoltato. Il papa aveva continuamente parlato di dialogo, di ricerca del bene comune per tutti perché è proprio il confronto e la critica che aiutano a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia. Egli aveva detto: “Davanti ai mali e ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e di forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi ma è viva se sa inquietare, se sa animare”. Tutto il messaggio del papa, che pure ha ripetuto la linea della Chiesa sulla famiglia, va in direzione contraria a quello delle “campagne”, a quello di una chiesa che si asserraglia nei suoi recinti, alle manifestazioni di piazza. Invece nell’osservare quanto sta accadendo in questi giorni abbiamo l’impressione che ancora una volta il problema del rapporto con le istituzioni da una parte consistente del mondo cattolico sia affrontato nel modo più vecchio possibile.

Sulle unioni di fatto e sulle unioni civili

Le unioni di fatto sono ormai una prassi diffusa soprattutto nelle generazioni più giovani, anche tra coppie di credenti. Quanto è stato predicato per tanti anni come peccato tra i più gravi, è ormai fatto abbastanza accettato (o almeno non demonizzato) anche nel tessuto diffuso del mondo cattolico. La pienezza formale, ma soprattutto sacramentale per noi cristiani, del rapporto di coppia deve sempre essere considerata come il riferimento a cui tendere. Ma non vediamo proprio alcuna ricaduta negativa sulla collettività ad accettare, oltretutto con grave ritardo, la positiva normativa contenuta per le coppie etero nel Titolo II del ddl ora in discussione che regolamenta la disciplina della convivenza. Anzi, c’è il beneficio di dare più stabilità e riconoscimento certo dei diritti a chi non voglia, per i motivi più diversi e magari in una prima fase, accedere al matrimonio.

La prima parte del ddl si occupa invece delle coppie omo , prevedendo un istituto apposito, quello delle unioni civili. Esso è stato separato da quanto previsto per le unioni di fatto ed è stato definito come “specifica formazione sociale” con richiamo all’art. 2 della Costituzione e alla sentenza n.38 del 2010 della Corte Costituzionale, la quale, mentre dichiarava incostituzionale il matrimonio tra omosessuali, sollecitava però un intervento legislativo ad hoc per le coppie omo. Ci troviamo di fronte in questo ddl a fattispecie ben diverse tra di loro, le unioni di fatto dalle unioni civili e queste ultime dal matrimonio. Si è giunti a questa conclusione dopo una interminabile discussione; c’era infatti il problema di indicare che le unioni civili non avrebbero dovuto essere o sembrare una specie di matrimonio. I dieci articoli sulle unioni civili si richiamano al codice civile nella normativa sul matrimonio solo per quanto riguarda i rapporti patrimoniali e successori. Ora si sostiene che queste norme di richiamo non andrebbero bene. Il richiamo evocherebbe il fantasma del “similmatrimonio”. Non si capisce, se non come espressione di una contrapposizione identitaria e della volontà di boicottare tutta la legge, l’animosità con cui cattolici, interni ed esterni al Parlamento, sostengano con accanimento che ci troveremmo ancora, in base a questo richiamo, di fronte a una specie di vero e proprio matrimonio in contraddizione con l’art. 29 della Costituzione. Ciò offenderebbe –si sostiene- i fondamenti stessi del vivere civile. Un semplice esercizio di pacata onestà intellettuale non guasterebbe.

Adozione

Se ne discute animatamente soprattutto in relazione alla cosidetta stepchild adoption (un inutile anglicismo) prevista dall’art.5 del ddl. Essa prevede l’adozione da parte di uno dei due membri della coppia del bambino biologicamente figlio dell’altro. Le questioni sono indubbiamente di grande complessità. Si rischia di intervenire in modo grezzo se si perde di vista il tema della assoluta preminenza dell’interesse del bambino/a, che è proclamata da tutti ma è poi spesso contraddetta nella pratica e nelle culture diffuse. Le statistiche più aggiornate dicono che nel nostro paese “sono più di un milione i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà, mentre il 34% sono a rischio povertà ed esclusione sociale”. Sembra che i minori senza famiglia siano 34.000 e di essi 19.000 ricoverati in istituti. Inoltre i moltissimi minori soli sbarcati sulle nostre coste costituiscono sia un problema oggettivo sia un’occasione di intervento umanitario che può avere nella sensibilità genitoriale un’occasione di manifestarsi.

