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Un piano B per l’Europa e per la sinistra

Un piano B per l’Europa e per la sinistra

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 15 del 23/04/2016

Riconnettere i conflitti, le lotte, i movimenti in Europa: si è partiti con questo ambizioso progetto nella tre giorni di assemblea a Madrid, alla quale ho partecipato lo scorso febbraio, intitolata “Plan B, contro l’austerità per una Europa democratica” (Per il Plan B, v. Adista Documenti n. 6/16). All’incontro hanno preso parte esponenti del Gue e della Sinistra Europea, da Izquierda Unida a Podemos e alla Linke, passando per moltissime realtà di movimento, come Blockupy e Attac, sindaci di municipalità “ribelli”, ricercatori ed attivisti.

Tra i momenti salienti della tre giorni ci sono stati l’intervento e soprattutto l’analisi di Yanis Varoufakis. L’ex ministro greco, nella prima assemblea plenaria, a proposito de “L’Unione Europea come campo di battaglia”, ha spiazzato subito la platea, dichiarando che l’idea del “Piano B” è già superata, poiché la controparte costituita dai politici e dai tecnocrati al potere non ha alcun “Piano A” credibile a cui contrapporre uno alternativo. Per l’economista, infatti, le ricette imposte dalla Troika non hanno alcuna razionalità economica e sono inapplicabili. Sono imposte soltanto per tenere in vita una relazione di potere dall’alto verso interi Paesi e milioni di europei, sull’altare della quale sacrificare la stessa idea di democrazia, il benessere e i diritti conquistati negli anni nel vecchio continente.

Per opporsi ad una situazione descritta come senza via d’uscita, Varoufakis ha chiamato alla costruzione di una vasta coalizione per il ritorno alla vera democrazia e la creazione di un demos europeo in grado di determinare la propria vita politica ed economica: un nuovo Piano A da proporre a tutti coloro che abbiano compreso a fondo la gravità della crisi in atto e che condividano l’idea della necessità di ri-democratizzare l’Europa per salvarla dal rischio di una disintegrazione.

Ed è esattamente questo il nocciolo del manifesto del progetto DiEM25 lanciato dallo stesso Varoufakis a Berlino a inizio dello scorso febbraio (v. Adista Documenti n. 8/16) ritrovatosi a Roma poche settimane fa, il 23 marzo scorso, per una giornata di dibattito alla quale ho partecipato.

Nel frattempo, l’Europa-fortezza si è materializzata con la barbarie delle espulsioni forzate dei migranti, con vere e proprie deportazioni finanziate dalla Ue, che continua a dare fondi a un Paese, la Turchia, che calpesta sistematicamente i diritti di un intero popolo, quello curdo. Da una parte i migranti, dall’altra i paradisi fiscali, in mezzo i popoli che vengono scippati di ogni sovranità. Il trattamento inumano che quest’Europa riserva alle persone che scappano da guerre e miseria è l’emblema del fallimento complessivo di un modello che va quindi rovesciato.

È il progetto dei paladini del neoliberismo, rappresentati al Parlamento Europeo, ma non solo, dalla grande coalizione tra socialisti, conservatori e liberali. In Italia è il progetto del Pd di Renzi, che si fa “partito della nazione” e dietro il velo della propaganda in realtà obbedisce a capo chino ai diktat europei.

In Italia occorre dare corpo a questa idea di mobilitazione europea e connetterla con l’agenda dei conflitti dei movimenti sociali e ambientali contro le politiche del governo e dell’Ue. Bisogna lavorare ad un grande ambito unitario di elaborazione e di conflitto, sul modello dei Forum sociali europei, cui peraltro la tre giorni a Madrid assomigliava molto.

Penso che si debba costruire un’alternativa netta alle politiche di austerity, perché una sinistra politica non può prescindere dalle lotte. Non credo infatti che il potere coincida col governo, e la sinistra, a mio avviso, ha troppe volte tradito se stessa ponendo in cima a tutto l’obiettivo del raggiungimento del governo in alleanza con forze moderate. Oggi dovrebbe tornare ad allearsi stabilmente col proprio popolo.

Dal documento finale della tre giorni madrilena emergono idee e punti programmatici per questa ricomposizione e per una ripartenza dell’alternativa in Europa dopo lo strangolamento subìto dal governo greco. Li condivido interamente: disobbedienza ai trattati europei in favore di referendum vincolanti in ogni Paese; indisponibilità a sostenere alcun tipo di sacrificio ulteriore per sostenere la moneta unica; no al pagamento del debito pubblico illegittimo, con la promozione di un’auditoria europea; controllo democratico del sistema bancario; accoglienza dei migranti con rifiuto dell’intervento Nato per gestire l’emergenza.

Tengo molto a sottolineare, inoltre, la rilevanza centrale, in tutto il percorso cominciato a Madrid, attribuita all’approccio femminista, con il patriarcato individuato come fondamento delle relazioni economiche e personali alla base di una società neoliberista.

Finalmente, infatti, in un incontro della sinistra europea la prospettiva femminista è stata realmente fondativa (e non solo uno specifico) dell’idea di una nuova Europa e anche dell’alternativa a sinistra. Un tema allo stesso tempo trasversale e comune a tutti gli assi di lavoro: autodeterminazione e autogoverno, partire cioè dai corpi e dalle città resilienti.

Quanto al futuro, abbiamo una giornata di mobilitazione europea che è già vicina, il prossimo 28 maggio, data simbolica della Comune di Parigi.

Prima ancora, il 7 maggio, si terrà a Roma una manifestazione nazionale contro il TTIP, l’ormai famigerato trattato di accordo transatlantico di liberalizzazione commerciale che si sta siglando senza la consultazione dei parlamenti nazionali e della società civile e che metterà in serio pericolo l'ambiente, le piccole imprese, il lavoro, i diritti dei consumatori e, in una parola, la democrazia. Senza dimenticare il referendum contro le trivelle, il 17 aprile, nel nostro Paese.

Lottare insieme contro la governance europea dell’austerità e del neoliberismo è dunque la chiave per costruire il demos europeo: è questo il nostro Piano B. Ridarci un’agenda comune e condivisa, costruire contropoteri – come si diceva negli anni Settanta –, il che implica la necessità di gesti di rottura, di gesti di rivolta, di gesti di sottrazione, come insegnano le femministe. Siamo esattamente nella situazione in cui, come diceva Antonio Gramsci, «il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati», quale è appunto questa crisi del capitalismo finanziario. Il nostro compito credo sia proprio far nascere il nuovo, la nuova Europa, attraverso una stagione forte di costruzione di conflitto e di nuovo internazionalismo. 

Eleonora Forenza è eurodeputata de L’Altra Europa – gruppo GUE/NGL

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