Il tema del desiderio di maternità è delicato e non può essere affrontato senza opportuno approfondimento o con posizioni precostituite. Ci pare ovvio che con il bambino/a non ci deve essere un rapporto di “possesso” ma una relazione affettiva che comporta doveri di paziente educazione e comprensione e chi si volesse porre fuori da quest’ottica non può certo avere la nostra comprensione. Ciò premesso, di fronte al problema sociale dell’infanzia e al sistema attuale delle adozioni che, per comune opinione, funziona in modo discutibile sotto molti profili, proviamo ad esporre alcune ipotesi, forse utili nella discussione in corso.

Ci sembra che gli attuali strumenti di intervento dovrebbero superare rigidità normative e pregiudizi culturali ed avere come obiettivo, non declamato ma praticato, la cosidetta genitorialità diffusa. Ipotizziamo : un allargamento dell’area dei soggetti che possono essere dichiarati adottanti o affidatari fino a comprendere i single e le coppie omo; prevedere e favorire forme diverse di aiuto e rapporto coi bambini bisognosi non strettamente legati agli istituti giuridici ora esistenti; una gestione di questi istituti diversa da quella di oggi per snellezza, rapidità e qualità del controllo caso per caso. Una prospettiva di questo genere, di largo respiro, potrebbe venire incontro, se supportata da risorse, da servizi e da operatori all’altezza della situazione, da una parte al bisogno dei bambini abbandonati o trascurati e dall’altra alla disponibilità all’accoglienza di tante coppie. Non è un obiettivo facile da perseguire, ma possibile sì.

La stepchild adoption 

E’ la questione al centro di tutti i conflitti e i tentativi di mediazione di questi giorni. Si tratta dell’adozione (o all’affido) di bambini già comunque nati e figli biologicamente di uno dei membri della coppia legata da una unione civile, magari in conseguenza di un precedente rapporto di tipo etero, come capita. Ovviamente è necessario che ci siano, nel caso specifico, i requisiti di affidabilità, stabilità ecc….richiesti e rigidamente vagliati dalla legge ordinaria per la procedura di adozione. Noi pensiamo che tale strumento normativo consenta di sanare molte situazioni di precarietà e di difficoltà e vada nella direzione della tutela dei minori e del loro giusta collocazione all’interno anche delle famiglie omogenitoriali. Tutte le analisi sociologiche dicono che l’educazione dei bambini in questo tipo di coppie non soffre in alcun modo per questa particolare condizione.

Per una Chiesa in uscita

Abbiamo cercato di occuparci delle unioni civili e dei problemi connessi non limitandoci al corto circuito mediatico e ai conflitti parlamentari di questi giorni. Il nostro punto di vista si inquadra in un’ottica di tutela della laicità delle istituzioni e contrasta la linea perdente delle campagne identitarie in corso (quella organizzata per sabato 30 in primis), dall’altra cerca di vedere, la complessità dei problemi nuovi come si presentano nella realtà di oggi (sia che essa ci piaccia, sia che essa non ci piaccia) e l’importanza dei soggetti coinvolti (la coppia, etero od omo, gli omosessuali , la donna , i bambini…) e delle relazioni che si stabiliscono. Non pensiamo di avere esaurita la ricerca ma di essere però nella linea della Chiesa in uscita, come ci invita a fare papa Francesco. Proprio a partire da questa ispirazione diciamo con chiarezza che siamo a favore dell’approvazione della legge nel suo testo attuale e contrastiamo le semplificazioni di troppi media che dicono che i cattolici sono, per antonomasia, tutti da una parte sola.

Roma 27 gennaio 2016

* Immagine di Francesca Gallo, tratta dal sito Flickr. Licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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